( Riceviamo
la notizia della scomparsa di Ignazio Apolloni, il nostro caro
amico Ignazio, quello dell’Antigruppo
e che fece con Pietro Terminelli l’Intergruppo
al quale partecipammo nei cosiddetti mitici anni Settanta e Ottanta, l’autore
di Niusia, questo è essenziale: lo ricordiamo con
questa nota sulla trasmutazione e il nome di Niusia, tratta dall’introduzione alla 2^ edizione di Niusia fatta nel
2012, a 36 anni dalla prima. ▌Alessandro Gaudio & V.S. Gaudio
Il senno e l’isola di Niusia
Come
nella “Tabula Combinatoria” dell’erudito gesuita Athanasius Kircher [Turris
Babel, 1679: cfr. “(…) invocare il diritto di primogenitura che al massimo
serviva per riconoscerle il primato e candidarla al premio Babel”: I. Apolloni,
Niusia, capitolo Sesto, p. 149 prima ed.], la metonimia tra Num e Samech
combina il mistero alle idee, la fatalità alle forze, fors’anche il Becco di
Mendes all’Angelo della Temperanza, tra la transeconomia politica, la
transgeografia delle stagioni della vita. L’evoluzione dell’alfabeto ebraico ha
all’origine per Num il segno > e per Samech il segno ں,
che ha qualcosa della “Tamahacan” di Ura Rumis, ovvero del “cugno”, finito
dentro il nostro testo per Lucia Castagna, il punzone dell’oggetto a, la sua
essenzialità orale, la transeconomia della parola, la transpolitica
dell’irreversibilità, la forza dell’oggetto fatalmente irredento, e non ci è
passato per la testa che è allora per Samech che abbiamo questo “cugno”,
essendo la lettera ebraica del “puntello”? C’è, non ci crederete, in questa
trasmutazione della scomparsa che è Niusia, che fa passare dentro anche “Nasa”,
la “distruzione”, l’“atto di perdersi”, la “morte” di “Num”, che c’è nella
parola sanscrita “nása”. D’altra parte, il verbo “nas”, da “raggiungere”,
“trovare”, “incontrarsi con”, arriva a “nasyati”, che è “sparire”, “essere
perduto”, “correre via”. Sempre per via del naso, di cui al “tamahacan” di Ruma
Onux, che è “nas”, senza dimenticare che “niyuj” è lo schema verbale di
“legare”, “unire”, “aggiogare”, e che “nyuna” è l’archetipo attributo del
“diminuito”, del “difettivo”, che fa da supporto nell’ombra del (-φ) del punzone del desiderio. Va da sé
che, in greco, l’enclitica νυν,
“dunque” o, come avverbio, per “proprio ora”, nella “notte” , νυχ, o “il pungere” νυξις di Niusia, che sta dentro il “senno” νους, o ci gira attorno, con la malattia, νοσ, questa giovinezza, νέος , eterotopica, un’“isola”, νησιω, che ora è “artiglio”, “unghia”, ονυξ, ora è “asino, asina”, ονος; e se fosse stata solo νεοσσίς, “pollastrella”?
V.S.Gaudio ░ è NIUSIA,
L’INSOLUBILITÀ DELLA LETTERATURA, introduzione alla 2^ edizione di Ignazio Apolloni, Niusia, Fondazione
Apolloni-Fabra/Arianna Edizioni Palermo 2012
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