la
gente che c’era e stavano finendo gli anni Settanta, e comunista si dava
la
città e comunista era quel politico, adesso che il partito comunista non
c’è
più, adesso che non ci sei più nemmeno tu, e quella sera ti ricordi chi
c’era
con noi in Piazza Maggiore? Io non ricordo se la primavera si fosse
fatta
vedere e nemmeno se avevo messo il mio orologio sull’ora legale,
di
solito continuavo a usare l’ora solare forse fino al mio compleanno e
a
quello di Hemingway, c’era con noi quella
sera Silvia che, puoi anche
non
credermi, ho saputo che non c’è più nemmeno lei da tre anni e ho
trovato
la notizia in tre righe standardizzata, la stessa, e non ho capito
se
stava al Giglio o all’isola d’Elba[ii], ma lei era comunista
come il padre,
e
tu eri comunista, e che ci sei andata a fare a Milano in mezzo ai poeti
neoromantici
dell’industria editoriale[iii]?
E
Pietro Ingrao a un certo punto, non ricordo se c’eri[iv], non mi va di andare
a
vedere, si fece pubblicare le poesie da Mondadori, e ricordo che non so
chi
mi propose di andargli a fare un’intervista , e ci pensi? Io, V.S. Gaudio,
che
andavo a fare l’intervista a un politico
della direzione comunista che
s’era
messo a fare le poesie, un po’ come quelli che stanno nella burocrazia
potente
dello Stato e anche loro pubblicano da Mondadori, dove c’era
chi
c’era imparentato con gli Ebrei del pathos, e magari sarà stato pure
un
poetino con qualche sinfonia con ottoni sull’allegro[v]?
Quello
che mi piace di Marx è Paul Lafargue che aveva sposato la figlia,
e
allora mi chiedo oggi, che tu non sai come sono andate a finire le cose,
se
anche quest’altro dirigente comunista si
sia a un certo punto messo
a
produrre vino e se abbia messo su una bella Fondazione e, Dio mio, sai
come
funziona la cosa, no?
Quella
sera la piazza era piena, ne parlo anche altrove, e sul palco c’era
Ingrao
che, adesso esce la didascalia nei notiziari televisivi e dice che era
anche
giornalista, avendo diretto il giornale storico dei comunisti, che Dio
solo
sa e anche il Dio Capitale di Lafargue, quante volte tra fine e inizio secolo
è fallito, e se lo compra sempre qualcuno,
basta farlo stare due anni senza
che
venga affisso essendo murale e non ci sarebbe più bisogno di comprare
il
nome della testata, no, devono sempre ricomprarlo e farlo fallire, e ti dicevo
che
danno come giornalista Ingrao, lo sai come funziona no nei giornali
del
partito? Si fa la richiesta all’ Ordine
regionale dei Giornalisti dove
risiede
il richiedente specificando il nome di un vice direttore
regolarmente iscritto all’Albo e se la pubblicazione
è un quotidiano
deve
essere un professionista e te che sei il richiedente
ti
iscrivono provvisoriamente nell’elenco dei giornalisti
cosiddetti
professionisti, poi quando cessa deve comunicarlo e il
consiglio
lo cancella dall’albo non appena abbia avuto notizia
della
cessazione stessa, che, forse, non arriva in molti casi e allora
poi
il dirigente della pubblicazione politica resta nell’elenco, anche
in
quello dell’Inpgi e poi oltre al vitalizio prende anche la pensione
di
giornalista, e ieri notte ho avuto
voglia di bruciare tutte le mie
poesie
e le Stimmung, e le infinite Lebenswelt dell’Aurélia Steiner
di
Marguerite Duras, ma è che ho sempre pensieri morbosi anche
se
non è mezzogiorno e non sto passeggiando lungo l’ex statale
106,
e, certo, non si può dire se quello che viene prescritto con
l’articolo
58 della legge del 3.2.63 riguardi il
nostro metonimico politico,
ma
è che tutto va a rotoli, ormai, non c’è niente che non sia livellato
al
niente, è tutto fatto, non c’è logica, non c’è coerenza,
non
c’è grammatica e rigore, non c’è un mondo invisibile, c’è
un
reale invisibile e in contanti e il problema è che non
ha
orario di chiusura e non ci sarà mai la possibilità
di
trovare una risposta definitiva in un libro di prossima
pubblicazione.
Il
distacco dell’anima è molto comune al giorno d’oggi,
e
tutti si mettono a fare poesie, e c’è stato più di un caso
in
cui un poeta si sia smaterializzato all’improvviso
alle
prime bozze per non pagare il tipografo o l’editore
per
poi rimaterializzarsi da qualche altra parte per
presentare
il libro o ritirare un premio, che, è, poi,
un
modo di viaggiare postmoderno e romantico
allo
stesso tempo, io una volta almeno avrei voluto
fare
la prova ma è che i premi sai cosa ne penso e
i
libri adesso per l’aria che tira anche su internet
mi
dici a che cazzo servono?
Una
volta ho pubblicato un saggio sulla poetica
ipotattica e sai che titolo è uscito? Politica ipotattica!
Ti
dico questo perché, a pensarci, magari
il poeta
Pietro
Ingrao, se mi fossi preso la briga di leggerlo,
l’avrei
potuto analizzare in quel testo, L’epica
urbana e
Ledrut
alla folla solitaria di Riesman, da Roman Jakobson
a
Sorin Stati, al Tempus di Harald
Weinrich, le Figure di Genette,
Agnés
Heller, la rivoluzione della vita quotidiana e la
teoria
marxista della rivoluzione, il fantasma di Jacques
Lacan,
di C.-B.Clément, Paris, capitale del XIX
secolo
di
Walter Benjamin e dentro i poeti dell’epica ipotattica,
l’opacità
ideologica, l’ambivalenza della Sicht e dell’aspetto,
il
senso del reale, l’epica urbana e la flânerie, la poesia-faubourg,
lo
zoning stilistico: da Giovanni Raboni a Pietro Terminelli, da
Carlo
Cipparrone a Alberto Di Raco, ma anche, dentro, Luciano
Troisio,
Franco Beltrametti, Leonardo Mancino, Franco Verdi.
In
verità, non so niente dell’attante, del
rapporto prospettiva/aspetto,
del
contenuto modale, delle figure, del reale impossibile,
dello
stile del poeta Pietro Ingrao, era nell’uniformità
della
“coscienza infelice”, la coscienza sentimentale meccanizzata
o
nello spostamento flâneuristico dell’io e del fantasma,
che,
a pensarci bene, di tempo ce n’è stato, mi sembra utopistico
per
un poeta che è sostanzialmente un
dirigente politico,
come
utopistica fu per tutti i comunisti aggruppati
la religione del capitale
di
Paul Lafargue?
Non
ricordo se quella sera c’era la luna, metti che fosse come la luna
rossa
di stamattina che per fare il verso all’eclisse totale, nei nostri
cieli
a questa latitudine bassa nessuno l’ha vista apparire nel cielo di nuvole,
di
sicuro è uno spento cratere di sale,
manco le saline di Cervia, che
negli
anni della mia adolescenza faceva un premio di poesia, ma quello
che
mi piaceva è che quando chiudevano l’estate c’era questa grande
festa
in piazza Garibaldi e dalla fontana, che forse era collegata alla luna,
sgorgava
vino, e diamo per scontato che fosse Sangiovese di Romagna?
Gli
equinozi sono dei lunghi silenzi e sono in cerca di un nome, sai che la
luna
di questa superluna che non si è vista tanto è quasi uguale per grado
e
fase alla tua luna, quasi un assurdo silenzio, una fuga deposta,
la
luna è il crollo, Nadia, quel poeta nascosto l’avrebbe poi scritto
è
uno spento cratere di sale, manco le saline di Cervia
quando
venivo all’alba a scuola in quel mare del nulla.
[i] Nadia Campana.
[iii] Ma io, fossi stato un
singer, che t’avrei potuto cantare nel delta dl Saraceno ? ”‘O Sarracino”?
Oppure: “Romagna mia”? Se non “Calabrisella”? E poi, fatta la sonatina del Moderato Cantabile, tu traducevi Emily
Dickinson e io facevo la colonna Disney per “Topolino”, la Mondadori mi metteva
nello Specchio e tu, t’avrei fatto pubblicare, io, quello che gli hanno
sottratto il nome alla faccia dell’articolo 22 della Costituzione a cui
partecipò anche il nostro gran comunista commemorato, da Feltrinelli?
[iv] No. Non c’eri, te n’eri
appena andata nel 1985, senza neanche dirmelo. Certo che è strano: c’è questo
comizio di Ingrao nel nostro paradigma poetico e, come te ne vai, il politico
si rivela come poeta nell’Olimpo dell’industria culturale del Capitale, dove tu
eri andata a perire!
[v] Tipo che, se Mimmo Cara
avesse fatto un volume IV de Le Proporzioni
Poetiche, sarebbe andato di diritto tra i poeti afferenti a “La scrittura
del lirico”, nell’area di gente poetica come Ennio
Cavalli, Massimo Grillandi, Giovanni Occhipinti, Camillo Pennati, Silvio Ramat,
Paolo Ruffilli, Alberico Sala, Maria Luisa Spaziani, Albino Pierro, Bortolo
Pento, Giuseppe Rosato, Rita Baldassarri, Vitaldo Conte, Antonio De Marchi
Gherini, Luciano Erba, Vico Faggi, Alberto Frattini, Biagia Marniti, Maria
Luisa Belleli, Ester Monachino, Raffaele Nigro, Remo Pagnanelli, Silvio Raffo,
Giovanni Ruggiero, Antonio Spagnuolo, Angelo Scandurra.
[vi] V.S.Gaudio, L’epica urbana e la poetica ipotattica,
“Capoverso”.Rivista di scritture poetiche, n.7, Cosenza, gennaio-giugno 2004.
Insomma, fu per quel comizio di Ingrao a Bologna che la politica soppiantò la
poetica o fu per quell’avvenimento che la politica fu inabissata dalla poetica?
Il refuso di “Capoverso” è questo che formalizza? La fenomenologia della trasmutazione
del corpo politico in corpo poetico, e con quella strategia dell’ipotassi? La
luna di Ingrao fu allora che cominciò a illuminare l’epica urbana e la poesia-faubourg?
Lo stile-zoning e l’opacità ideologica e il partito comunista finì nello spento
cratere di sale della luna? Ma lo zoning
stilistico non fu quello che generò il localismo della poesia dialettale, senza
pentacoli, che non va alla deriva, omogenea, condominiale, quartieristica,
cantonale, così ricca di promiscuità di familiarità? Vai a vedere, se la luna è
l’erranza, il nostro poeta comunista non era per niente dentro la staticità del
particolarismo che afferisce all’epica ipotattica, e allora da dove è uscita
questa commutazione della politica ipotattica in poetica ipotattica?
Vocabolari
La luna è uno spento
cratere di sale
deserto alla vita, la luna
è un fiato un velo
che travalica in soglie le goffe
pianure della incatenata
terra, la luna
è solo un assurdo silenzio
una fuga deposta,
un brullo pensiero che bussa
in cerca di un nome.
La luna è il crollo, l’erranza
da→ Pietro Ingrao,Variazioni
serali,
il Saggiatore 2000