di Massimo
Sannelli
Primo frammento. La scuola di poesia non insegna a scrivere poesie. Nessuno
può insegnare a scrivere poesie. Questa è una mostra di paradossi sani e brutti
idoli: insegna l'inizio e la fine, non la parte mediana – la scrittura – di cui
il responsabile sei tu.
Secondo frammento. La mia poesia è stata interpretata come gelo, e a suo
modo urlava, ma non si vedeva. D'ora in poi si vedrà, perché riscriverò tutto.
La poesia parlava già della lingua mossa e della lingua tagliata o blesa. E
parlava di molti baci; dunque conteneva molte allusioni medievistiche e
mistiche. Ma tutto finiva e iniziava lì: solo amore amore amore, non l'estro
che combina e gioca. E tu non ami la musica priva di voce umana: le manca la
parola e te la toglie. Chopin – dico per dire – è intraducibile: non comunica
un solo concetto verbale. è vero senza verbo, fa paura [a me no, ma ti
capisco]. Ti toglie dal tuo centro, di cui hai bisogno per esistere. Tolta la
parola – quella dell'uomo – il centro non si distingue più: come si
dichiarerebbe, se fosse muto? Così agli umanisti di oggi non interessa la
felicità, perché si tratterebbe di disperdersi oltre il centro [di disporsi
oltre il cerchio]. Intuìto questo, non importa più niente di niente: parti e
vai oltre [e ho perso un mucchio di anni senza sapere: senza saperlo].
Terzo frammento. Marco Berisso scrisse: bisogna iniettare veleni retorici
nella letteratura – e farla decadere... e farla trasformare... e farla maledire
e rinsavire poi...
Marco Berisso lo scrisse. Io iniettai nel mondo alcune persone vere, diversi buoni allievi. Erano il performer che io non sono (mi dicevo), la donna che io non sono (mi dicevo), il santo e il pazzo istrionico, che io non sono (mi dicevo) – e quelli erano stimoli seri, per me. Così pensavo: vivranno al posto mio. Pensavo: saranno in pubblico ciò che io NON sono. Butterfly deve morire per cedere suo figlio, il cui nome è Dolore. Ma tutto quel veleno è stato MIO, e male. Non sono morto, e loro non sono molto vivi. Ho assorbito di nuovo i veleni: nessuno di quegli allievi, le tre ragazze e i due ragazzi, ha rinnovato nulla. Due ragazze su tre hanno cambiato vita, una è madre.
Marco Berisso lo scrisse. Io iniettai nel mondo alcune persone vere, diversi buoni allievi. Erano il performer che io non sono (mi dicevo), la donna che io non sono (mi dicevo), il santo e il pazzo istrionico, che io non sono (mi dicevo) – e quelli erano stimoli seri, per me. Così pensavo: vivranno al posto mio. Pensavo: saranno in pubblico ciò che io NON sono. Butterfly deve morire per cedere suo figlio, il cui nome è Dolore. Ma tutto quel veleno è stato MIO, e male. Non sono morto, e loro non sono molto vivi. Ho assorbito di nuovo i veleni: nessuno di quegli allievi, le tre ragazze e i due ragazzi, ha rinnovato nulla. Due ragazze su tre hanno cambiato vita, una è madre.
I tre frammenti
sono tratti da Scuola di poesia, Vydia 2011. ▌