JURE KAŠTELAN
L’OCCHIO SELVAGGIO DELLA LUCE
Lume di terra
Tutto ciò che sparisce diventa luce
Uccello in cerchi aperti
Fiammella in montagna.
Quello che fu non può non essere: non finisce,
continua nel trasferirsi, nella terra della terrestre terra.
Perché, o perché ancora, perché ardi quando
è buio, scruto buio nel buio.
Lume di terra, di terrestre terra,
perché illumini quando
stai bruciando te stesso, la tua luce rubata.
Perché stai bruciando
quando è lo stesso splendere ed estinguersi
quando è buio, oscuro buio nel buio.
Perché non ti consumi bruciando, impietosa giovinezza,
quando non vedrai la barca.
Uccello in cerchi aperti
Fiammella in montagna.
Quello che fu non può non essere: non finisce,
continua nel trasferirsi, nella terra della terrestre terra.
Perché, o perché ancora, perché ardi quando
è buio, scruto buio nel buio.
Lume di terra, di terrestre terra,
perché illumini quando
stai bruciando te stesso, la tua luce rubata.
Perché stai bruciando
quando è lo stesso splendere ed estinguersi
quando è buio, oscuro buio nel buio.
Perché non ti consumi bruciando, impietosa giovinezza,
quando non vedrai la barca.
Occhio selvaggio
Affondo nella mia profondità
uccello nel cielo, luce nel buio.
Mi soffoca l’inondazione del pianto da tempo seccato.
Il vento sbircia sul mio mondo abbandonato
Nel quale la pietra si muta in polvere.
Buia immagine in cui tutto sparisce, ancora
Mi guarda l’occhio selvaggio della luce.
Bagliore di fulmine.
uccello nel cielo, luce nel buio.
Mi soffoca l’inondazione del pianto da tempo seccato.
Il vento sbircia sul mio mondo abbandonato
Nel quale la pietra si muta in polvere.
Buia immagine in cui tutto sparisce, ancora
Mi guarda l’occhio selvaggio della luce.
Bagliore di fulmine.
Maschera
Non è in vendita questa maschera. Non si vende.
Questa maschera non si vende. Per nessuna ragione.
Né per la testa
né per nulla.
E’ réclame.
E’ originale.
Un giorno verrà venduta ad alto prezzo.
E’ servita a qualcosa: - A che cosa?
Una vera maschera.
Questa maschera non si vende. Per nessuna ragione.
Né per la testa
né per nulla.
E’ réclame.
E’ originale.
Un giorno verrà venduta ad alto prezzo.
E’ servita a qualcosa: - A che cosa?
Una vera maschera.
E’ facile, è difficile
Facile è soleggiare al sole
Facile è essere cielo in cielo.
Difficile è all’affamato aver fame.
Difficile è all’assetato aver sete.
Facile è al pazzo essere saggio.
Difficile è al saggio essere pazzo.
Facile è essere cielo in cielo.
Difficile è all’affamato aver fame.
Difficile è all’assetato aver sete.
Facile è al pazzo essere saggio.
Difficile è al saggio essere pazzo.
Uccello ripieno
Queste piume non sono piume anche se tremolano come le piume
Queste piume sono più piumate delle piume
Questo uccello non è un uccello anche se è come un uccello
Questo uccello cing-guetta continuamente
Non cessa di guettare
Questo esempio
Queste piume sono più piumate delle piume
Questo uccello non è un uccello anche se è come un uccello
Questo uccello cing-guetta continuamente
Non cessa di guettare
Questo esempio
Inizio
La fine è sempre inizio. Basta solo un passo
fino alla porta che conduce alla strada.
Dalla porta esci e la porta
è aperta sul cosmo senza via d’uscita.
Questo diluvio diverrà un grande fertile fiume,
trasparente
specchio di azzurro solare.
La tempesta arriva dal cielo e la precedono
Il pidocchio ed il fantasma.
C’è solo un passo fino alla porta che conduce alla strada.
fino alla porta che conduce alla strada.
Dalla porta esci e la porta
è aperta sul cosmo senza via d’uscita.
Questo diluvio diverrà un grande fertile fiume,
trasparente
specchio di azzurro solare.
La tempesta arriva dal cielo e la precedono
Il pidocchio ed il fantasma.
C’è solo un passo fino alla porta che conduce alla strada.
Lo spuntare del giorno
I rami pieni di guettii
e gli occhi di uccelli.
Hanno tirato il collo al gallo
oppure il sole sta nascendo.
e gli occhi di uccelli.
Hanno tirato il collo al gallo
oppure il sole sta nascendo.
Dopo l’incidente
Ho perduto i ricordi. Mi sono rimasti solo gli spasimi.
Se il vento potesse sfiorarmi, ma nessuno può
giungere qui dove sono. Striscio e volo
e né l’uno
né l’altro. Niente di tutto questo. Niente. Niente. Non sono, e questo
che è potrebbe essere stato ed è stato niente altro che ciò che si raccatta
con il badile. Nessuno può giungere qui dove
sono. Nemmeno le serpi. Nessuno. Ho bisogno di piangere
ma
non posso. Non posso niente. Non ho saputo mai
che
posseggo il senso della caduta. Tutto è caduto, per sempre
rovinato, da sempre.
Attraverso me volano le mosche e i gorghi della polvere.
Solo questo senso non mi abbandona. Di tutto mi libero,
e niente
rimane per me. Nessuno può giungere qui
dove sono.
Solo questo senso inaccessibile sul quale
Ha messo radici il pidocchio.
Un pidocchio dopo un pidocchio. Non so dove andare.
Niente può più accadere.
Se il vento potesse sfiorarmi, ma nessuno può
giungere qui dove sono. Striscio e volo
e né l’uno
né l’altro. Niente di tutto questo. Niente. Niente. Non sono, e questo
che è potrebbe essere stato ed è stato niente altro che ciò che si raccatta
con il badile. Nessuno può giungere qui dove
sono. Nemmeno le serpi. Nessuno. Ho bisogno di piangere
ma
non posso. Non posso niente. Non ho saputo mai
che
posseggo il senso della caduta. Tutto è caduto, per sempre
rovinato, da sempre.
Attraverso me volano le mosche e i gorghi della polvere.
Solo questo senso non mi abbandona. Di tutto mi libero,
e niente
rimane per me. Nessuno può giungere qui
dove sono.
Solo questo senso inaccessibile sul quale
Ha messo radici il pidocchio.
Un pidocchio dopo un pidocchio. Non so dove andare.
Niente può più accadere.
[da: Divlje oko(“L’occhio selvaggio”), © 1979: traduzione dal croato di Lucifero Martini, da: “Carte Segrete” n.47, Roma gennaio-marzo 1980]
V.S. Gaudio
La poesia varunica di Jure Kaštelan
Intelligibilità alta
|
¾
|
Complessità bassa
|
¾
|
Ambiguità buona
|
¾
|
Pregnanza alta
|
¾
|
Carica connotativa buona
|
- -
|
Codice ristretto
|
- -
|
Tutto nella poesia di Kaštelan è nel segno del ritirarsi, l’ombrosità che ascende, la luce che si ritira, come nell’immagine dell’esagramma n.33.Tunn[i] dell’I Ching: “Sotto il cielo il monte”.
Il monte, che è Kenn, tra pregnanza in continuo stato di patefactio e codice ristretto, che è il sei all’inizio, la prima linea che è la coda, s’innalza sotto il cielo e il cielo invece si ritira da esso, a distanza, verso l’alto, così che rimane irraggiungibile.
Il sintagma, nella poesia di Kaštelan, breve o un po’ lungo che sia, è sempre teso da un elastico paradigmatico che, poi, all’improvviso, ma non tanto, si ritira, e allora se il sintagma si sta ritirando dal paradigma, il paradigma cosa prende?
Il fatto è che Jure Kaštelan ha dentro la sua poesia il paradigma di Varuna, il dio Uranico, che ha mille occhi ma è al tempo stesso colui che vede tutto e colui che non vede niente.
Così pare che il sacrificio dell’occhio, stilisticamente avviene con la complessità, la 5^ linea, che è su livelli medio-bassi, ma l’ambiguità è alta come e quanto la carica connotativa, abbia come corrispondenza sintematica l’uccello solare, che non è che la manifestazione mistica dell’isomorfismo della luce e della parola.
Varuna, il dio Uranico del paradigma di Kaštelan, sta, etimologicamente, tra “canto epico” e “parlare”, in cui l’elastico del sintagma tende il “segreto”; è possibile perciò rinvenire un vocabolo dinamico, un mantra, che è l’occhio, che, come sintéma, ha sempre, come archetipi sostantivi, non solo la luce ¹ le tenebre ma anche, la cima¹ l’abisso, il cielo ¹ l’inferno, l’ala ¹ il rettile.
La struttura eroico-mistica di Kaštelan, che è viscosa e adesiva, raddoppia e persevera, come se fosse a polarità notturna, ha, invece, lo schema verbale salire ¹ cadere, che attiene al regime diurno, tanto che, ai sintémi del mantra e dell’occhio, il poeta croato fa subentrare o mescola la pietra, l’uccello, la scala.
Vediamo, allora, come il ritirarsi di 33.Tunn, che è l’esagramma dello stile di Jure Kaštelan, sia questo canto dell’uccello solare che vola tra monte, Kenn, e cielo, Kkienn, o tra abisso e cima, “parlando” il linguaggio di Varuna, sia anche questo “ben dire” che fa “luce sul” (vs: ”parla del”) “segreto” : tende l’elastico del “parlare” che in lettone è “runat” e in irlandese ha in sé il “segreto” di “rûn”. ▌
Il monte, che è Kenn, tra pregnanza in continuo stato di patefactio e codice ristretto, che è il sei all’inizio, la prima linea che è la coda, s’innalza sotto il cielo e il cielo invece si ritira da esso, a distanza, verso l’alto, così che rimane irraggiungibile.
Il sintagma, nella poesia di Kaštelan, breve o un po’ lungo che sia, è sempre teso da un elastico paradigmatico che, poi, all’improvviso, ma non tanto, si ritira, e allora se il sintagma si sta ritirando dal paradigma, il paradigma cosa prende?
Il fatto è che Jure Kaštelan ha dentro la sua poesia il paradigma di Varuna, il dio Uranico, che ha mille occhi ma è al tempo stesso colui che vede tutto e colui che non vede niente.
Così pare che il sacrificio dell’occhio, stilisticamente avviene con la complessità, la 5^ linea, che è su livelli medio-bassi, ma l’ambiguità è alta come e quanto la carica connotativa, abbia come corrispondenza sintematica l’uccello solare, che non è che la manifestazione mistica dell’isomorfismo della luce e della parola.
Varuna, il dio Uranico del paradigma di Kaštelan, sta, etimologicamente, tra “canto epico” e “parlare”, in cui l’elastico del sintagma tende il “segreto”; è possibile perciò rinvenire un vocabolo dinamico, un mantra, che è l’occhio, che, come sintéma, ha sempre, come archetipi sostantivi, non solo la luce ¹ le tenebre ma anche, la cima¹ l’abisso, il cielo ¹ l’inferno, l’ala ¹ il rettile.
La struttura eroico-mistica di Kaštelan, che è viscosa e adesiva, raddoppia e persevera, come se fosse a polarità notturna, ha, invece, lo schema verbale salire ¹ cadere, che attiene al regime diurno, tanto che, ai sintémi del mantra e dell’occhio, il poeta croato fa subentrare o mescola la pietra, l’uccello, la scala.
Vediamo, allora, come il ritirarsi di 33.Tunn, che è l’esagramma dello stile di Jure Kaštelan, sia questo canto dell’uccello solare che vola tra monte, Kenn, e cielo, Kkienn, o tra abisso e cima, “parlando” il linguaggio di Varuna, sia anche questo “ben dire” che fa “luce sul” (vs: ”parla del”) “segreto” : tende l’elastico del “parlare” che in lettone è “runat” e in irlandese ha in sé il “segreto” di “rûn”. ▌
[i] Adottando il metodo di cui abbiamo già riferito in altri studi [cfr. V.S.Gaudio, Cesare Ruffato: la semantica gergale e razionale dell’idioletto corporeo, I quaderni di Hebenon, Torino 1999; idem, La poesia Wu Wang. La poesia della semplice integrità e il ludus della vertigine, “Zeta” n.66, Campanotto editore, Udine gennaio 2003; idem, Amelia’s Spring. La Stimmung con Amelia Rosselli , “Zeta” n.82, Campanotto editore, Udine dicembre 2007] l’esagramma dello stile di Jure Kaštelan si forma in questo modo: al 6° posto, l’iconicità alta fa ottenere una linea intera: ¾ ; al 5° posto, la complessità contenuta ci dà un’altra linea intera: ¾ ; al 4° posto, l’ambiguità abbastanza alta ci dà ancora una linea intera:¾ ; al 3°, dove comincia il trigramma inferiore, la pregnanza notevole fa ottenere un’altra linea intera:¾ , al 2° posto, la carica connotativa è più che buona, perciò la linea è spezzata: - - ; al 1° posto, per il codice ristretto di Kaštelan, abbiamo una linea spezzata:- - .