· Cose persone
comunismo grattachecche
ci sono cose & persone ci sono
& pensieri & progetti
avvolti dalla stessa vitrea solitudine dei chioschi
di grattachecche sui lungotevere in inverno. muoiono
anche i grandi poeti, la legge del menga non fa sconti
neppure al padreterno afflitto da certi fastidiosi
raffreddori
& intanto mentre lui si ingozza di aspirine
da un meridiano
all’altro la terra è tutto un rumore
il frastuono delle vuvuzelas in sudafrica sembra
un’eco in codice per il baccano di gola dei gabbiani
che ormai vanno a caccia non più di pesci ma di topi
qui nella città eterna che gioca a nascondino con se stessa
le finte risse
dei reality hanno lo stesso tasso di menzogna
dei dibattiti in parlamento. la stanchezza somiglia all’energia.
l’energia somiglia a un accesso di delirium tremens.
essere (o voler
essere) comunisti oggi - ank’ora! ank’ora (!)
totalmente disancorati come siamo da pressoché tutto
vuol dire (anche & ancora) farsi carico di quella
totalità
priva di fessure storia tremenda incancellabile di quella
bestia zoppa che
si è chiamata appunto incautamente
Comunismo – rompendone la continuità lacerandone
il senso comune la vulgata la cecità fideistica senza una
stilla
di pentimento ma con tutta la possibile impossibile
freddezza
analitica dentro quest’onda che non presenta mai
nessuna anomalia nell’immane flusso di morte sorridente
che si chiama ank’ora ank’ora Capitalismo eccetera
magari anche guardando l’avviso attaccato a quel tronco
d’acacia in cui
sotto al fotocolor del quadrupede si chiede
aiuto per il ritrovamento di un “dolcissimo volpino
microchippato” – e di lì a poco il tg parla di massacri
& di festini di stupri di glamour cinematografico di
contratti
tipo garrota foderata di velluto (Pomigliano & altrove)
con la stessa
inflessione di voce lo stesso tono caucciù
di fronte alle cose alle persone al gratta&vinci
vinci&gratta.
tu corri sui tuoi
tacchi a spillo dici ridendo che sei più brava
di un saltatore in alto cubano o di un airone. io muoio.
16 giugno 010
· Due Conti (e due
conti) attorno alla vergogna
Certo che il Benso Camillo che era
anche conte,
oculato proprietario terriero & primo ministro
in quanto cavallo di razza della scuderia Savoia,
ci vide proprio bene quando in un articolo apparso
sul “Risorgimento” (6 marzo 1848) ammonì:
“Non sono l’idea di repubblica e di democrazia
che spaventino; è lo spettro del comunismo che tiene
tanti animi dubbiosi e sospesi”: il che sta a dimostrare
che del minaccioso trattatello a firma Marx-Engels
intitolato Der
Manifest de Kommunistischen Partei
aveva letto almeno l’incipit (“Uno spettro s’aggira
per l’Europa: lo spettro del comunismo”) & l’explicit
(“PROLETARI DI TUTTO IL MONDO UNITEVI”).
Un altro conte,
che a differenza del franco-anglofono
Benso Camillo frequentava soprattutto le lingue morte
aggirandosi davvero come uno spettro per un’Italia
che capiva crudelmente & non poteva capirlo, leopardo
spolpato, poeta proletario, morto vivente, ateo pieno
di luce, sicuramente non avrebbe mai pronunciato, lui
maestro supremo della parola, parole simili. Non credo
di sbagliare, dal momento che a cinque anni dalla morte
così si espresse: “Se noi dobbiamo risvegliarci una volta,
e riprendere lo spirito di nazione, il primo nostro moto
dev’essere, non la superbia né la stima delle nostre cose
presenti, ma la vergogna. E questa ci deve spronare
a cangiare strada del tutto e rinnovellare ogni cosa”.
(Zib. 24 marzo
1831). All’attentissimo Benso Camillo
pochi dettagli sfuggivano: & certo tra quei pochi
è difficile ci fosse questo, che non era un monito ma
un’invettiva. E’ da supporre non suonasse come musica
alle sue orecchie: & l’ipotesi ci piace, in tutta
franchezza.
Il terzo uomo,
araldicamente privo di contea, si chiama
Marchionne, amministratore delegato FIAT: e due conti
a vantaggio dei propri padroni e di se stesso li sa fare
con tutta l’indispensabile disinvoltura casual. A me, che sono
anche meno ricco dell’ultimo dei suoi domestici, procura
un notevole fastidio perché 1) da supermanager un po’ troppo
sbrigativo troppo sbrigativamente cambia gioco; 2)
all’altezza
del ruolo che occupa dovrebbe mentire con maggiore
accortezza;
3) eviti poi di atteggiarsi al contempo da padrone che morde
con mascella di ferro & da storico cinico: almeno
al fine di evitare di far ridere i polli, che nella
fattispecie sono,
siamo il popolo
degli incazzati di cui mi pregio di far parte
- quando pronuncia con tono da killer, come ha fatto qualche
giorno fa, questa frase che s’è già guadagnato un
paragrafetto
igneo lapillo nell’Annuario delle carognate da non dimenticare:
“Io vivo nell’epoca dopo Cristo; tutto ciò che è avvenuto
prima
di Cristo non mi riguarda e non mi interessa”. Forse, chi
sa, anche
il Benso Camillo se l’avesse udita ne sarebbe rimasto
imbarazzato.
Di Cristo, poi,
meglio non parlare.
Le mie furbizie credo siano rimaste
tutte nel ventre di mia madre
tenerissima donna piena di timori e tremori timidezze
labilità
quando sono venuto al mondo come si dice in cerca di chissà
cosa
chissà con quali pretese
Ora so soltanto che a costruirmi
tutte le mie ingenuità ho fatto una fatica mostruosa e
tuttavia
non me ne pento. Le
mie difese cedono un giorno dopo l’altro
ed è sempre più chiaro che solo le eccedenze hanno un senso
Tutto ciò che si risparmia è qualcosa di non esperito
qualcosa
di non vissuto La
verità o ciò che così viene denominato
non è l’opposto della menzogna ma una sua opzione deviata
un suo irrealizzato desiderio Ecco perché tentare di definire
esattamente il proprio profilo è come insultare lo scirocco
fare linguacce agli acquitrini Non ho paura di niente se non
di me stesso della mia immaginazione troppo povera stenta
piena di rumori non decifrati Sento che i miei occhi sono
sempre più inadeguati a definire le cose le loro ombre
smarrite
Sento che i volti che ho amato nascondevano una noce
radioattiva
che era la loro luce il loro nulla E ora non mi resta che tacere
con gli abiti che mi si stringono addosso i capelli che
cadono
illuso sotto la pioggia di avere ai piedi una coppia di
pattini alati
19 giugno 010
· Unica certezza
Questo è un tagliacarte, quello è un
bazooka. Unica certezza
nell’oceano del plausibile: tra un minuto e il successivo
possono passare anche diverse ore, talora interi millenni
sgretolati in polvere oscura. Dipende dalla pazienza
di chi attende (se ha voglia di attendere), dal calcolo
delle probabilità, dalla meteorologia, dalla quantità di
cibo
ingerita e dalla musica di Cage: e non sono che esempi
disperatamente approssimativi.
Il silenzio, che
è poi in realtà soprattutto una suggestione,
può contenere quantità smisurate di immondizia che fanno
muro
contro i soprassalti della memoria – mentre tutto si altera,
fa le fusa il bicchiere di vetro smaltato coi colori di
Mondrian,
la fanciulla di ceramica abbassa gli occhi sculettando, la
vita intera
si svena in un ghigno, tutto resta comunque immutato dentro
o fuori
la vasca sporca del tramonto, qui, davanti ai miei piedi,
dietro
la mia nuca di cane.
Unica certezza:
tutto questo bianco finirà in rosso sangue.
30 marzo 010
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