LA MAPPA DEL TESTO
Se si volesse tracciare il
diagramma dei loro incontri, avvicinamenti, disguidi, mancate coincidenze,
fughe, ritorni, incomprensioni, addii definitivi e sovrapposizioni carnali si avrebbe una mappa
illeggibile, piena di tumuli, di itinerari che s’incrociano, di puntini
sospensivi e di stendardi caduti, di profezie e di affermazioni successivamente
negate, di documenti falsificati e di baci rubati, di dediche d’amore eterno e
di rifiuti poi rinegoziati. Di questa cartografia d’amore si tenta, qui, di
ricostruire il perduto testo attraverso un mosaico composto da citazioni
prelevate da varie fonti: testi classici o memorie personali, il tutto
impiantato in un terriccio misto a detriti e reperti, in cui ciò che è
antico è riportato alla luce e ciò che è
attuale proviene da atavica memoria. Passato e presente senza distinzione.
Qui si narrano gli eventi
della storia, si racconta di come la nostra eroina insegua il suo amato e lo
eviti a bella posta, di come lo aneli e lo ripudi senza sosta, sfidi a duello
il malcapitato o intinga le dita nel brasato.
Che cosa non fece mentre lo
inseguiva, cercando le strade che incrociavano la sua! Donzella, raccolte le
voci sul suo cavaliere e le testimonianze sui suoi passaggi, delle sue visite
ai postriboli, dei suoi imbarchi e dei suoi sbarchi, felice nel sentirne le
valorose imprese e triste nel conoscerne gli abbattimenti e i funesti
avvenimenti, fece il periplo del mondo più e più volte, saggiando la polvere e soffrendo i morsi della fame. Tutto
sembrava perso, ma, poi, avutolo di nuovo, tutto fu dimenticato. Dolore in
cielo terso non regge. Il che considerando, lei trasse che, in amore, non vale
la pena di scrivere memorie.
OPERA
Contemplazione idillica e
lirica meditazione, pagine ferventi, tormentate e strappate, luoghi di sussulti
sentimentali, di confessioni sensuali; imitazioni fugate, moti contrari,
canoni, palpiti e languori, egloghe e tragedie colme di vari suoni; virtuosismi
retorici e scritti segreti, getti coerenti e
serrati in svariate associazioni con cornetti, trombe e tromboni,
violini, viole e violoni; stanze di canzoni, sestine e sonetti; frottole e
ballate, strambotti e pendii cadenzati, canti fermi e toni movimentati: parole
e musica, nella loro insopprimibile autonomia e irriducibile diversità
compongono il testo della insensata storia d’amore.
Teatro è mondo in cui vigono
condizioni particolari: qualsiasi cosa può accadervi e in un solo luogo e in
una sola ora. Inizio del mondo, conversazione col serpente o tradimento con
mandragola. Tutto ciò che è immaginabile
vi viene rappresentato.
Tempo ideale coincide col
tempo della festa. La celebrazione è proiettata sui fondali, sui visi, sulle
vesti. Fra matrimoni e ingressi del principe o del papa, tutto scorre senza
soluzione e Reginella non ne salta alcuna di parata o di elegante e sontuosa
comparsata.
Che sia comica, tragica o
satirica la rappresentazione, lei è presente sempre. A cavallo o a piedi,
vestita con una rete, mezza digiuna e mezza sazia, si offre come enigma. E a
tratti è doppia: principessa o lazzara, dipende dalle storie che attraversa.
Città è scenografia ideale.
Città è mentale. Punto prospettico equivale a retorico artificio: si accentri
il mondo, gli si dia forma immutabile, ordine inalienabile! Si vada a dare
inizio allo spettacolo!
Tiziano Salari
L'artificio dell'amore povero
Singolare retablo, diviso in
due scomparti, questo testo di Rosa Pierno*. Nel primo scomparto, dal titolo
“Artificio”, siamo in presenza di un’analisi oggettivata di quella che un tempo
si sarebbe chiamata “storia di un amore” nelle sue varie fasi. Ma dallo stesso titolo, “Artificio”, inteso come serie di espedienti per
raggiungere uno scopo, assistiamo a una svalutazione della stessa storia, in
cui l’essenza della decisione – amare e disamare – si può determinare solo
partendo dalla sua fine. E la decisione sembra concretizzarsi in un giudizio
sul fallimento di un’esperienza senza vinti né vincitori, in cui l’unico ad
essere sconfitto è lo stesso Amore, Amore nel senso attribuito alla parola
dalla Diotima di Platone, “ di generare e procreare nel bello”. Ma è anche la
stessa Diotima a dirci che Poro
(artificio, espediente) fu sedotto da Penia (povertà) durante un grande banchetto e restando
incinta di Amore.”Poiché, dunque, è figlio di Poro e di Penia, ad Amore è
toccata la sorte seguente. In primo luogo è sempre povero e ben lontano
dall’essere delicato e bello, come credono i più, anzi è duro e lercio e scalzo
e senzatetto, abituato a coricarsi in terra e senza coperte, dormendo
all’aperto sulle porte e per le strade e avendo la natura di sua madre, è
sempre di casa col bisogno: ”È sempre Diotima a parlare, a dire che tale è
Amore dalla parte di Penia, della povertà. “Per parte di padre, invece, è
insidiatore dei belli e dei buoni, coraggioso, audace e teso, cacciatore
terribile, sempre a tramare stratagemmi, avido di intelligenza e ingegnoso,
dedito a filosofare per tutta la vita, terribile stregone, fattucchiere e
sofista”. Che Rosa Pierno abbia rievocato la storia da parte di Poro
(Artificio) per distanziarla da sé lo vediamo fin dall’ apertura, da quella
“mappa del testo” in cui essa dispiega di fronte a noi il diagramma degli
incontri, avvicinamenti, disguidi, mancate coincidenze,fughe, ritorni,
incomprensioni, addii definitivi e sovrapposizioni carnali, diventata una mappa
illeggibile e di cui ella cerca di ricostruire il perduto testo attraverso un
mosaico di citazioni prelevate da testi classici e memorie personali. Sembra
poi che Rosa Pierno voglia immergerci all’origine dell’Amore nel senso
occidentale del termine, cioè all’amore come processo fantasmatico, tra il Roman de la Rose e l’Orlando furioso, tra credenze occulte e
rapimenti, amore e guerra, donzelle al
galoppo come Angelica che danno la caccia al loro amore per miglia e miglia,
feste e fughe, ninfe, fanti e amanti, alchimia, fino a voler spezzare “il
circolo fantasmatico nel tentativo di appropriarsi dell’immagine come se fosse
una creatura reale” (Agamben). E a trovarsi di fronte a delle maschere. “Il
cavaliere ha un volto impenetrabile. Lo sguardo fisso e insidioso”. Già
intravediamo, dietro lo scenario fastoso, far capolino il secondo scomparto,
dal titolo Amore fossile, in cui,
memore di essere alla fine della tradizione occidentale, della fantasticheria
romantica, Rosa Pierno passa alla lucida analisi dell’evento, allo “Stato del
non amore” come “vuoto teatro, polveroso palco”. L’anima poetica, l’anima
“straniera sulla terra”, ha visto con il “lucido sapere del ‘folle’, il quale
altro vede e pensa che non i cronisti dell’attualità che si esauriscono nella
cronaca degli avvenimenti del presente” (Heidegger) in una storia d’amore
l’Assoluto irripetibile di chi
ha vissuto un istante di perfezione. Nel secondo scomparto vengono ripercorse
le stesse fasi del primo scomparto, ma attraverso un linguaggio preciso, unione
e separazione, somiglianze e differenze, rapporti tra la mente e il corpo, effimere
certezze del possesso, fino alla
trasformazione del “corpo amato” che diventa assoluto e perenne pur nella sua
assenza”, come “funzione della mente”. E si potrebbe concludere, dicendo, come
per Rilke nella prima Elegia duinese, che
“colui che veramente ama non è quello che trova adempimento, ma quello che resta
inappagato e che tuttavia serba intatto l’amore” (Romano Guardini). Il
linguaggio del testo perduto di Rosa Pierno attinge la sua parola da Penia
mascherata da Poros, e tale linguaggio canta la degradazione e il difficile
rapporto tra i sessi nell’epoca del tramonto della tradizione occidentale.
[* Rosa Pierno “ARTIFICIO”, Robin Edizioni, 2012, presentazione di Gilberto Isella]