6.
è l’accento dell’ombra,
che quasi non c’è in quel sole
meridiano di settembre, ma
che è questo significante
di deplezione che si insinua
e turba la tua iconicità
pregna di un peso la cui lentezza è come il prato
che seppur pieno dei cumuli
di merda delle vacche
stringeva tutt’intorno come
un momento di trasparenza
fuori da questo paesaggio
dove peraltro l’Unheimlich s’addensa
c’è ‘u pilu ‘mpracchjatu
menz’u culu ‘nsitatu ca vene pi ddi cchiù
e di già schiocca sotto le
dita con un odore di fica o
qualsiasi oggetto illuminato
non si vede mai per intero
del suo vero colore perché
infinite sono le variazioni prodotte
su di esso dal colore della
luce incidente e dai riflessi
colorati delle ombre degli
oggetti vicini tanto che se premo
sul verde della camicia un
po’ la linea che lo contiene
è come l’erba tagliata o il
sapore du rusticu int’a tufèra
ca allippa pilu, picciune,
parole e gemiti
7.
la linea azzurra dell’inguine
e l’anamorfosi del bagliore
ainico che attraversa dal
podice al gomito il verde che
per come geme è più bagnata
del legno che ti tiene
separano erba e pelle o luce
e bocca o rumore balzante
e cazzo intanto che tra
vrigliozza e mantici entri dritta
nello sguardo non c’è il
vento troppo largo, nemmeno
lungo, perché è tutto sospeso
sul legno che ha sapore
di lampo poiché passa molto
vicino il suono che scende
per la montagna né parole, né
musica, né consuetudini,
né discorsi, ozia con me
sull’erba, apriti la camicia verde
e prima che l’estate se ne
vada verso l’equinozio
libera a rarica ‘i Parrott
affinché io possa richiamare
ogni cosa se lo desidero mani
e dita che vanno
nel senso degli occhi e
risalgono a stringere u’ rïarmune
che è di triòffa e di wenza
toga tra i tuoi mântici
che han dovuto colmare un
golfo per come fanno
crescenti distese d’acqua e di terra, di erba
e di legno,
di cielo e di sperma, da cui
il tempo non so se passa
lungo la schiena o sotto il
tuo ventre tanto che tutto
si rovescia al punto che
piegata sul palo con i jeans
calati t’impracchjo u
minchiunu gruossu asupa
i bballuselli ‘i sita parruttijanne wenza ‘i
sburrazza
ca t’infrasca supa e suttu
finu a ca prima ca ‘u tiempu
cumincia am’brunija’ mani e
bocca non bastano
per fermare l’uragano che hai
scatenato
[In ammašcânte:"La carne del mondo"]
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