Krähen des Pinocas,
und zottige Bär
dalla parete del santuario di S. Maria
dell’Armi dove fu posto
quel principe compagno di sabotaggio del brigante e da dove il libeccio ist Wind, der anhebt;
le giornate tendono a farsi più lunghe con questa primavera che si è levata un giorno prima entro quei solchi e l’erba che non è docile né alla pioggia né alla luce che cosa c’è in questa latitudine più bassa che tanto fece la fortuna di Paul Klee e non di Sebald, né la tua o di Thomas Bernhard così dentro l’inverno e Saturno[2], come se qui l’Orsa Maggiore, Grossen Bär, fosse più vicina e le sue zampe e gli artigli e i suoi lombi
e le zanne aguzze siano lontane dagli agnelli che
non strappi i lacci, che raccolga, das dieser Bär,
le pigne cadute dai pini rimasti nella Pinoca e
dia una buona parola all’uomo cieco scendi irsuta Orsa,
animale dal vello delle nuvole ein Zapfen, ein gutes Wort;
è davvero questione di luce, c’è davvero quest’orbita
larga di Saturno che passa al nostro meridiano, inesorabile
analemma esponenziale o bagliore ainico che fulmina
il romanticismo nordico, dove cazzo è questa distesa
di cieli azzurri ha pernottato dentro la mia bocca dentro
i miei occhi e ha rivelato il segreto a questo corpo serrato?
Ci fossero almeno Silben im Oleander o i lampi candidi
che spazzano via le canzoni che vedevi, Ingeborg,
nella Napoli dove l’inverno al cielo Posillipo
e il Vomero espone, und bis Camaldoli
rühren die Pinien die Wolken, l’oro dei mandarini
forse ancora un po’turbina nelle impetuose folate
del libeccio das Mandarinengold treibt in den
wilden Böen Die Blutorange rollt, u purtuâllë rotöledë
ma è primavera, non prezioso lustro invernale
e qui come un albero tra gli alberi e le cornacchie
hanno ancora quella traiettoria obliqua del ritorno
al crepuscolo di cui, a vederla,la volpe, se ci fosse,
ne riderebbe e le nuvole, sempre che questa nebbia
ce ne faccia vedere qualcuna, come rabbrividirebbero
al richiamo delle Krähen che sopra di me drizzano le ali
stürz ich auf offenem Feld mia cognata spenna i polli
e domani ne mangeremo le bianche clavicole in mezzo
all’amaro pulviscolo di piume al meridiano in questo
crepuscolo così saturnino le cornacchie sugli alti tacchi
stanno nei bar con la cannuccia e trovano parole per tutti
ma io che sono poeta diese Sprache verstehe nicht.
A marzo la semina è lontana, si vedono
terreni
inzuppati di pioggia und Sterne im März che
vanno dentro l’universo, come la luce
che non sfiora la neve lassù sul Séllaro e sotto,
unter dem Schne e che cosa potrà esserci
se non polvere und, was nicht zerfiel,
il nutrimento futuro della polvere?
Il vento qui si leva, e essendo sempre più libeccio
non manda avanti i binari che sono dall’altro lato
e i treni merci che con il nume della pioggia
stanno abitando la nostra tetra casa da quando
anche noi stiamo passeggiando letterariamente nel sole
più selvaggio che dorme infatti più giù del monte Panno Bianco
inzuppati di pioggia und Sterne im März che
vanno dentro l’universo, come la luce
che non sfiora la neve lassù sul Séllaro e sotto,
unter dem Schne e che cosa potrà esserci
se non polvere und, was nicht zerfiel,
il nutrimento futuro della polvere?
Il vento qui si leva, e essendo sempre più libeccio
non manda avanti i binari che sono dall’altro lato
e i treni merci che con il nume della pioggia
stanno abitando la nostra tetra casa da quando
anche noi stiamo passeggiando letterariamente nel sole
più selvaggio che dorme infatti più giù del monte Panno Bianco
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░ © marisa g. aino 1982
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quel principe compagno di sabotaggio del brigante e da dove il libeccio ist Wind, der anhebt;
le giornate tendono a farsi più lunghe con questa primavera che si è levata un giorno prima entro quei solchi e l’erba che non è docile né alla pioggia né alla luce che cosa c’è in questa latitudine più bassa che tanto fece la fortuna di Paul Klee e non di Sebald, né la tua o di Thomas Bernhard così dentro l’inverno e Saturno[2], come se qui l’Orsa Maggiore, Grossen Bär, fosse più vicina e le sue zampe e gli artigli e i suoi lombi
e le zanne aguzze siano lontane dagli agnelli che
non strappi i lacci, che raccolga, das dieser Bär,
le pigne cadute dai pini rimasti nella Pinoca e
dia una buona parola all’uomo cieco scendi irsuta Orsa,
animale dal vello delle nuvole ein Zapfen, ein gutes Wort;
è davvero questione di luce, c’è davvero quest’orbita
larga di Saturno che passa al nostro meridiano, inesorabile
analemma esponenziale o bagliore ainico che fulmina
il romanticismo nordico, dove cazzo è questa distesa
di cieli azzurri ha pernottato dentro la mia bocca dentro
i miei occhi e ha rivelato il segreto a questo corpo serrato?
Ci fossero almeno Silben im Oleander o i lampi candidi
che spazzano via le canzoni che vedevi, Ingeborg,
nella Napoli dove l’inverno al cielo Posillipo
e il Vomero espone, und bis Camaldoli
rühren die Pinien die Wolken, l’oro dei mandarini
forse ancora un po’turbina nelle impetuose folate
del libeccio das Mandarinengold treibt in den
wilden Böen Die Blutorange rollt, u purtuâllë rotöledë
ma è primavera, non prezioso lustro invernale
e qui come un albero tra gli alberi e le cornacchie
hanno ancora quella traiettoria obliqua del ritorno
al crepuscolo di cui, a vederla,la volpe, se ci fosse,
ne riderebbe e le nuvole, sempre che questa nebbia
ce ne faccia vedere qualcuna, come rabbrividirebbero
al richiamo delle Krähen che sopra di me drizzano le ali
stürz ich auf offenem Feld mia cognata spenna i polli
e domani ne mangeremo le bianche clavicole in mezzo
all’amaro pulviscolo di piume al meridiano in questo
crepuscolo così saturnino le cornacchie sugli alti tacchi
stanno nei bar con la cannuccia e trovano parole per tutti
ma io che sono poeta diese Sprache verstehe nicht.
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░ © alessandro gaudio 2014 |
[1]Nella Stimmung si passa al
meridiano nella primavera di una latitudine al sud con “Sterne im März”,
qualcuno dei “Lieder auf der Fucht”, “Salz und Brot”, “Nebelland” e
“Anrufun des Grossen Bären”, l’ Invocazione all’Orsa Maggiore; se ne vedano le
traduzioni di Maria Teresa Mandalari in: Ingeborg Bachmann, Poesie,
Guanda , Milano 1978.
[2]Cfr. il “Post Scriptum” di Luca Arnaudo, Pittura e paesaggio nella scrittura di W.G. Sebald, “Il Ponte” n. 1, gennaio 2010: pagg. 108-109.
[2]Cfr. il “Post Scriptum” di Luca Arnaudo, Pittura e paesaggio nella scrittura di W.G. Sebald, “Il Ponte” n. 1, gennaio 2010: pagg. 108-109.
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│La 4^ di copertina del Bachmann uscito per Guanda │ |
6
Dovevamo pubblicare questa
Stimmung™
con Ingeborg Bachmann il 17 ottobre,
con Ingeborg Bachmann il 17 ottobre,
a 41 anni dalla sua scomparsa, ma, poi,
giacché era apparsa il 29 settembre
giacché era apparsa il 29 settembre
ne “Gli Anelli di Saturno”, abbiamo dovuto differirne
di qualche giorno la pubblicazione ░
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©Herbert List
Rome. Campo di Fiori
Austrian Writer
Ingeborg BACHMANN 1954. |