│Aurélia Steiner d’Ushuaia e il poeta
│by Blue Amorosi
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Che fare, ragazza che
fu questo che rimase del nostro tempo, te ne andasti là sotto in metropolitana,
non ricordo nemmeno la fermata, e non è l’ultima volta che ti vidi, perché poi
ancora tornammo a vederci a Bologna, ma a Milano è quella l’ultima volta che te
ne andasti per sempre, così dentro l’ombra di Milano e l’onda di Rimini, e meno
male che non eri in quella foto, rubatami dagli zingari nella mansarda a
Torino, sulla spiaggia di Milano Marittima, ma quando te ne andasti così in
quel ventre e nell’ombra assente di Milano e ancora non avevo veduto quella tua
foto sulla spiaggia di Rimini d’inverno, e non so se avevi una sciarpa, che
cosa avevi sulla spiaggia di Rimini in quell’inverno?, un cappello no, una
cintura forse in vita, e le scarpe, che scarpe avevi per stare così davanti al
mare Adriatico?, che, per quel che mi riguarda, era quello il mistero della mia
Herkunft, manco fossi stato Dago, nel fumetto di Robin Wood, Alberto Salinas e
Carlos Gomez, io non ero Dago , e questo lo sai fanciulla che venivi anche tu
dalla piazza Bufalini di Cesena, dov’è la Biblioteca Malatestiana e dove ebbe
il quarto d’ora di gaudio Lucrezia Borgia, stando a Ezra Pound, che, patito com’era
del podice delle senesi, non poteva non esserlo anche del podice delle cesenati
e che, se t’avesse visto come quando mi sei venuta incontro al Club Turati a
Milano, mentre stavo al telefono con il mio agente per la stampa[i], avrebbe declamato quei
versi di Guido Cavalcanti che ti ho dato invece io nel memorandum in cui spiego che diventasti “Nadia”per il Gaudio che così ti nominava,
anziché “Nadiella”, che fino ad allora era quello il tuo nome per tutti,
essendolo anche all’anagrafe di Cesena. Non c’è il mare a Milano, questo lo
sapevi, ragazza di Cesena, e nemmeno a Cesena c’è il mare, ti ricordi quando ti
dissi che abitai un tempo della mia fanciullezza in quel di Cervia e
Milano Marittima e tu mi rispondesti ma sai che, quando ti ho visto a Milano, e
ancora non sapevo come fossi, ho pensato ma questo l’ho già visto, di sicuro è
stato a Milano Marittima, altrimenti perché adesso me lo ritrovo qui a Milano?
La vita è ormai la contemplazione di
questo crimine perfetto, la banalità che pesa tanto quanti sono gli anni che
contempliamo le performances di questa autentica disciplina olimpica, è uno
sport estremo, scrive Baudrillard, la contemplazione della banalità, e a Milano
Marittima sei sicura che ci sia il mare? E poi, adesso che ho sentito questa Every Breaking Wave degli U2 nella performance
alla BBCTwo[ii] , e di nuovo mi sei
riapparsa e lo so che tu non esigi di essere rivista e io non posso guardarti
più, vorrei che ci dimenticassimo l’uno dell’altra, io non ho questo obbligo,
non sono stato a Milano Marittima, non sono stato a Cervia, né a Cesena, mai ho
visto Milano, non ti ho mai conosciuta, a Bologna quando mai ci sono stato?,
Silvia Zangheri, quella del ginocchio al Burghy,
io non so nemmeno che lei sì che è nata a Rimini, semplicemente, Nadia,
ascoltiamola questa poetry-song e via, passa
di là dal mio meridiano, non sei più il mio oggetto “a”,
lascialo in pace il poeta saraceno, vuole tornare a farsi le sue Battaglie dei
Gesuiti , tra angoscia e desiderio, almeno fin quando mi chiamerò, ancora per
poco, Gaudio; poi, nemmeno tu, che mi hai conosciuto come Gaudio, avendo ormai generato un decreto ministeriale il fatto che fui privato alla nascita del nome per motivi
politici, potrai dire ai tuoi amici di quelle che erano le Famiglie Paolazzi-Porta e Raboni[iii], vedendo il mio nome su “Topolino”:
“Toh, guarda questo, scrive per “Topolino”[iv]…che tipo, l’ho visto una
volta a…”!
Lasciami in pace,
Nadia, lascia che la mia anima coraggiosa faccia vela più lontano, più lontano
di questi mari in cui c’è il passaggio di Sirio e di Giove, e del Sole, della
Luna, di Iside, fa che possa passare per Quillebeuf prima di andar a pisciare
in Inghilterra o per Cesena prima di rientrare in Calabria, una notte di
navigazione e si arriva, fa che la poesia da raggiungere attraverso tutti gli
oggetti “a” vaghi intorno alla casa e sui campi ancora, per gli antichi sentieri
del Delta del Saraceno, udire il sibilo della locomotiva, e poi a questo si può
rispondere perché dentro di me è il giorno più lungo, the sun wheels in
slanting rings, it does not set for months, dentro di me zone, mari, cateratte,
foreste, vulcani, arcipelaghi, le petroliere sulla Senna che tornavano da
Rouen, di nuovo, fanciulla, guardiamo di là delle parole, del momento,
guardiamo il fiume, l’estate sonnolenta, a Excideuil, dove t’avevo cercato e lì
avevo chiesto se avevano visto in giro, sul comò, un foglio scritto, prima di
sapere che Alfredo Giuliani ti disse che la mia poesia è come la parola emersa
dalle onde, quella forte, deliziosa parola avvolta in dolci
abiti, nei leggings
di Gaëlle Bonheur, adesso, e che si curva da un lato per ascoltare
Leggings Flamingo di G.Bonheur |
il sussurro del mare
e che perciò ha
qualcosa di terribile
questa intelligenza che
naviga sui fiumi
che va in tutti i
punti, uno dopo l’altro,
e poi rema per
ritornare a riva
nella baia qua di
questo posto infame,
vaga la mia anima
intorno alla casa e sui campi ancora,
per gli antichi sentieri
del Delta del Saraceno,
c’è il rumore del mare
e spesso si alza il vento e lei continua ad aspettare
con il vento che mi
scompiglia i capelli
se non ho il berrettino
di lana
e l’andatura che
trattiene gli echi e i suoni
con quelle scarpe che
avevi
quelle che avevi sempre
portato
che a poco a poco si
trovavano
sempre meno in
commercio
e che avresti potuto
fartele fare a Excideuil
e che allora saresti
stata l’ospite solitario
venuto dalla Dordogne,
perché è da lì che la sera arriva
inevitabile, lenta, a
strati successivi dietro le file
dei lampioni,
non è vero che si sia
lungo le strade di Le Havre,
guardavo fuori il
giorno che si spegne
e tu avevi detto:
-Guardi sempre il
fiume, non ridi. Provi come una voglia
di averla contro di te.
E io ti chiesi se ti
riferissi a Emily L. e tu rispondesti:
-Lo stretto di Malacca![v]
A questo punto –
come Emily L. che aveva scritto diciannove poesie –
e l’autunno
sta finendo[vi], lei aveva smesso; finiamola
anche noi.
And our fearful trip is done.
“Nessuno può
insegnarlo –Nessuno-
Quest’è il
Suggello Disperazione-
Un’imperiale
afflizione
Mandataci
dall’Aria-
Quando viene, il
Paesaggio ascolta-
Ombre-trattengono
il respiro-
Quando va, è
come la Distanza
Sul volto della
Morte-”[vii]
[i] Sì, mia cara, l’unico
poeta al mondo che, come giornalista, aveva un agente per la stampa, solo che
lui prendeva dieci parti e il povero fesso costituzionale manco una.
[ii] On "Later...with Jools Hollland", il 21 october 2014: 10 giorni dopo il tuo compleanno, manco a farlo apposta, o si? . Con il
cantante che ha il giubbetto di pelle, come quello che ho rispolverato io in
questi giorni che vanno verso la quiete di Alcione, a vedermi, sono ancora un
biotipo longilineo, se è questo che vuoi sapere, e, certo, non ho ragioni e
motivi per cantarmela come ce la canta Bono ma il poeta con questo giubbetto
probabilmente attraversa il bosco di eucalipti, nel Delta del Saraceno, e non è
come essere a Milano, lo stesso parallelo di Excideuil, questa botte di Iside,
il passato, il futuro, abitare lì, in cui ci sono favole che sdegnano ciò che è
conosciuto, oceani che non possono essere attraversati, ciò che è distante non
sarà mai portato vicino, né le terre saranno saldate tutte insieme, non
possiamo aspettare più a lungo, è qui che il tempo si fa, lo spazio si fa la
mia regione infinita la cui aria io respiro, questa luce spanta sulla Loue in
questa cisterna, la Cibbia d’Iside, non quella di Mia Nonna dello Zen, più
grande delle stelle e dei soli, più grande del tuo viaggio, più grande del tuo
desiderio, più profonda quest’acqua del Sanscrito e dei Veda e più terribile
degli antichi feroci enigmi e più cosparsa dei resti di scheletri di chi
vivendo non la raggiunse, segreto assoluto della terra e del cielo…
[iii] Cfr. l' Arkadia di Sebastiano Vassalli, El Bagatt, Bergano 1983.Ti ricordi quando ti
dissi, in merito ai Novissimi, chissà chi è il numero 4,
che nel gergo ladresco bolognese│mi riferivo al Menarini, I gerghi bolognesi, Società tipografica Modenese 1941│ è kṷaịẳ’ṅ,
=coglione, stupido, e poi andammo a finire al l a pịọ kūl kẹ ånma!= Ha più culo che anima, che, a conti fatti,
vale per chi “è molto fortunato”, ma io ti dissi che l’ ånma, nel gergo ladresco, era l’asso
, e allora dicendo questa frase il compagno era invitato a giocare l’asso; e se nella frase c’era il coglione, il compagno doveva giocare il quattro. Poi, ti sussurrai che ad
esempio io che son poeta ho più coglioni che anima, e tu : Che
devo giocare? Cosa vuoi giocare,Nadia? Non certo uno dei due quattro,
gioca l’asso, ti dissi, ma che non sia il quattro
dei Novissimi! Che coglione, come non
detto: è andato sulla luna , zōk dla tōka, la luna dei tarocchi. E tu sei arrivata alla carta numero 16 zōk ed sẹ sẹ, che, dove vai vai,
nel tarocco, è la torre, che non è questa qui saracena che mi tocca guardare un giorno sì e l’altro pure.
[iv] E non è, non dico massone
ma, neanche iscritto alla confraternita dei professionisti dell’industria
culturale(editoriale).
[v] Lo
“Stretto di Malacca” che irrompe, come l’inesorabilità dell’oggetto, il suo
irredentismo, è di una evidenza folgorante, “è il luogo del nostro segreto, di
tutto ciò che in noi non è più dell’ordine della verità” (Jean Baudrillard, L’oggetto come attrattore strano, in:
J.B., La trasparenza del male[1990],
trad. it. Sugarco edizioni, Milano 1991): lo Stretto di Malacca, il luogo che
ci sfugge, attraverso cui noi sfuggiamo a noi stessi, in questa vertigine
dell’eclissi, in questo artificio che va circoscritto, senza badare a prendere
di mira qualunque enunciato perché bisogna puntare sempre altrove, allora lo
Stretto di Malacca, che si exinscrive
nella figura dell’Altro, nella forma strana venuta da un altro luogo, da un altro testo, dalla Duras e
non da Whitman, è in questa figura segreta che si fa attrattore strano? Diffrangendosi, questo nome-tema, correndo sotto
il testo, esplode infine sterminando tutto? Facendosi figura di Emily L. o di
Silvia Z., cui sembra che alluda N. rispondendo al poeta come se fosse il Captain
di Marguerite Duras, è in questo anatema
il “numero deus pari gaudet”?[vi] Sto scrivendo qualche giorno prima che arrivi il solstizio d’inverno che, quest’anno, qui al nostro fuso viene giù appena dopo la mezzanotte del 21, il 22 alle 00:04.
[vii] Sono le due strofe finali della 258, quella dello Sbieco di Luce, di Emily Dickinson:
None may teach ist-Any-
‘Tis the Seal Despair-
An imperial affliction
Sent us of the Air-
When it comes, the Landscape listens-
Shadows-old their breath-
When it goes, ‘tis like the Distance
On the look of Death-
♫│Ascolta: ti dico :
ascoltiamola, cantiamola, insieme e invece io non faccio che ascoltarmi la
registrazione per MTV-Ema, sono già andato via con il mio (-φ), dei misteri gaudiosi
ne ho avuti fin troppi nella mia vita, e figuriamoci se ancora posso stare a
inseguire fantasmi e oggetti “a” perduti e dispersi, che, è questo che penso,
in verità non me l’hanno cantata bene la loro storia, nemmeno per un breve
episodio, e sì che io ero contro trame e sequenze della banalità scolastica e
culturale, altro che settarismi occulti e pelosi per farsi poetino presunto
novissimo o simil-lirico che financo Domenico Cara abboccò all’esca credendolo
epifanico.│