…
Disporre
le carte e le mappe,
i
fogli stradali accanto e le penne
per
segnare di nero le colorate strade
e non
perdere di vista le lateralità
dove
sorgono cattedrali non visitate
grumi
di paesaggi fantasticati come belli,
leggere
le didascalie di ogni foglio turistico,
di
ogni centimetrato album per non perdersi
niente
e nulla delle cose da vedere se il viaggio
rimarrà
quello progettato, se il progetto
non
muterà in corso d'opera.
Accanto
ai canali e ai fiumi blu
le
autostrade rosse attraversano
luoghi
i più sognati e pensati
nelle
fantasie di una lettura,
nei
rimandi di servizi fotografici
eludendo
dal costruendo andare
i
luoghi comuni delle masse agostane,
scartando
ogni comunicazione falsificata
per la
ripetizione estiva e natalizia,
ogni
possibile passaggio per spazi
che
non abbiano rimandi alla nostra cultura
e non
siano possibilità di riempimento,
anche
una casa rotta ma all'interno
dello
spirito della terra e del cielo nostri
a
soddisfare la voglia di vivere in prima
persona
quello che abbiamo goduto
con
l'intelligenza della memoria e con
l'abbandono
del sogno, prefigurazioni che
sentiamo
rinascere quando solo le nominiamo.
Prologo
La
preparazione dell'occorrente è
la
verità di quello che andremmo a vedere
in
carne ed ossa, vero nella mente e
da
sempre concreto.
Inciamperemo
nelle
varie stoffe a rigoni con
stelle
verdi e trapezi blu,
tra le
scarpe basse e leggere
senza
lacci un poco sformate
e
comode,
tra le
spazzole per lucidare
e i
pannosoffici caramellosi,
tra le
calze e i calzini che troppo
non
devono costringere il piede,
tra i
calzettoni di lana confortanti
e i
lacci di ricambio.
Nella
sacca verde e nella valigia,
doppia
valigia blu,
cominciamo
ad impilare senza modestia
le
maglie i maglioni ben riposti,
le
camicie con la maniche corte:
due
con i polsini e i sottili gemelli
.
. . questa giacca che sta bene con questi calzoni
come
se dovessi partecipare a feste non so quali . . .
ancora
biancheria con i sacchetti per il ricambio,
alcuni
foulard per riparare il collo dal vento
o
nascondere le prime pieghe sotto il mento?
berretti
e cappelli quanto basta per non prendere freddo
per
nascondere al sole i capelli tagliati cortissimi,
orologio,
sveglia, carta, tanta carta con matite e penne
album
per notazioni che andranno perdute
sotto
il segno di ogni giornata,
macchine
fotografiche e una borsata di rullini
per
fermare quello che l'occhio e
la
mente hanno già veduto e quello
che
l'intelligenza dimenticherà velocemente.
Poco
manca alla conclusione del rito preparatorio
messo
in cantiere alcuni giorni prima per abituarsi
alla
novità non per entrare nello spirito del viaggio
che
ancora non viene pensato e la testa allontana
con
ogni possibile scusa.
. . .
La preparazione iniziata si conclude
quasi
sempre con una dimenticanza che
qualche
cosa vorrà pur dire senza scomodare
grandi
nomi del profondo, se non altro
che
non tutta era presente la memoria
e
altro sotterraneamente si pensava o si voleva;
mentre
ci si dava da fare con apparente facilità
da
qualche altra parte stava il pensiero
forse
là dove non si deve andare
là
dove si può rimanere senza affannarsi . .
E poi
uscire di casa e guardare
con
gioia e rammarico
al
curato giardino raccolto nel freddo
con
strani fiori quasi margherite
che
ricolmano un vaso di terracotta,
un
vascone dove dalie e garofanini
si
accalcano facendosi largo tra
gli
ultimi spazi lasciati liberi
dal
rampicante rigogliosissimo
e un
cespuglio di rose dal nome dimenticato
da
sempre là a sbocciare fiori
tra il
giallo e il rosa con triangolari spine.
La
lavanda si è distesa con molto profumo
e fa a
gara con i giacinti a raggiungere
il
posto dei narcisi che stentano un poco,
foglie
verdi e un biancospino alto
a
sinistra uscendo dal portoncino attendono
il
sole del mattino per ristorarsi,
memori
nelle giornate di luglio dell'acqua
che a
pozze si formava ad ogni innaffiata.
Dal
giardino passare all'ascolto
dei
suoni del quartiere, delle strade commiste,
delle
piazze ripiene di auto, dei negozi
nel
loro tentativo goffo di bellezza,
nelle
sconnessioni dei marciapiedi,
nella
prospettiva che chiude al mare
e
ricorda l'impero di Magritte
aiutato
dalla bassa luce stradale
infiammata
ad ondate dai fari delle moto
che
rombano via come aeroplani
lungo
la discesa che ricorda quelle
della
costa centrale della California,
in
fondo una parata di luci come
insegne
luminose ininterrotte nel loro
cangiare
di colori e luminescenze.
♦
Preparazione
e Prologo sono contenuti
nella parte “Antefatti”
(1997) di
Ettore Bonessio di Terzet