La terra trasfonde
vibrazioni continue
dentro il cuore, e
questo sei tu per come
sei avvenuta, in quella
giustezza e misura
Dio, è questa la
suonatrice del violino,
ed è da allora che
avendolo scoperto
che sei impareggiabile
per come sai
suonare il violino, ti
costringo sempre
a suonarmelo il Berg, di
là venendo da est
un po’ dal mare e tra
gli alberi, che cosa vedi
un campo di trifoglio
maturo ? O un prato
da attraversare dopo che
l’hai fatta nel sottopasso?
Tra te e il canale, e il
deposito che man mano
lasci giorno dopo giorno
lustro come se
avesse la luce del sole
ed è sul muschio intriso
di zenzero e miele dello
shummulo, c’è vento
nel granoturco verso
ovest oltre la ferrovia
e il poeta sente il
fruscio delle tue sottane
quando ti abbassi a
farne colare immonda
e immensa contro la
siccità e la stitichezza,
come può il poeta
coltivare i suoi cento acri
se è perso nel suo Berg
e nello shummulo
che con un misto di
corni, fagotti e Ellie Goulding
ostinatamente fa sul tuo
tergo così come
intende la carne
Merleau-Ponty e lo stesso
mulino ad acqua, si
chiede sempre come
ti asciughi, ti porti le
pietre dal mare o ne
tieni una che piena come
le tue natiche
piegandoti la deponi un
po’ più in là
dove il tuo senso
naturale della postura
ha designato il punto
giusto per deporla?
In vita mia, questo si
dice il poeta, non ho
mai visto un podice così
come il tuo dopo
aver presupposto – non
avendolo ancora
visto – che fosse
proprio così, fosse la terra
che è, sarebbe della
misura agraria della
bisaccia, bisthes , o
visto che è un podice
femmina, bismori, perché
nello shqip, è
questa la tua lingua in
cui anche il culo
è femmina e lo chiami
prapanicë,
il poeta
quando pensa al tuo culo pensa al tuo
essere-femmina, che è l’archetipo sostantivo
prapanicë, che è un archetipo sostantivo
femminile, e dunque lo chiamerò anche
bismori, perché “mori” è femminile come il
tuo culo, e se vai a vedere anche lo shummulon
se non fosse uno schema verbale è femmina,
la pietra del mulino con cui moli il (-φ)
quando la fai girare non la tira il tuo essere-“mulo”,
che, nella lingua del tuo culo, fa appunto “mushkë”
ed è femminile come “prapanicë” e come “bismori”,
che, visto che sai suonarlo il mio Berg,
e io so suonare il tuo, arriveremo insieme
ad ararne, con lo shummulo giorno dopo
giorno, almeno cento di bismori fino a
che il passaggio nel sottopasso sarà ostruito
dal deposito di zenzero e miele e il poeta
non sentirà più il fruscio delle tue sottane
quando dopo aver fatto lo shummulo
ti poni a deporne la traccia con prapanicë[i]
messa ad est, che è all’alba, quando ascende per mostrarsi,
che il suo fantasma si fa irreprimibile e imperituro
da: Se fosse l’antologia dell’
Ide-Dukem (…l’apparire di Ide)
[i]
“Prapanicë” è
commutabile anche con “të
ndènjura”, che è proprio il “sedere”, il “fondoschiena”, e in più, oltre che
essere sempre femminile, è anche plurale; questo raddoppiamento del culo di
Ide, che è la macina dello Shummulon, poggia sulla qualità, sull’aggettivo, di
“fermo”, “immobile”, addirittura “raffermo”, di “i ndènjur”.
Questa (qua sopra che cammina nel prato) non è Ide Dafìnashitës Dafìnascìtës, quando apparve, era su un balcone; questo podice biondo ha, sì, l’immobilità dura e patagonica della pietra per lo shummulo, ma…non è quello di Ide Dafìnascìtës !