Ci sono tre tipi di poeti: quelli
che si fanno la cura di “spungille”,quelli che vanno a “pesce fritto” e quelli
che per ritonificare la vena creativa vanno a “cozza ammummula ‘nzalàta”.
9. A proposito di cozze, quando andavo
a Taranto, e alla libreria Mondadori che c’era dentro "Coin" vidi tutte quelle
copie incelofanate della mia Hit Parade
dello Zodiaco, Gremese 1991, mi vennero in mente le Ricette Immorali di Manuel Vázquez Montalbán, Feltrinelli 1992 , in cui c’era Paola Ruffo di Calabria e i
belgi vanno matti per le cozze, e non ti faccio un piacere singolare alla Harry
Mathews con la mia conterranea belga che a Taranto andiamo insieme a cozze?
19. Paolo Broussard e il tonno alla
calabrese di Pizzo con la cipolla di Tropea, e i cipullari di Castrovillari s’incazzavano.
Corollari.
1. Quelli che la parola innamorata
secondo voi se la devono fare una cura di spungille?
2. E pure quelli, in generale, della
Famiglia Raboni, e quelli della famiglia Porta pensate che gli basta una
teganata di pesce fritto?
3. Pensate che quegli altri della
Famiglia Fortini, come la intendeva Vassalli, pure vanno pazzi per il pesce
fritto, e se raccordano 'ste quattro famiglie con quella di altri Novissimi e
degli eredi, fanno riaprire “Pesce Fritto” a Taranto, che quando ne elogiò la
pratica Edoardo Raspelli su “La Stampa”, mi pare, dove, nell’altro supplemento
settimanale, tenevo la rubrica dei Test, presi l’Intercity Reggio
Calabria-Taranto per fare in fretta e “Pesce Fritto” era finito, chiuso!
4. E allora mi venne in mente quella
volta a Milano quando passai un pomeriggio intero a far la lode, manco fossi
discendente di Ainea, che, italianizzato, è questo il cognome di mia moglie, a
Milano, c’era quella primavera lieve, e in un’aiuola accovacciati io e Nadiella
Campana a cozza ammummula che uno che passava e ci vedeva ridere in quel modo
pur essendo un meneghino dop non avrebbe non potuto pensare che, per darci
tutto quel gaudio, per forza a cozza a mummula stavamo alimentando la nostra
pulsione orale.
5. A Lacan pure piaceva la cozza a
mummula.
6. A Verdiglione la sardalaccia. Non
certo la sardicella.
7. A Freud l’insalata delle seppie con
tutto il nero.
8. Franco Cavallo, napoletano che
poteva farci? Cozze impepate.

10. Da Taranto una volta mandai una
cartolina al mio caporedattore a “La Stampa” che aveva mangiato pesce nel paese
dove mi hanno cambiato il nome e lo stato di famiglia ed era stato
corrispondente dall’Argentina, un po’ come mio nonno: “I poeti che stanno a casa
in famiglia(Raboni, Porta, Famiglia Anceschi, Fortini) non sanno che cos’è la
cozza ammumula. Quelli che stanno fuori famiglia e la cozza ammumula non è che
la puoi preparare su due piedi e fuori casa, nemmeno la cura di spungille si
possono fare.”
11. Nico Orengo, mi pare, una volta mi
fece l’elogio della triglia, che piaceva a mia suocera. Ma francamente non
ricordo se era già al supplemento dei libri de “La Stampa”. Ma mai a pensare
che gustava la triglia a Ventimiglia.
12. Klelia Kostas, che non era poeta e
quindi non c’entra con il pesce fritto, e nemmeno con le cozze: Klelia, quante
volte abbiamo mangiato insieme, a casa tua e fuori, ma, scusami, ma non ti ho
mai visto mangiare pesce, e nemmeno cozze impepate, a Torino, neh?
13. Con la mia amica pittrice di Sanremo
e di Baghdad, una sera, con la musica dei Pink Floyd sotto, parlammo delle
spungille, altro che sushi.
14. Camillo Pennati secondo voi, visto
che il pesce fritto era per Raboni, lui, quando usciva da Einaudi, e quante
volte siamo andati insieme in un ristorante femminista a mangiare uova e
asparagi bolliti, e poi, sfiniti, di corsa a farci una teganata di calamaretti?
E Gavi?
15. Con Roberto Precerutti, quando
andavamo a controllare le bozze per L’arzanà
a Torre Pellice, forse una volta, passando per Pinerolo o forse è stato
quando andammo a Cavour, e io stavo a cazzo con lo stomaco, parlammo del podice
di quella che, tempo addietro stavamo pranzando dalle parti di via Cernaia, sì:
c’era un ristorante quasi all’angolo con Piazza Solferino, questa si alza e a lui (
il poeta della “trappola del sonetto”), che è di fronte al suo tergo, gli resta di
traverso in gola una spina di sarda.
16. Paola Pitzianti, che non era poeta,
pittrice dei nodi con filo rosso e foglie, era sarda.
17. Mario
Grasso, di sicuro, non ha mai fatto la ghiotta
con una sola sarda: “Non fari a ghiotta ccu ‘na sarda sula”, la pietanza a base
di pesce, e il poeta del golfo di Catania dice che per fare la ghiotta ci vuole
pesce di scoglio, altro che sarde. E tira nella rete Giuseppe Biundi, con il
vocabolario siciliano-italiano del 1837.
18. Il poeta che cummina na ghiotta usa pesce diverso, e mischia anche mari diversi,
vuoi vedere che V.S. Gaudio, quando inventò la Stimmung, la creò, essendo freudiano di sotto e di nome, come se
fosse l’azione sintomatica dell’agghiotta, V.S. ca cumminò na ghiotta!
Che disastro…

20. Avrei voluto chiedere a Nadiella
Campana, a cui io ho dato il nome “Nadia”, così la chiamavo, e lei si girava: a
dicembre, per via di quella luce, ti risulta che Emily Dickinson abbia mai
potuto intravvedere il bagliore ainico
della cozza ammummula?
21. Per fare l’insalata di cozza
ammummula ci vuole la maestria di Marisa Aino.
22. Un poeta senza cozza a mummula è
come un poeta della parola innamorata e i lirici nell’antologia di Domenico
Cara.
23. Un lirico con poco sale di
qualsiasi Famiglia manco a pesce fritto a Rapallo.
24. Franco Verdi e le sarde in saor
alla veneta. Quella volta a casa sua a
Verona vennero l’esercito, uno dei carabinieri, sette degli ospedali, tra
infermiere e medici,qualcuno del corpo forestale e nemmeno un poeta, escluso
lui e V.S., manco quelli di “Anterem”,
più Giorgio Bellini e Silvano Martini di Flavio Ermini, e allora del Bianco di Custoza non ne lasciammo nemmeno una bottiglia per
Adriano Spatola, che sarebbe passato da Verdi la settimana dopo.
25. Alberto Cappi, mai visto mangiare
pesce.
26. Nemmeno Simonetta Molinari, che, non
sono sicuro del vitigno, a Valpolicella bisognava starle dietro, e avere il mezzo
passo di Hemingway.
27. Una
volta andammo al Burghy a Bologna, io, Nadiella Campana e Silvia Zangheri. Ah,
quelli del Burghy erano ad hamburger e a patatine fritte. E Coca Cola. E Silvia
che disse a Nadia: “Cos’hai fatto alle scarpe? Hai sbagliato tintura del
diavolo?”. Aveva le scarpe spaiate, di
colore. E a ridere, e, ammiccando a Nadia, dissi a Silvia: “Sì il diavolo c’entra
ma è per la cozza a mummula!”
Commenti