Uccello da preda e la sorella del poeta Ariete. Che veste Prada


Il bianco dell’occhio del poeta Ariete è spesso iniettato di sangue, lo chiamo "occhio d’aquila", penetrante e beffardo. Le sopracciglia sono folte, a volte cespugliose, molto basse sugli occhi. Si aggrottano facilmente, s’inarcano nel parlare e si abbassano subito. Quando verseggia, si inarcano subito e si abbassano quando verga. Una volta ho conosciuto un poeta dell’Ariete, non era Carlo Cignetti, questo è sicuro, che aveva la radice del naso molto in alto tra gli occhi, e gli occhi erano molto ravvicinati. Un naso aquilino, grande, arcuato, appuntito. Uccello da preda. La sorella vestiva Prada(1). Il naso di Pulcinella, una volta, citando Max Jacob(2), ebbi a dirglielo. Narici aperte, dilatate. Voce squillante si incazzò. E io pensai a come camminava sua sorella: testa eretta, gettata all’indietro, indomabile, era molto lasciva, una grande zoccola, anch’essa dell’Ariete. Poi seppi che erano addirittura gemelli. Quindi non mi ero sbagliato sull’uccello da preda. Era molto alta, con un petto alla Serena Grandi. Grazie a Dio, non scriveva poesie, e nemmeno aforismi. Anche perché era precisa nel linguaggio, parlava sempre a voce alta, anche di notte, a letto, e nelle altre stanze: parenti che stanno dormendo, parlava a colpi di scudiscio, e, questo mi faceva impazzire, detestava le scene commoventi, aveva orrore della contemplazione e quando le dicevo che stavo leggendo un poeta della parola innamorata si allontanava ridendo, mi chiamava e mi faceva il dito medio. E io le facevo il gesto doppio con le mani per dire che significa? E lei gridando: Se vuoi rincoglionirti prima che venga maggio…Vuesse: io pensavo che eri un indefesso praticante della battaglia dei Gesuiti

    (1)   Non era certo come Anna Hathaway in Il diavolo veste Prada, anche perché lei era la sorella dell’uccello da preda. 
      (2)   Cfr. Max Jacob, Specchio d’Astrologia, Adelphi edizioni, Milano 1978.