c|Nell’inchiesta
sull’intelligenza, fatta per “Astra” negli anni ottanta, Vuesse Gaudio rilevò
che il poeta Vergine esprime, sul piano intellettuale, il lavoro contingente e
tecnico, la realizzazione. Splendida commistione di Mercurio e Saturno, è
un’intelligenza critica, scettica, tutta ragione, osservazione ed esame
analitico. Sa concretizzare anche all’interno delle categorie dell’oggettivo e
del sociale. Ha un’intelligenza a tendenza concettuale
astratta, ma dotata di un robusto buon senso e una notevole intuizione
pratica. Nella classifica di Binet, rappresenta, naturalmente, il tipo oggettivo e cosciente: l’uno nota e registra i dati, l’altro ragiona e indaga
per la soluzione adeguata.
Per il fattore-Saturno alto, Goethe e Cesare
Pavese.
Barberi Squarotti vs Ripellino in: V.S. Gaudio, "Cronorama" nn.40-41 pagina 44 |
Per il fattore Saturno-Urano, Giorgio Bàrberi Squarotti: “(…)c’è un puro
parallelismo enumerativo di percepiti che si propongono come reazione
riflessiva derivata dalla percezione originale, il processo di attualizzazione
risponde delle occasioni d’esperienza, da cui l’immanenza contrassegna la
struttura vettoriale di una forma
soggettiva che contraddistingue, in quel dato spazio-tempo, Barberi
Squarotti. Tra apparenza e realtà, in Laberinto
d’amore non c’è metafora, vuoi che sia intesa come “rapporto d’analogia”
alla Aristotele vuoi che venga ad intenderla Richards come ornamento o che
Perelman & Olbrechts-Tyteca ce la diano come rapporto tra tema e foro: in Laberinto d’amore, nel
costituirsi delle occasioni, l’apparenza ha una sufficienza di coordinazione
tale da diventare effettiva; qui, seguendo il capitolo XIV di Avventure d’idee
di Alfred North Whitehead, potremmo radicare ogni sorta di implicazioni, e
allora diciamo che l’apparenza si spoglia del carattere di derivazione, vive
nella nostra coscienza come il mondo che ci viene presentato per il nostro
godimento? Ecco il primo indizio. Una forma soggettiva, spinta da un principio
di finalità, ha bisogno di aggiungere sottigliezze al contenuto dell’esperienza,
cioè va alla ricerca di fusioni metaforiche, provoca un processo di
accostamento che si muove dall’analogia fino a consacrare, in un legame
simbolico, i rapporti stretti tra tema
e foro. (…)
La metafora,
dunque, vige quando il principio di finalità abitua il tempus (sensu H.Weinrich) all’orizzonte del percipiente. In Laberinto d’amore, la immanenza delle
occasioni contemporanee si congiunge all’immanenza del futuro e del passato nel
presente, questa immanenza mostra una relazione simmetrica di indipendenza
causale.(…)
c’è il bagno, ecco i corpi appesi, le mani con tre dita
il piede mozzo,
e tutti i profumi d’Arabia e altrove, in fretta, cara,
riempi di nuovo la valigia, ecco l’abito
giallo con le farfalle e i capelli appesi con gli
spilli ecco la,
prendi il punto cardinale il poco lume la Vergine sul
fianco o il Toro,
l’Astro Felice il miele il libro d’ore il latte per
lo stridor di denti e: ecco il mio volto è pronto, la
stampa in ordine,
ma già la sete, ed è già tardi, ecco i capelli e gli orecchini
e
etc.
[da: Giorgio Barberi
Squarotti, Un altro luogo, in: Laberinto d’amore, Napoli 1973]
spazio ottico / spazio tattile in Laberinto d'amore di G.Barberi Squarotti: pagina 40 di "Cronorama" n.40-41 cit. |
Il mondo, come
unità si divide in una varietà di aspetti, si moltiplica perché non ha tempo
oggettivo; l’esperire, diciamolo, non comprende la spazialità del mondo, e la
topografia della sensazione descrive, rappresenta loci proprio perché incontra
nell’altro il tempo personale(quello
dell’io), che apre così il proprio orizzonte al possibile: tale reversibilità
rende univoco il momento dell’esperienza sensoriale, di fronte a una cosa l’io
si sente parte di una relazione in cui l’oggetto è l’altro, e viceversa.
Ebbene,
gli oggetti percepiti( o dovremmo dire le fantasie, le immagini?), disposti
così in un orizzonte che ha catapultato sull'altro la misura e
l'ordine della temporalità dell'io, si danno con una simultaneità che, infine,
li interconnette togliendo loro il campo semico che li omologa al proprio
orizzonte. Si può dire che ogni sequenza (sintagmatica) perde il suo sema
contestuale, e lo perde perché, per conservarlo, una sequenza deve consumare i
propri lessemi in un ordine temporale che strutturi la significazione in quella
omogeneità semantica che è data dalla sintassi(ordine temporale) del mondo. Una
sequenza sintagmatica ha un tema contestuale, in altre parole,
perché traduce la distanza con cui appare l'altro, nel campo del visibile:
c'è una sosta instabile però che lievita tra l'orizzonte aperto del continuo
ottico e questo io che si muove verso l'altro, lo spazio ottico,
dice bene Erwin Strauss, è aperto al futuro. Nel Laberinto d'amore, lo spazio ottico
ha perso il futuro della distanza dell'altro, ogni sequenza sintagmatica
risponde da un afferrare immediato che rifiuta la stabilità del classema(che
ogni lessema trascina dietro), ogni sequenza reitera avvicinamenti e
allontanamenti, il movimento sembra completarsi in una immediatezza tattile
che, se addita la funzione del reciproco, la "relaziona" alla
funzione della persistenza.
In tal modo, il
futuro che la temporalità, come aspetto modale della vista, ha perso collima
con il contatto che la spazialità, come aspetto modale del tatto, ha
guadagnato: la simultaneità reca la contiguità degli elementi di un campo semico(il
campo semico, in un testo poetico, non può che essere relato dall’incidenza di
tutto il testo) proprio perché attenta all’ipotassi che ne dovrebbe collegare
le parti. Invero non sembra che rechi una colossale sineddoche al rovescio? “ (1)
(1) da: V.S.
Gaudio, Viaggio straordinario, in compagnia di Gustave Guillaume, Alfred North Whitehead, Gérard Genette, Erwin Strauss, Darko Suvin e altri, nel
Laberinto d’amore di Giorgio Barberi Squarotti, con Lo splendido violino verde
di Angelo Maria Ripellino, in “Cronorama”, anno XIII, n.40-41, Luglio-dicembre
1985:pagg.36-45.