La mia amica poetessa della Bilancia non era Louise Brooks.



Questa è la cover della Collection Folio del 1986 e naturalmente quella a cui ci si riferisce nel testo non può essere che quella © Mercure de France 1979 che il poeta aveva nelle scatole lasciate nella cantina di Klelia Kostas a Torino e che poi l'erede della pittrice non ha mai restituito al legittimo proprietario



dLa mia amica poetessa della Bilancia che non aveva letto Le navire night della Duras t
La mia amica poetessa della Bilancia fuma sigarette americane. Giudica rapidamente un libro nuovo, anche a pagamento, rimpiange l’antico modo di scrivere, tira sempre fuori Emily Dickinson e francamente dopo un po’ mi son rotto il cazzo, allora: Silvia Plath. E ti pareva! Mi fa leggere Passio laetitiae et felicitatis di Giovanni Testori, e dentro dimentica la sua fotografia in bianco e nero sulla spiaggia d’inverno a Rimini.
Però analizza le situazioni, fa progetti…e se me ne vado a Milano ed entro nella combriccola della poesia innamorata? Che dici? E se ti tagli i capelli e fai Loulou Brooks, le rispondo, non trovi che li fai arrapare tutti quegli ammosciati eterni?
Allora si alza, si fa una toilette artistica, tra cinema e poesia del cazzo lirico, torna a provare la 17 o la 40 per me, ma scoppia a ridere e: Vuesse, sei impossibile, con te niente mi viene bene!
Fuma, riprende in mano un libro. Ah, la poesia innamorata…altro che quei Novissimi rompiballe, non trovi?
Io: chi ti rompe le balle di più tra quelli? E lei: come chi? Ma quel Porta, no, Dio…e poi ce l’hanno messo al posto di Guglielmi, dai, non lo sopporto!
Due minuti dopo prendiamo un taxi e andiamo all’albergo dell’Orologio che deve consegnare un catalogo a un noto pittore straniero che ieri ha conosciuto in una nota Galleria d’arte.
Questa sera, mi dice durante il tragitto, voglio pensarti tra una coppa di champagne e l’altra e poi, dopotutto, la vita è bella, perché prendersela? Stasera, vedrai, quando gli amici saranno andati via, mi toglierò i pantaloni rossi esponendoti chiaramente i miei progetti e forse ti parlerò del film di Nagisa Oshima, per il quale mi hai chiesto un pezzo per la rivista che stai progettando, come hai detto che si chiama? Oh…Ah…ah: Uh! E poi, da cosa nasce cosa, e finalmente vedrai, quella benedetta 17 vedrai come te la realizzerò per il gaudio assoluto o quantomeno relativo…Allora, su, ci sei? Che cosa decidi: 17 o 40?
Ebbene, cosa vuoi che decida tra questa finestra che dà su via Barberia e la porta che dà sul corridoio e le tue mutande nella libreria, se vai a vedere: le hai messe ad asciugare sull’opera completa di Emily Dickinson e perché non su Le navire night, con dentro Aurélia Steiner,  di Marguerite Duras?
Oh!ma neanche per sogno, me ne strafrego di tutto, anche del Poeta a New York di García Lorca adesso mi metto secondo te anche le mutande e, per finire, leggo le tue quattro raccolte condensate, che manco alla “Selezione dal Reader’s Digest”,  nella stessa collana dei “Quaderni della Fenice”?
E se ti tagli i capelli
e fai Loulou Brooks
(...)
Un bel giorno, la mia amica della Bilancia, che non ha viaggiato mai in vagone letto né con me né con altri, nemmeno con qualcuno dei poeti innamorati, che, loro, si sa, vanno solo in bicicletta e come la vedevano le dicevano ah, le campagne romagnole, e lei se non poteva mostrargli il dito medio diceva tra sé e sé: che testa di cazzo innamorata naturale! Un bel giorno, allora: traduce alcune poesie di Emily Dickinson per l’editore che poi pubblicherà anche l’ Emily L. della Duras e gira col caschetto di Loulou Brooks e si fa chiamare non più con il diminutivo, come era uso da sempre, anche nel certificato anagrafico, ma come la chiamavo io. La mia amica poetessa della Bilancia, unica novità, si era messa a correre sulle strade in tangenziale a Milano. Un po’ prima aveva fatto in tempo a lasciarmi un messaggio alla redazione di “Topolino” alla Mondadori: “Paperinik, sai quanto ho fatto nel test della Bilancia? 40: che vuol dire, Vuesse?”