1.L’ENERGIA DISCENDENTE IN JONAS BARN SNOW DISCO
In “Jonas Barn Snow Disco”, il viso della figura, appoggiata allo stipite del granaio, che guarda con sorpresa fioccare la neve è quello che definirei un “punctum meridianico”, in questo senso: come il meridiano Yang dello stomaco ha una energia discendente che dall’angolo inferiore del mascellare inferiore prima avvolge la cavità orbitaria, la commissura delle labbra, il collo, la clavicola,il torace lungo la linea mamillare e l’addome, poi volge verso il lato esterno della coscia e della gamba, sino al collo del piede. E’ un punctum, questo meridiano dello stomaco, implosivo: ha dentro la n.35 del Foutre du Clergé(1790), denominata “La sentinella”(:”quando si teme di essere sorpresi in flagrante delitto, la porta semiaperta e lei si appoggi allo stipite, con la testa rivolta fuori e il corpo dentro la stanza”): d’altra parte, “to snow”, nello slang statunitense, non è “ingannare”? E la connessione tra snow e disco non fa sottentrare l’immagine di un disco di neve che “ingrandisce a dismisura” lo “snow”, l’”inganno”? Comunque, anche dopo questa seconda lettura, non so se McGinley fotografi nudo.
2.IL FOTOGRAFICO E IL SIGNIFICANTE DI DEPLEZIONE
Non si può dire che, in “Jonas Barn Snow Disco”, non ci sia il “FOTOGRAFICO”, che, direbbe Barthes, è diverso dalla fotografia: come il filmico non può essere colto nel film “in situazione”, “in movimento”, “al naturale”, ma solamente in quell’artefatto maggiore che è il fotogramma, cioè il “FOTOGRAFICO” si offre come il “dentro” della fotografia, come il “centro di gravità” di Ejzenstein, che è all’interno del frammento, negli elementi inclusi nel fotogramma. Il centro di gravità, o il FOTOGRAFICO, non fa staccare dall’immagine chi guarda: qualcosa che è smussato, ed è di troppo,liscio e inafferrabile, mi prende, come lo stesso désir che il personaggio contiene, inquieto e incerto, sospeso, indifferente alla storia e al senso ovvio della scena, un “SIGNIFICANTE DI DEPLEZIONE” che è lì, è il “FOTOGRAFICO” di J. che attiva il senso ottuso e che, qui, mantiene il poeta-visionatore in uno stato di eretismo perpetuo: se potesse capire o rendere ovvio questo senso, il suo desiderio giungerebbe “fino a quello spasmo di significato, che, di solito, fa ricadere il soggetto voluttuosamente nella pace delle dominazioni”(Roland Barthes, L’ovvio e l’ottuso, trad.it. Einaudi, Torino 1986: pag.59).
Commenti