La misura del linguaggio




La misura dell’avventura, il fantasma irreprimibile


La misura del linguaggio per quell’ineffabile sfuggito al silenzio mistico della donna di Chambéry al reading dei “Piaceri Singolari” di Mathews ha l’esattezza della sua singolarità, nota musicale o semplicemente unica cloche che verrà risuonata una sola volta attribuendo così un senso alla sorpresa, a quella repentinità.
Il Grand Carillon di Chambéry erige, fa ripetere più volte, l’ineffabile, dicendo che il senso deve essere svelato e la profondità resa pubblica, correlata alla simulazione.
Di fronte all’evento, l’istante H, il Mu buddista, il satori zen, l’avventura accade, come dice Barthes, più al linguaggio che al soggetto.
L’infinito del mondo, che è nella quantità, nella dispersione e nella brevità di haiku, sta nel tempo degli haiku che non ha mai un soggetto definito: quel reticolo di gemme che è il corpo collettivo degli haiku è questo reticolo di piaceri che è il corpo collettivo delle donne di Chambéry, in cui ciascuna gemma rispecchia tutte le altre senza mai che si possa afferrare un centro, un nucleo primario d’irradiazione, un archetipo, che, sì, è costituito dal vuoto speculare di quella donna che svelò le modalità o alcune modalità del suo désir o del suo quadro fantasmatico ma che, non avendo un’identità esplicita, come non lo ha il fantasma di chi scrive, pur avendolo costituito dallo specchio dei vari bonheur avuti, dei vari istanti H: sarà la totalità delle altre donne di cui questo soggetto che scrive non è mai altro che il luogo di lettura.
Lassù, al mercato, in strada, in un bar, in un negozio, in un treno, in un autobus, avviene sempre qualcosa.
Questo qualcosa è di ordine infinitesimale, sono avventure dell’anima, la cui accumulazione durante un tempo in determinati angoli stagionali provoca una sorta di ebbrezza erotica che non ha mai niente di pittoresco né di romanzesco.
Ciò che queste avventure offrono alla lettura è la fermezza della traccia, senza sbavature né margini, scrittura alla prima di corpi in cui il Bonheur in qualche modo ti ha urtato o che in qualche modo finirà con l’essere ripetuto un’altra volta e allora sarà il fantasma irreprimibile, che, senza abbandoni o rimpianti, tentativi di correzioni impossibili, si esprimerà semplicemente, e semplicemente sarà Bonheur.
Lassù io non sono un visitatore, sono un lettore.
Del piacere singolare che si sta facendo.
O si sta facendo fare.
O che si farà fare.
Ogni samedi il Grand Carillon annuncia per i due Angelus che la disseminazione del Bonheur è stata fatta.
Buona lettura!

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