│M’ARRISCHIO
Decido il prosieguo fra ore segnate
e non si sente mentire che un ritmo
schiacciato all’orecchio come sbando d’ipotesi
M’arrischio nei rovi sepolti e nei gerbidi a coltre
Inespresso limite che non supero
Almeno i pettirossi si fermano a scrutare pendii 
sventrando smemorati silenzi
La volta buona che rimango seduta a ghiacciare
dentro
senza coraggio di fare altro 
Di tanto in tanto sibila un gioco di luce che scalda
tiepido arranca su per il tronco afflitto 
Risalgo in apnea
non impavida, ma genuflessa
E detesto rendermi sola come buco 
senza roccia attorno
Ho sentito dire che qualcuno ce l’ha fatta
ad uscirne vivo 
Ma senza più rose sul pergolato 
│HO PRESO A CREARTI SFONDI 
Ho preso a crearti sfondi di remore
e cattivi consigli da impartire
Ho preso un lembo di spazio cruciale
e l’ho ricucito sui dubbi 
Eppure mi restano ancora le piaghe
del martirio, ingrate le lodi al dissenso 
Le piccole assenze nel mare d’inchiostro
affrontato 
Legàmi attendono 
le orme imprecisate delle foglie, sul cielo di nubi 
bianche sono le cento colombe sfilate 
di volo in volo sui possibili venti. 
Detraendo ai semi dell’estate un inverno 
calcificato, si desta in me la rabbia 
di un’assoluta mancanza dell’Altro
In me niente sembra essere catturato
e distrutto
Può essere anche che un falco radente 
il suolo si spezzi il collo, oppure risalga 
la china e buchi la luce come un dardo
Scandendo un grido potrebbe salvarsi
come me 
In tarda mattina - qui - ad accendere lumi
sul dorso del sole
│È IL FUOCO 
È il fuoco. Brucia pezzetti sottili
d’acqua solida
Nel ventre auscultato dai polsi
le macchie non diradano
i confini fitti
dell’essere respinta dal Cielo
Coltri mummificate di gloria
accantonate come sacchi vuoti
Neutrali assiepamenti di importanza nulla
Ritento ancora nell’immergere le spine
ai piedi del lago vivente che mi accoglie
Robuste nervature sul collo
mostrano il volto 
Tra le dighe il bisbiglio tremulo
della voce che mi salva
fra le nebbie e le catene
fra le notti e i giorni
in deposito nel freddo
Ho pensato che le foglie non
volessero posarsi più
Né che le rane d’acqua volessero
cantare
Sui prati i grovigli di gelo e sotto
le mie ossa
a far da letto al corvo
Rotonda matassa il destino
come le frecce nell’aria a disegnare
intrighi
E non si sa il perché non voglia più cantare
quel merlo amico
dopo le mie corse da ferma a portargli pane
Assumo contraffatte pose
per dimenticare il vento
che passa e passa
senza mai confidarsi
· [ Poesie tratte dalla raccolta
Scorrono le cose controvento, Lietocolle 2010 ] ·
La poesia delle pose contraffatte 
per dimenticare il vento
Lo stile della poesia di Federica Galetto, per certi
versi, mi fa inizialmente pensare all’adesività
e ai passi sintagmatici, tutti fatti con l’archetipo del caldo e dell’intimo, di
Rosita Copioli, in cui, lo scrivevo negli anni ottanta, lo schema verbale è
quello del Penetrare; poi, questa profondità sensoriale – che è sempre connessa
alla pluralità visiva – non è più visibile, e allora mi fa pensare allo schema
verbale Separare/Mescolare per questa misura dell’Altro- come mondo che si mostra ma è però udibile- che è, sì, sensoriale
ma è anche diacronico, e però è immediato: diciamolo subito, Federica Galetto è
dentro la Struttura Mistica che fa interagire l’Altro e la sua forma soggettiva,
ma l’Altro, che vediamo, ora di lato, ora davanti, ora obliquo, ora di spalle,
non ce lo fa raggiungere, tanto che si pensa a un certo punto dov’è finito ‘ché
non lo si vede più?, e invece è lì che si muove con i sintèmi della coppa, dell’isola,
del miele, e della pietra, con lo schema verbale del regime diurno, quel
Separare/Mescolare che afferisce non alla struttura Mistica ma a quella
Sintetica, tanto che quelli che sono i simboli e i sintèmi sunnominati
confluiscono tutti nell’Androgino della struttura Sintetica, in cui l’archetipo
sostantivo è il fuoco o l’albero, un Dio plurale, che, lo si scopre a star
dietro all’oggetto a di Federica
Galetto, è il vento, perché, non ve
ne siete accorti, avete visto che allure hanno i suoi epiteti per  come stanno addossati allo schema verbale, e
vanno in avanti/indietro? Che, detto
tra noi e l’antropologia dell’immaginario di Gilbert Durand, è l’archetipo
epiteto connesso al Dio plurale, al fuoco e allo schema verbale
Separare/Mescolare, ma , per l’oggetto a del
poeta e la forma soggettiva del suo stile, della sua allure, è il vento. Altrimenti perché allora quelle
pose contraffatte della forma soggettiva del poeta per dimenticarsene?
Poeta 
Regime  | 
  
Mara Cini  
Regime diurno 
 | 
  
Giulia Niccolai 
Regime diurno 
 | 
  
Rosita Copioli 
Regime notturno 
 | 
  
Federica Galetto 
Regime notturno 
 | 
 
Strutture 
 | 
  
Schizomorfa 
Geometrismo 
 | 
  
Schizomorfa 
Diairesi 
 | 
  
Mistica 
Adesività 
 | 
  
Mistico/Sintetica 
Geometrismo, viscosità, realismo sensoriale 
 | 
 
Riflesso dominante 
 | 
  
Dominante di Posizione 
 | 
  
Dominante di Posizione 
 | 
  
Dominante Digerente 
 | 
  
Dominante Copulativa e di Posizione 
 | 
 
Schema verbale 
 | 
  
Separare 
 | 
  
Distinguere 
 | 
  
Penetrare 
 | 
  
Separare/Mescolare 
 | 
 
Sintémi o Simboli 
 | 
  
Il sole 
Il recinto 
L’occhio del padre 
 | 
  
Lo scettro 
La freccia 
 | 
  
Inghiottitori e Inghiottiti 
La caverna 
L’isola  
Il Miele 
La Pietra 
 | 
  
Inghiottitori e inghiottiti 
Il miele 
La Pietra 
Il recinto 
L’androgino 
 | 
 
Archetipi sostantivi 
 | 
  
La luce 
 | 
  
L’arma eroica 
 | 
  
Il microcosmo 
 | 
  
Il Dio plurale 
Il Fuoco 
L’albero 
Il vento 
 | 
 
Archetipo epiteto 
 | 
  
Chiaro/scuro 
 | 
  
Alto/basso 
 | 
  
Intimo 
 | 
  
Intimo 
In avanti/indietro 
 | 
 
L’Altro
  e gli Erlebnisse 
 | 
  
L’Altro
  è persistente come se fosse soltanto mondo visibile:l’Erlebnis della Cini è come se fosse l’occhio che identifica e stabilisce
  (l’Occhio del Padre?) 
 | 
  
L’Altro
  è un personaggio di cui ha evidente esperienza in prima persona: anche se a
  distanza l’orizzonte è a portata di mano, come se la freccia fosse l’Einfühlung 
 | 
  
Rappresentazione di un Altro sensoriale e immediato, ma anche eterogeneo: gli Erlebnisse della Copioli operano in
  modo cinestesico, toccano, gustano, odorano, vedono… 
 | 
  
Diacronia immediata dell’Altro: l’Erlebnis opera
  con  una forma soggettiva a trazione
  mistica ma con uno schema verbale sintetico, oppure, o successivamente, lo
  fa  invertendo i principi: trazione
  sintetica, archetipi sostantivi notturni e schema verbale diurno 
 | 
 
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Federica Galetto