1. Lo stile di Alejandra Pizarnik [ cfr. Alejandra Pizarnik, La
figlia dell'insonnia, Crocetti 2004]
è tutto nell’esagramma 33.Tunn: sopra, il Cielo;
sotto, il Monte: la forza del sintagma in ombra che ascende, il ritirarsi, che
è il cielo che, in quanto paradigma, si fa distanza, uno stato irredento
dell’identità di percezione, che, è dal sei al secondo posto, quello della
carica connotativa, si fa assoluta, come se fosse vincolata “con giallo cuoio
di bue” e nessuno è in grado di strapparlo. L’identità di percezione nel
ritirarsi, nella ritirata serena, che è, appunto, il cedere; questo vuol dire
che la brevità del verso, che è un po’ il fiato corto del percepire,
avanza e cresce, e resta presso la coda, lì all’inizio dell’esagramma, quando
il codice non è proprio ristretto ma non è nemmeno elaborato.
La poesia di Alejandra Pizarnik è così che è fatta: dal lato del rosso carico, c’è il freddo, il
ghiaccio, e anche un buon cavallo vecchio o selvaggio che sia; sotto, è come
essere per sentieri montani, piccoli sassi e un cane che fa la guardia, e,poi,
a ben guardare, una serie infinita di porte e di aperture, che non sai mai se
siano nel senso o, tonde, nel sintagma, ma nel sintagma che sta nel trigramma
superiore, nel cielo, che è diritto, è il drago, è la sopravveste, è la parola.
Intelligibilità alta:linea intera sopra
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¾
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Complessità bassa:linea intera al 5° posto
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¾
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Ambiguità alta:linea intera al 4° posto
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¾
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Pregnanza alta:linea intera al 3° posto
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¾
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Carica connotativa buona:linea spezzata al 2° posto
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- -
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Codice non elaborato:linea spezzata all’inizio
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- -
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2. Un po’ come Anna Malfaiera, Alejandra Pizarnik sembra che faccia di tutto
per moderare o, addirittura, nascondere uno stile robusto se non sublime: lo
stile, più che sottile, è elastico e, più che solido, è resistente; è dentro un
Regime Notturno, ma non con l’adesività che in Italia ha Rosita Copioli, i cui
passi sintagmatici hanno più che l’archetipo del caldo una sorta
di intimità vissuta in superficie[ii]; l’intimità sintagmatica di Alejandra Pizarnik non si virtualizza con lo
schema verbale del Penetrare, ma è come se, per il trigramma inferiore che
rattiene il codice, la carica connotativa e la pregnanza, l’intimità
sintagmatica della poetessa argentina avesse una dominante di posizione
connessa all’archetipo epiteto dell’ intimo; per questo, il suo alter ha una
sensorialità immediata ma viepiù diacronica, e, viceversa, sembra persistente e
visibile, ma in realtà la struttura schizomorfa del separare/mescolare ne
sta facendo una sorta di archetipo sostantivo tra l’ androgino o il dio plurale, fuoco o
albero che possa essere.
Per questi sentieri, si approda ad un paradigma che
contiene la levigazione, che ci lascia intravvedere uno sviluppo estetico delle
fantasticherie relative allo sfregamento: “Vesta non solo è la dea del focus, ma anche
del pistrinum, il mulino da cereali ed olio della casa romana”[iii]. Così, se Giulia Niccolai usa la freccia, o il baculus, la Copioli
l’aratro, senza che si vada di nuovo a far girare la “rota Vergilii”, Alejandra
Pizarnik usa il pistrinum, che è come dire che nella sua poesia “il mulino primitivo si vede
contaminato dal fuoco grazie allo schema dello sfregamento ritmico”[iv].
Lo sfregamento ritmico nel Regime Notturno non ha mai
a che fare con la melodia; d’altronde, è il tamburo, come tutte le cose che
stanno in alto, che, in forma di clessidra, è il cielo, il trigramma superiore,
e la terra, il monte, il trigramma inferiore, e che nel campo dell’altezza del
suono sta tra la voce della donna, che è la poetessa, e la frase, la parola,
lui che è il suono grave della voce dell’altro; pare che si stia suonando il
tamburo demiurgico o sfregando l’arpa-liuto.
Tra il fuoco, l’attrito e il girare, la sessualità e
la musica, il pistrinum stilistico di Alejandra Pizarnik ha qualcosa del teatro di Antonin Artaud,
è nella verticalità del significante e nella fallicità dell’albero, ed è nella
misura del tempo che il pistrinum , come la ruota, l’albero, il legno
o la croce, non cessa mai di produrre un fuoco irreversibile.
Come il mio grido che cessa di girare su se stesso
quando recito ma che risveglia il suo doppio sorgivo nelle mura del
sotterraneo, e questo focus del pistrinum è come il doppio è più di un’eco, è il ricordo di un linguaggio di cui la
poesia ha perduto il segreto.
Grande come una conca si può tenere nel cavo di una
mano, questo segreto, diceva Artaud[v], e tutto ciò sarà prossimo a un grido enorme, a una sorgente di voce
umana. Una sola e isolata voce umana, come un guerriero che non avrà più
esercito, la poesia del pistrinum è come una grande veglia, dove sono io a guidare la fatalità, soffio a
soffio e tempo a tempo, lo sfregamento ritmico del pistrinum è il grido
che ho sognato, e per farlo passare, bocca a bocca e soffio a soffio, non
nell’orecchio del lettore ma dentro il suo petto, e quando arriva suscita
dapprima un fondo di silenzio, di silenzio che si contrae, poi il rumore di un
cielo che si apre sul monte, un rumore d’acqua, perché il rumore è legato alla
poesia, e così che in ogni vera poesia procede il ritmo bene inteso, lo
sfregamento del ritmo, il pistrinum.
3. Tra la pregnanza e l’ambiguità, cioè tra la linea al 3° posto e quella al
4° posto, dove il monte fende il cielo c’è tutto il peso e la densità rarefatta
della poesia di Alejandra Pizarnik.
Come un centro di gravità che non favorirebbe
relazioni ordinative come la simmetria, la continuità e la transitività.
Le mutazioni semantiche, lo si sa, si possono
caratterizzare in due modi: qualitativamente secondo la loro natura e
quantitativamente secondo la loro importanza. Alejandra Pizarnik fa fare sempre
un salto verso una maggiore distanza tra gli elementi di una definizione e
quindi affina la densità, con l’uso della preposizione “en”, che, nella tavola
delle preposizioni in spagnolo di cui a Brøndal[vi], è nella casella che connette la relazione asimmetrico-simmetrica con la
transitività, un po’ come si fa anche con “entre”.
Questa doppia relazione indica contemporaneamente una
direzione e la direzione contraria, esprime la nozione di ritorno al punto di
partenza nello spazio, nel tempo o in una serie, ma, allo stesso tempo, essendo
transitiva, la linea percorsa può simbolizzare l’attualità, l’imperfettività,
la durata; insomma, fa un tutt’uno con lo schema verbale del separare/mescolare ,
che è appunto iterativo ma non è reversibile.
La transitività asimmetrico-simmetrica della poesia di
Alejandra Pizarnik, tutta connessa al pistrinum che fa da “dominante di posizione”,
attua sempre un certo “geometrismo”, e voi vedete che l’orizzonte non c’è,
anche se, come in Mara Cini, “l’Altro è indicato come per esperirlo in
piena concretezza”[vii], la poesia transitiva asimmetrico-simmetrica di “en” e di “entre” tocca
nel visibile il reciproco della sfera tattile, che è attualmente presente nella
sfera dell’udibile.
Tra “Occhio del Padre” e “Recinto”, come simboli
asimmetrico-simmetrici e transitivi, quando l’immaginario non è però casto né
diurno, come quello, appunto di Mara Cini, va a finire che dovremmo fare una
capatina nel seminario di “ciò che entra nell’orecchio” di Lacan, per saperne di più sulla
levigatezza del sintagma o lo sfregamento ritmico di “en” e “entre”, che sono
speculari alle preposizioni intransitive “contra”, “hacia”.
Qui bisogna dire che il movimento accentato in una
poesia, che è dato dal rapporto formale e qualitativo delle preposizioni,
determina un centro di gravità che funziona come una sorta di bioritmo, i cui
cicli di armonia, simmetria, asimmetria, transitività, intransitività,
determinano l’andatura, lo stile, di quel fare poesia. La relazione
transitivo-discontinua che è valore base nella poesia della Pizarnik mi ricorda
a tratti certi punti della poesia della semplice integrità di Ginestra
Calzolari, forse quando l’io acrobata del testo risolve l’Ilinx della vertigine
e la boxe-orchidea della poetessa bolognese assume una posizione di guardia, e
ha una ragione di raccoglimento e la maschera afferra l’Ilinx, il centro di
gravità immobilizza l’identità di percezione[viii]?
[i]Per il metodo con cui si ottiene l’esagramma dell’I
King correlabile allo stile del poeta, cfr. V.S. Gaudio, Cesare Ruffato: la
semantica gergale e razionale dell’idioletto corporeo, I quaderni di
Hebenon, Torino 1999; Idem, Amelia’s Spring. La Stimmung con Amelia
Rosselli, “Zeta” n.82, Udine dicembre 2007.
[ii]Cfr. Vuesse Gaudio, Immaginario e fenomenologia
dell’altro, “La Battana” n.130, Riijeka ottobre-dicembre 1998.
[iii]Gilbert Durand, Le strutture antropologiche
dell’immaginario, trad. it. Edizioni Dedalo, Bari 1972: pag.334.
[v]Cfr. Antonin Artaud, Il Teatro di Séraphin, in:
Idem, Il Teatro e il suo doppio, trad. it. Einaudi, Torino 1968.
[vi]Viggo Brøndal, Teoria delle preposizioni¸ trad.
it. Silva editore, Milano1967: vedi Appendice.90.
[viii]Cfr. V.S. Gaudio, La poesia Wu Wang. La poesia
della semplice integrità e il ludus della vertigine, “Zeta” n.66, Udine gennaio
2003.