LA POESIA DEL VIANDANTE
E DELL’AMORE CHE ABITA NEGLI
OCCHI DI QUALCUNO
di
V.S.Gaudio
“Abita negli occhi di
qualcuno
l’amore non domanda
ma risponde,
come la poesia è voce
dell’attesa,
e la vita in versi
sai che non funziona
anzi fa acqua dentro
gli aggettivi.”
[Franco Tralli,Muove la Regina,
Imprimatur Bologna 2001]
1
La
poesia di Franco Tralli mi riporta a un mio saggio su Rabindranath Tagore,
pubblicato nel 1978 in
“Galleria”[1],
la rassegna bimestrale di cultura diretta da Leonardo Sciascia, Mario
Petrucciani e Jole Tornelli e che dedicavo a Carlo Cignetti, il poeta torinese
autore di Un gioco di carte, e a
Silvia Zangheri, la figlia del sindaco di Bologna durante gli anni di piombo[2].
Il
rapporto di sinestesia e la contingenza dell’anima, il Tu non ha identità, il
Tu rileva l’identità di percezione dell’Io, il finito esaurisce l’impersonalità
dell’Assoluto, ossia :
1)”nella
scrittura di Tagore tutto il movimento semantico si congela in quiete
dell’identità di percezione”[3];
2)”l’interazione
con l’habitat è una sospensione temporale”[4];
3)”l’immaginario(…) è il luogo della
trascendenza dell’ego, solamente che, nel caso di Tagore, questa trascendenza
ha la duttilità della quiete, chiasma che dona corpo al mondo”[5].
In
Muove la regina di Tralli[6]:
a)il
Tu ha un’identità;
b)il
Tu rileva l’identità di percezione dell’Io;
c)il
finito sembra che non contenga il significato del Tu;
pertanto:
1)nella
scrittura di Tralli, il movimento semantico si congela sì in quiete
dell’identità di percezione, ma il sintagma, a differenza di Tagore, non è
sentenza, non è aforisma che contiene;
2)ma,
allo stesso modo, “l’oralità stessa della percezione, pur nella densità delle
incorporazioni, è resa ad un tempo passato, quindi si raccoglie e si ordina in
una identità di pensiero che cataloga le modalità temporali. Anche al presente,
la percezione, l’interazione con l’habitat è una sospensione temporale”[7],
cioè il punto 2) ha la stessa valenza sia in Tagore che in Tralli;
3)nella
poesia di Tralli, in particolare in Muove
la regina, la trascendenza dell’Io ha una sensorialità più inquieta, sembra
che il tempo attualizzato non venga moltiplicato dal trasversale
dell’interazione, ma la privazione dell’immediato attua quell’asimmetria su cui
ci si interrogava per Tagore con questo enunciato: “la quiete dell’identità di
percezione può correlare il sema movimento
?”[8].
L’identità
di percezione dell’io di Tralli ha una sorta di quiete in movimento, il
“passaggio che sembra leggerezza”[9]:
nel
poeta bengalese, “il desiderio corre
parallelo al godimento:
la
strada della libido scopre segrete similitudini affettive”[10];
nel
poeta bolognese, la strada della libido non è ipotattica come lo è l’affetto,
“lo spazio non ha margine”[11],
e la valigia, che struttura atti, percezioni e riflessioni, sì, passa ma “la
faccia del mondo” – quell’atleta che saltava i fossi – è come “l’amore che non
ha nome né recinti”[12]:
il
desiderio corre, ma la felicità, una dolcissima minaccia, è sospesa.
Vedete,la
poesia del viandante di Franco Tralli ha tutta la virtù della sospensione
temporale: è il rapporto 2) che accomuna Tagore e Tralli:
in
TAGORE:
- L’aria
di primavera di tanto in tanto si scuote:
arriva solamente un gemito
…………………………………………………………….
…………………………………
…………………………………
Impallidisce la luce del sole
nel mio giardino[13]
in
TRALLI:
Fama di
primavera, c’è un arrivo
da queste parti e
per sopprimere la scena
…………………………………………………..
……………………………………………..
……………………………………………
il
prudente
declivio che
smussa la passione
agli uncini[14]
Ma
la sospensione temporale che, come scrivevo per Tagore, reca silenzio, se elude l’istante come l’ellisse dello spazio, è una
privazione dello storico, allora “il tempo guizza o palpita, ha una gioia
delicata, filo di delizia che collega i semi vita e movimento”[15]:
la
privazione dello storico in Tagore ha questa valenza perché, come abbiamo
visto, il desiderio corre parallelo al godimento;
la
privazione dello storico in Tralli, perché ha una sensorialità più inquieta,
non ha il tempo che guizza di Tagore ma quello che, per Giorgio Caproni,
denominammo “un brivido di tempo”[16]:
perciò,
come “nella Stimmung di Giorgio
Caproni c’è il magro dell’impossibile del fuori
di diventare oggetto di conoscenza, il fenomeno rimane nella sua potenza
latente”, così anche in Tralli “la costante dell’affettività come momento di
possessione scandisce un progetto di isolamento dallo stesso contorno della
solitudine”[17]:
il
brivido di tempo ha dentro
“l’avventura
dell’evasione come sema, che connette talmente la storia e il tragico da
privarne la pulsione affettiva a livello di tempo”[18],
ed è Caproni;
il
brivido di tempo cerca fuori il
superamento della solitudine: Tagore ne fece una “pratica estatica”
dell’interagire con “l’amore che avvicina all’altro sentito come ’altro io’ ,
dove il noi, elemento qualitativo immanente all’io, moltiplica l’umano nel
necessario della comunione”[19];
ma il tempo, in Tralli, è, in quanto fulcro dell’istantaneo e dell’eterno, come
il presente, ha la metafisica intersoggettiva di Maurice Nédoncelle:” Ce qui
sépare les personnes c’est la sensation”[20]:
e allora qui il brivido di tempo
sembra che sospenda quello che è, per Nédoncelle, l’ appello di trascendenza, punto culminante della reciprocità che
fonde la prospettiva dell’io e dell’Alter(=Dio, il Mondo) e conduce il Bezug(=Rapporto, sensu Heidegger) all’agape.
La
poesia del viandante non ha
Il lieu opératoire de l’interontique:
Diversamente,
come avviene in Tagore, la comunione
si sarebbe iscritta come imperativo della preghiera, “modalità ingiuntiva che accresce il sentimento di
presenza”[21].
Al
chiasma che dà corpo al mondo servono le figure, che rendono la presenza, come
la ripetizione, l’ amplificazione, l’apostrofe, l’ipotiposi,
l’enallage delle persone, l’interrogazione retorica.
Con
la duttilità della quiete, l’esercizio di Tagore ha la qualità del romantico
che risponde della fedeltà del decadente; con la sensorialità inquieta,
l’infinito non si colma, il Dasein
sembra che abbia una sorta di prossimità controllata in quanto nella trasparenza dell’oggetto
non c’è cuore né domanda[22],
ma
se l’amore
predilige i confini
in
qualche modo l’ Alter è, sì , l’orizzonte che circoscrive il Dasein[23]
ma
non è quell’orizzonte, a cosa serve
dunque la metafora[24]?
Se
la Ninfa del Cielo non raccoglie desideri con l’incalzate delirio della
primavera, la Dea del Cielo non riporta alla soavità della grazia serena i
desideri:
i
sememi delle Due Donne[25]
del Balaka di Tagore:
CUPIDITA’
Û GIOVINEZZA :
PROSPERITA’ Û GRAZIA
(Primavera) (Autunno)
costituiscono
il paradigma dell’unione che infinisce il tempo del desiderio nella poesia di
Tagore;
in
Tralli, tutte le donne del viandante mostrano allegorie alla deriva: nomi
incantati e cuori colpi di dettagli, ma in esse il semema di Inge non può
essere riprodotto, definito, fantasmato con nessuna “grafia dei novantanove
nomi di Dio”.
A cosa serve
dunque la metafora.
2
La
poesia dell’amore che abita negli occhi
di qualcuno[26]
è
come l’angelo che adesso ha gli occhi grandi[27]:
cambia
nome e cognome alle cose.
Tat tvam asi
“Dio
è il mio sé” equivale a “quello sei tu”[28]:
e
rifacciamo il rapporto di sinestesia che esprime così la contingenza dell’anima,
“il mondo è il corpo di Dio, il corpo di Dio è il mondo dell’io e del tu”[29]:
a)il Tu si sdoppia
b)il Tu rileva l’identità di percezione
dell’Io
c)lo scambio risolve la dualità: na iti, na
iti: non così, non così
d)il finito esaurisce l’impersonalità dell’Assoluto
ma non il suo significato.
L’opacità
del reale, la trasparenza della cosa, la superficie dell’apparente: tutto nella
virtualità della coppia nome/cosa.
La
Lebenswelt come seconda vita: “Il feeling di Whitehead è la Lebenswelt. Nel feeling l’universo non si chiude in una teoria compiuta. Si attua
in un processo, nella storia delle varie vite, in ogni interrelazione degli
eventi nel tempo.(…)La Lebenswelt è Lebensvorgehen di cui il senso è dato
dalla temporalità nella misura in cui la temporalità può realizzare un telos. E poiché la temporalità è consumo
e morte, la vita ha un senso se riesce a trasformare la morte in vita”[30]:
la
poesia dell’amore che abita negli occhi
di qualcuno può procedere come la regina, in linea retta, orizzontale o
verticale o diagonalmente,
“nelle cose che poi rifanno il mondo
dal niente, che
s’accende e si colora
di foglie e
boschi nei pensieri,
l’intreccio che
completa nel prodursi
l’intero
sapendo cos’è senza poterlo dire”[31].
Il
re, che è il poeta, è come l’angelo che adesso ha gli occhi grandi, cambia nome
e cognome alle cose, perciò è come il pedone, ha un canone di giuoco che si può
addimandare pigliare o prendere di passaggio: non è un caso se
l’Attore(sensu Greimas) il Re, in
Tagore, in quanto destinatore ha l’apposizione negativa: deve ricevere dal
destinatario i sememi del positivo per poter facilitare lo scambio del senso
del desiderio:
Sememi del Re : LAVORO QUOTIDIANO Û
TRIBUTO
Ý
Ý Ý
vs vs vs
ß ß ß
La
Poesia del Viandante, quando si fa Poesia dell’amore,
è
come il Re che piglia di passaggio:
abita negli occhi
di qualcuno
torna
con l’alba, fa le capriole
è
amore che sconfina oltre i luoghi
è
ragazze guerriere,maculate
ha
mappe d’animali, piazze di ritorni
è
Bologna che ti cerca, assediata[33].
L’alter è, così, un universo mobile, che
annulla opposizioni, dove il Tu è, nello tsesso tempo, causa materiale e
strumentale del mondo, è lo specchio dove viene annullata la teoria del dvaitadvaita[dottrina del due non due] di Nimbarka(1162), la verità
essenziale dell’io che conosce la contingenza del corpo in rapporto
all’habitat:
“Dal
punto di vista del corpo, io sono il Tuo servo,
dal
punto di vista dell’ego, sono una parte di Te;
dal
punto di vista del Sé, io sono te stesso.
Tale
è la mia convinzione”[34].
La
poesia dell’amore che abita negli occhi
di qualcuno
è
il dialogo di questo silenzio da cui si radica l’assenza dell’alter ed è anche
la privazione che si interroga sulla completezza che le manca[35],
perciò la mancanza, facendosi sottrazione di tempo, può estendere il passato
nella storia, ed essendo riprodotta e fatta dalla memoria che è,secondo
Minkowski, la meno personale tra le funzioni della vita psichica[36],
ha una valenza che sta tra il principio
di riduzione e quello di esclusione.
Muove la Regina:
come
la temporalità della Lebenswelt che
realizza un telos, “la vita ha un
senso se riesce a trasformare la morte in vita”, in uno spargimento di mosse
finali, la regina frantuma l’istante per scrivere il percorso:
dalla
tenerezza e l’attesa dei miracoli del I Gran Pezzo
al
punto estremo dove l’esplosione è carica di mappe del II Gran Pezzo,
dall’amore
senza nome e recinti del III Gran Pezzo
all’amore
che sconfina oltre i luoghi del IV Gran Pezzo,
a
tutte le donne del viandante del V Gran Pezzo
che
è quel Re-viandante che
ora
a destra ora a sinistra si fa Alfiere, Cavallo, Torre
o
semplice Pedone per servire la Regina
con
nomi incantati e cuori colmi di dettagli.
La
Poesia del Viandante si fa dunque Poesia dell’Amore che abita negli occhi di
qualcuno: a questo serve dunque la metafora.
Il
fantasma della Regina Perduta fa guadagnare la mossa al Re
anche
se il Poeta non vince la partita
perché
la vita in versi non funziona,
anzi
fa acqua dentro gli aggettivi.
Æ
[1] Si tratta di: V.S.GAUDIO, Rabindranath Tagore: la trasparenza
dell’Alter, in “Galleria”, anno XXVIII, n.4, Sciascia Editore,
Roma-Caltanissetta 1978.
[2] Un gioco di carte, Ant.Ed., Novara 1974. Cignetti, del 1927, è
stato Lecteur d'Italien all’Università di Algeri. Ha tradotto Beckett,
Robbe-Grillet e Levy-Bruhl. La dedica era motivata dalla costituzione dell’alter in Cignetti: a forte reversibilità
semantica. L’ alter trasparente della
Zangheri, l’altro destinatario della dedica, aveva una sorta di punto di instabilità che poteva far configurare, almeno in quegli anni, un
atteggiamento relazionale soggetto a una evidente pluralità di tempi personali:
un tipo nervoso largo, avrebbero
sentenziato i caratterologi francesi. Da un lato, un poeta che aveva acquietato
l’identità di percezione; dall’altro, una Mademoiselle tanto vivace e
irrequieta che non poteva non aver reso totalmente contingente l’anima, o
l’animus(sensu Jung), in questo caso.
[3] Vedi V.S.GAUDIO, Rabindranath Tagore…,loc.cit :pag.237.
[4] Ivi:pag.238.
[5] Ibidem.
[6] FRANCO TRALLI, Muove la Regina, Imprimatur, Bologna
2001.
[7] Cfr.V.S.GAUDIO,
loc.cit.:pag.238.
[8] Ibidem:pag.239. La risposta: “Il movimento è nella profondità
semantica, la quiete nella superficie
sintattica allarga i tempi concedendo l’identità di percezione all’eccedenza
della voluttà: perciò la voluttà ha l’oralità di una quiete che contiene il
Per-Sé e l’In-Sé”.
[9] FRANCO TRALLI, op.cit.:pag.87: il verso è: perché il passaggio sembri leggerezza.
[10] Cfr. V.S.GAUDIO, loc.cit.:pag.239.
[11] Cfr. FRANCO TRALLI, op.cit.:pag.43.
[12] Ibidem. Il corpus di versi utilizzato è: Lo spazio non ha margine,/passa la valigia e cosa ne fu/di quell’atleta
che saltava i fossi,/scadenze d’ospedale,qualche favola//la faccia del
mondo,una dolcissima/minaccia di felicità, sospesa.
[13] RABINDRANATH TAGORE, Balaka, trad.it. P.Marino Rigon, Guanda,
Milano 1977: pag.88.
[14] FRANCO TRALLI,op.cit.:pag.69.
[15] Cfr. V.S.GAUDIO, loc.cit.:pag.239.
[16] Cfr. V.S.GAUDIO, Indizi e altre cose per Giorgio Caproni,
in “Quinta Generazione”, anno IV, nn.25-26, Dedicato
a Giorgio Caproni, Forlì 1976: pag.34: “Ma la privazione non tampona
solamente le falle retoriche, impone un fremito, diciamo un brivido di tempo,
che ripercuote il fuori e il dentro,e sugli orli l’ombra che sfugge allo sciamare dell’usura accorda il movimento come
funzione contigua”.
[17] Ibidem: pag. 37.
[18] Ibidem.
[19] Cfr. V.S.GAUDIO, Rabindranath Tagore…,loc.cit: pag.242.
[20] Cfr. MAURICE NÉDONCELLE, Sensation séparatrice et dynamisme temporel des consciences, Blond
et Gay 1977 : pag. 22.
[21] Cfr. V.S.GAUDIO, Rabindranath Tagore…, loc.cit.: pag.243:
“La comunione si iscrive come
imperativo di preghiera, modalità ingiuntiva
che accresce il sentimento di presenza”.
[22] Cfr. FRANCO TRALLI, op.cit.:pag.95: Forse si dirà che nella trasparenza/dell’oggetto non c’è cuore né
domanda/e che l’amore predilige i confini.
[23] Cfr. V.S.GAUDIO,Rabindranath Tagore…,loc.cit.:pag.244:
“Il Geist di Tagore elabora dal Dasein i dati fondamentali dell’Essere:
a)l’Alter è il suo Dasein e perciò si dona la
contemplazione di un aspetto verbale
che ha perso il senso della prospettiva( si nullifica la distanza ego-Alter e
prospera l’ipotiposi);b)l’Alter è l’orizzonte che circoscrive il Dasein, ma non è quell’orizzonte e perciò si dona l’ingiunzione della funzione conativa come apostrofe che implichi l’enallage
delle persone; c)l’Alter è lo
stesso Geist che trascende il Dasein, caricando l’ego di una
trascendenza che lo sottrae alla successione temporale, perciò gli indizi
sintattici ed espressivi di a) e b) si intrecciano”.
[24] E’ l’ultimo verso di Muove la Regina:ma senza
l’interrogativo.
[25] Cfr. V.S.GAUDIO, Rabindranath Tagore…,loc.cit.:pag.243.
[26] Cfr.FRANCO TRALLI, op.cit.:pag.15, nell’ambito del I Gran
Pezzo: Abita negli occhi di
qualcuno/l’amore non domanda ma risponde.
[27] Ibidem:ag.27.
[28] Cfr.V.S.GAUDIO,Rabindranath Tagore…,loc.cit.:pag.236.
[29] Ibidem.
[30] ENZO PACI, Diario Fenomenologico, Bompiani,Milano
1973: vedi 28 marzo
19 58:pag.50.
[31] E’ l’ultima strofa della
poesia che muove il III Gran Pezzo.
[32] Cfr. la Tavola dei Sememi
a pag.240 in: V.S.GAUDIO,Rabindranath
Tagore…,loc.cit.: anche IL CAMMINATORE ha l’apposizione negativa:
strabiliante come questa correlazione attanziale in Tagore si realizzi quasi un
secolo dopo in Tralli: IL RE-VIANDANTE del V Gran Pezzo.Ancor più sorprendente
è che, nella Tavola, al destinatore IL RE non corrisponda che un destinatario indefinito. Stupefacente il fatto che
all’Attore IL CAMMNATORE corrisponda, come destinatario, COLUI CHE NON CONOSCI,
che, avendo come sememi TRANQUILLITA’ Û NOSTALGIA, è l’immagine
attanziale dell’amore che abita negli
occhi di qualcuno di Tralli!
[33] Il RE-VIANDANTE piglia di
passaggio con i versi dei vari Gran Pezzi: I,III, IV,V. Solo dalla II sezione,
quella del Gran Pezzo della Regina Perduta, “la casa ha sotterranee radici che
scompongono gli scacchi ai pavimenti”: il Re non può muoversi, sta addirittura
per essere preso.
[34] Ossia: dehaddhya tu daso ‘ham jivabuddhya tvad
amshakah:
atmabuddhya tvam
evaham iti me nascita matih: Bhagavata: cfr. la stessa citazione in
SARVEPALLI RADHAKRISHNAM, saggio introduttivo a. Bhagavad Gita, trad.it. Astrolabio Ubaldini, Roma 1964.
[35] Cfr. V.S.GAUDIO, Indizi e altre cose per Giorgio Caproni,loc.cit.:
pag.35.
[36] Cfr. E.MINKOWSKI, Réflexions à propos du passé, in
« Revue Philosophique » n.2, Paris avrile-juin 1971.
Æ
[La
cover del monografico di “Q.G “ dedicato a Giorgio Caproni
e la cover di Muove la Regina di Franco Tralli]