V.S.Gaudio, Introduzione a Ignazio Apolloni, Niusia, 2^ edizione, Palermo 2012: pag.11 |
La narrativa , l’estetizzazione editoriale del mondo e i trans-scrittori
La
narrativa, la vediamo proliferare ovunque, e prolifera il discorso sulla
narrativa, ma all’interno della sua avventura e del suo genus, nella sua forza
di illusione, nella sua capacità di denegare il reale e di opporre al reale un’altra scena, niente
perde il proprio senso, non c’è nessuno che ecceda la propria fine e, in uno
slancio di seduzione, tenta di ricongiungersi con la forza ideale, archetipo e
grammatica essenziale della sua funzione, foss’anche quella che attiene alla
loro distruzione.
La
narrativa, il racconto o il romanzo che sia, è scomparsa come patto
simbolico(per questo ci sono dei bei copioni); non esiste più regola
fondamentale, criterio di giudizio, né piacere. Non c’è più un campione aureo
del giudizio o del piacere estetico, ancorché i cosiddetti “giurati” degli infiniti
“Premi”non se ne siano ancora accorti: le opere non si scambiano più, né tra
loro né in valore referenziale. Non hanno più quella complicità segreta che fa
la forza di una cultura. Non le leggiamo più, le decodifichiamo secondo criteri
sempre più contraddittori, ma niente, in esse, vi si contraddice, e le premiamo
in qualsiasi armamentario industriale si trovino estetizzate, nonostante la
grande impresa dell’Occidente - quella della mercantilizzazione del mondo,
quella di aver tutto consegnato al destino delle merci [i]– in
campo editoriale non sia mai esistita.
In
questo deserto, in cui si smaterializza tutto nell’effimero del postmoderno,
c’è tutta una transestetica scolarizzata, i cui depositari della Regola – che
si spacciano per radicali installatori di portabottiglie alla Duchamp se non di
radicali produttori di Campbell alla Andy Warhol – dentro il reale più del
reale elevato alla potenza ironica della vita quotidiana negli androni
dell’industria culturale dettano norme di editing e di mercato per colleghi
scrittori a loro superiori, perché in quell’orbita dell’eccentricità di cui
scrive Baudrillard, senza che la vergogna alla seconda potenza li faccia
implodere al meridiano del proprio narcisismo[e poi di ‘sti minchioni al
quadrato dovremmo pure leggere, a tagliatore di teste defunto, i taglienti
decreti di condanna postumi in apposita edizione critica, cioè scolastica...].
C’era
uno di questi “controllori” dell’estetizzazione editoriale del mondo(che va a
scuola, eh?, e fa scuola, non lo si dimentichi!) che mai scrisse al nostro
autore l’interrogativo cruciale: “Sono un uomo o una macchina?”, ovvero:”Sono
un uomo o un clone virtuale?”. Ufficialmente arrivò a definire la motivazione
del suicidio di Morselli, secondo la logica implacabile del tetto, che, se
avesse avuto tempo, avrebbe potuto farla specchiare con l’altra motivazione
dell’omicidio nel sacro sottotetto[vai a vedere, sempre di contro-storia si tratta,
nevvero?]; l’insolubilità della letteratura – che cosa possiamo aspettarci?- non è il risultato
paradossale di ogni rivoluzione della forma
soggettiva(quella intesa da
Whitehead) con cui cominciano l’indeterminazione, l’angoscia e la confusione, è
semplicemente una questione di ghiri[e questa estremità si congiunge in
uno specchio curvo – dell’universo parodico o del passo patafisico che ha
sempre qualcosa della sottrazione o, il che è lo stesso, della deflagrazione –
con quella degli altri micromammiferi che “escono dalla tane alla ricerca di
cibo:/non danno fastidio che a vederli/allora preparo pane e formaggio/e mando
via predatori grossi:/sentirli la notte, tu dormi/(pesci ciechi di grotta/che
vedono epidermicamente)/sono topi/forse non li conosci/ma puoi crederli
gerbilli/con il caldo ch’africanizza la stanza/la scelta è al di là dei circoli/tutto
a portata d’occhio”, che è ne La 22a
Rivoluzione Solare[ii],
datata 1 agosto ’73, il giorno in cui il sole si era levato sul suicidio di Guido Morselli!].
E’
così che siamo diventati dei transscrittori. Un po’ indifferenti e
indifferenziati, androgini ed ermafroditi, esseri geneticamente barocchi,
dentro l’irraggiamento artificiale dell’Hung
Up di Madonna[ma anche questo abbiamo
preceduto e annunciato][iii],
che hanno ingerito, deglutito e rigettato le ideologie e le estetiche più
contraddittorie, siamo diventati –
d’accordo, nella nostra testa, forse a nostra insaputa – dei travestiti della
scrittura[iv] .
[i] Cfr.
Jean Baudrillard, Transestetica, in:
Idem, La Trasparenza del Male, trad.
it. cit: pag. 23.
[ii] V.S.
Gaudio, La 22a Rivoluzione
Solare, Laboratorio delle Arti, Milano 1974: pag. 39.
[iii]
Cfr. l’”Hap” di cui al “Pikë e
Gazi” di Aurélia Steiner di Durrës,
in : V.S. Gaudio, Aurélia Steiner di Durrës, © 2005; vedine l’estratto in: Aurélia Steiner, “Lunarionuovo”, nuova
serie, n. 24, Catania ottobre 2007; e l’altro estratto, per Madonna, in: uhmagazine:lhung-up-di-madonna-e-lo-shumepike .
[iv] Certo, negli anni
Settanta, eravamo appena agli inizi, Apolloni ancora non era approdato allo
stile prolungato[per la “dimensione
eteroclita dell’anti-romanzo apolloniano”, che attraversa “la galleria
costruita tra la narrazione sperimentale (nell’ intersezione non casuale tra
senso(…) e suono e ritmo delle parole, (…) e ben distinta dagli approdi dell’ école
du regard) e quella di consumo
e mediante un' adesione, per certi versi feroce, ad alcune pratiche di
scrittura, allo stile e ai generi tipici di questa condizione”, cfr. Alessandro
Gaudio, La sineddoche dello sfondo.
Note su (a)temporalità e (de)territorializzazione nell’opera di Ignazio
Apolloni, “Rivista di Studi Italiani”, anno XXIII, n.1, giugno 2005], che, se
andate a vedere, qualunque pastorale
ha nel proprio nucleo: la pastorale,
o, meglio: quella “ condensazione
metonimica che rimuova l’univocità della pastorale”[cfr.
V.S. Gaudio, Alcuni problemi della
sintassi…, loc.cit.], insomma anche la “deterritorializzazione della
pastorale”, quando il tempo viene rallentato e tutta la libido della forma
soggettiva va verso la temporalità, il climaterio?, del romance, allora anche per questo locutore l’investimento tematico
attornia l’eroe, la sua funzione e la valorizza, tanto che mi venne da pensare,
a un certo punto, c’è un appunto del 10 agosto 2003, che la Pastorale americana (© 1997) di Philip
Roth su che cosa orchestra la sua condensazione metonimica? Ma su “Miss New
Jersey”, quella che sarà la moglie di Seymour Levov, “lo Svedese”, e la madre
di Merry che manda in pezzi con un gesto estremo il sogno di felicità, di
ordine e di prosperità cui il padre aveva dedicato la vita; la perdita del
Paradiso, pensateci, era già annunciata dalle misure di Miss New Jersey, che,
d’accordo, potevano essere buone per il New Jersey, forse, ma se avesse avuto
misure da Miss America avrebbe potuto, Nathan Zuckerman, raccontare la storia
del suo compagno di scuola? Se la moglie di Levov avesse avuto le misure giuste
per farle essere “Miss America”, state certi che non avremmo avuto la
“Pastorale americana”. Che cosa voglio dire con questo ? Che un personaggio, un
attante, con la sua morfologia, può contrarre la pastorale, come forse fece
Niusia, condensandola ed esaurendola nell’isola attanziale della condensazione
metonimica, che Niusia è, o può
dilatare la pastorale, farne una “pastorale americana”, come ha permesso Dawn,
Miss New Jersey 1949, alta 158 cm. per un peso di 48 kg., una brevilinea
ectomorfa, quando la media per “Miss America” cominciava già a veleggiare per i
5’6” , 5’7”(170/172 cm.) di altezza, cosa che, poi, si dice anche nel romanzo,
avesse vinto il titolo di “Miss America”, e per poterlo fare sarebbe dovuta
essere almeno 12 centimetri più alta(o 5”), forse la “Pastorale americana” non
l’avremmo avuta.
·
[Dalla Introduzione , di V.S.Gaudio, alla 2^ edizione- a 36 anni dalla prima-di Ignazio Apolloni, Niusia, edizioni Arianna Palermo 2012, che potete leggere integralmente in “Rivista di Studi Italiani”, anno XXX, n.1, Toronto giugno 2012]
Ignazio Apolloni, Niusia,
Edizioni Arianna Palermo 2012
L'introduzione,
Niusia e l'insolubilità della letteratura,
di V.S. Gaudio
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