● L'equinozio di Molly









La Musardine che cavalca il filo sottile dell’equinozio 
● by v.s.gaudio

Il filo sottile che lega Molly che un po’ è Musardine
seduta sul palo cavalca in città il confine di pieghe
che più denso dove si fa cavo, cannìtu e trunânte
così pieno e delicato tanto quanto la stretta indicibile
lunga e umida per come la si rinviene a macchia dalle scarpe
che si tengono all’altra estremità tra saliva e mucosa
luccichio dell’impalcatura tra il Triborough Bridge e l’Astoria Park
che nel lampo del varco se ci fosse stata la siepe  su questa linea
del pendio il podice di Molly che tiene al punto in cui si curva
il giunto, u chignju dove i corpi si mischiano , dove si articolano
e si parlano toccandosi con la capocchia il buco che va fino
al colore dell’autunno delle scarpe e dei jeans che hanno
lo stesso inizio, equinozio che porta la pietra nel punto in cui
si piega sotto l’inflessione nell’arco delle ginocchia e del culo
un po’ verso il suolo dove si apre questo buco che lascia
vedere fino al colore delle foglie nella più alta linea
dove le mani si toccano e l’ articolazione delle gambe
fanno vedere i campi le parole che si immergono ciascuna
nell’ultimo brusio della città sopra lo steccato e anche
tra le gambe pescando lentamente tutt’intorno alle cose
e alla luce che viene dalle tue scarpe e dalla treccia e dal
podice così teso sull’equinozio come se più in là ci fosse
una luce che avrebbe dovuto essere un prato in cui tutto
ciò che taglia il suono, se Molly fosse stata su in montagna,
ha la soda lucentezza fresca e morbida della merda delle vacche
e le pieghe, il buco, così unto dall’autunno, u mârsiânu, e
la pietra lassù in montagna e i giunti di legno e di prato


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