INTERVISTA IMMAGINARIA DI UN INTERVISTATORE
COLTO MA ANCH’ EGLI IMMAGINARIO
È noto che lei ha sempre
rifiutato di farsi intervistare; di apparire sui giornali o sulle riviste di
qualsiasi genere – pop o meno che fossero – e men che meno in televisione,
timoroso forse che potesse venire meno lo smalto di cui si è ammantato; l’aura
e l’aureola di cui si è rivestito; il fascino dell’ignoto piuttosto che la
notorietà ad ogni costo; l’incipit di una decadenza; la metamorfosi dell’angelo
in qualcosa di mefistofelico.
È vero o falso?
È vero.
Si dice che lei chiuda in
un cassetto, una sorta di scatola magica, un forziere anzi; tutto ciò che
ritiene sublime; frutto di ispirazione sovrannaturale; l’arcano psichico che
appare e scompare lasciando però una traccia indelebile nel suo bios al punto
da diventare creazione; creatività allo stato puro, endogenico; un mix di
fantasioso e realtà; l’allure da cui si sprigiona la bellezza e la grazia.
È vero o falso?
Né vero né falso.
Alcuni dei suoi
detrattori pongono l’accento sulle sue debolezze, la mutevolezza del suo aire,
la circostanziale attitudine al celarsi dietro una vertigine di aggettivi e
sostantivi intrecciati tra di loro, gli uni negli altri al punto da rendere
impossibile seguire le vicende narrate nei suoi romanzi; gli evanescenti
territori nei quali si muovono i suoi personaggi; la logica che presiede ai
loro atteggiamenti.
È vero o falso?
Dipende.
Saprebbe dirmi con
schiettezza e senza falsi pudori (per dirla in modo tranchant) quali dei classici della letteratura mondiale godono
della sua stima, financo della sua gelosia più che invidia per non essere
riuscito ad imitarne l’agorà nella quale si mossero senza nocumento alcuno
mentre oggi ad esprimere giudizi si è tacciati di pochezza
critico-interpretativa, mancanza di senso dell’opportunità. Non saranno per
caso, a leggere precedenti sue dichiarazioni, scrittori come James Joyce,
Marcel Proust e perché no anche Oscar Wilde che ebbe a conquistarsi l’agorà
proprio con lo scandalo tanto vituperato all’epoca di certo perbenismo.
È vero o falso?
Dice bene.
Cos’è che la fa impazzire
di meno e cosa di più considerato che nelle sue narrazioni lei glissa; si cela;
si ammanta talvolta di mistero e tal’altra di indifferenza; concede poco della
sua attenzione – anzi nessuna – al dej’à vu, alla quotidianità, all’hic et
nunc, spesso di poco pregio se specialmente attiene ad aree geografiche prive
di respiro quali sono appunto gli Stati della vecchia Europa e ancor peggio
quelli di cui si è persa quasi del tutto la memoria?
Non saprei.
Che dirci delle sue
favole per adulti, così sapide, gustose; demistificatorie del genere
adulatorio; arzigogolate per rendere affascinante la lettura; ancorate a tristi
realtà guardate con sospetto perché gravide di prevedibili sciagure; urlate come
monito angosciante nel silenzio più profondo di chi attonito le legge; morali
nella chiusa; da riso amaro durante l’escursione; educative del rispetto che si
deve alla natura; nobili nei propositi che pare avere sposato in quanto
anch’essi nobili?
Quale la risposta?
Ha detto tutto lei.
Cos’altro potrebbe dirci
invece dei suoi racconti surreali; i patafisici e pantagruelici; i cinematici e
cinematografici là dove è dato trovarci una debordante fantasia; una ritrovata
voglia di stupefare senza mai edulcorare; un gioco a rimpiattino per adulti che
aspirino a coltivare tale tradizione senza che ancora ne conoscano stimmate e
struttura; l’abc di quell’incipit che deve necessariamente preludere al tutto
pena il dispendio di parole, il rien va et
ça c’est tout?
Leggi su Uh Magazine alcune lettres d'amour di Ignazio Apolloni |
Proprio nulla di più.
Cos’ha da chiarire, posto
che ci siano dei dubbi, a quanto si legge e si intuisce nelle sue Lettere a personaggi femminili del passato:
i tre volumi che cito in L’amour ne passe
pas; Lettres d’amour à moi même; Voyage autour de la femme giusto per
aiutarla a rammemorarne l’argomento così pieno di pathos per la sorte di
alcuni; l’elevatezza spirituale di altri; la tragica fine di regine;
l’avventura tra i ghiacci dell’ignoranza o nel deserto dai più dinamici, perché
spinti da una forza interiore, irrefrenabile?
Ci devo pensar su.
Cosa la induce a scrivere
anche fiabe; bubbole; raccontini per bambini, a fronte di possibili altri
universi narrativi oltre a quelli di cui sopra, già di per sé ricchi di
suggestione perché possano essere presi a modello per una nuova e più ricca
introspezione; bando alla labile durata; dire fine alla tragedia stile Madame
Bovary; un diverso ideale da offrire a bambini e bambine fin dalla loro più
tenera età: anche meglio se l’ideale si ispirasse al paladino contro il nulla
esistenziale rappresentato, nel fantastico racconto, da Antoine de
Saint-Exupéry?
Magari si guardasse all’Universo che non al verso.
Ed infine, almeno per
ora, perché ha scritto racconti ambientati a New York e Los Angeles se ha
sempre affermato di averci vissuto (non certamente ci si è adattato) così bene
da sentirne spesso nostalgia; provato a immergercisi dentro al punto da averci
portato il personaggio Gilberte,
nella nota Mela, affinché incontrasse rabbini; gioiellieri all’ingrosso e al minuto;
personaggi come Stanley Barkan innamorato follemente della Sicilia da averci
passato più tempo che altrove fuori degli States: magari perché c’è il MOMA; o forse
anche perché è il risultato di ogni forma di immigrazione legittima e
clandestina?
La risposta gliela dò nella prossima intervista.
Ignazio Apolloni