&Il biglietto e la posizione della
mula
Nella
biblioteca universitaria di Salisburgo quel bibliotecario impiccatosi al grande lampadario
della grande sala di lettura, come narra in “Due biglietti” Thomas Bernhard[i], mi fa pensare al fatto
che, a memoria d’uomo, non c’è mai stato nessun bibliotecario che si sia
impiccato al grande lampadario della grande sala di lettura di una biblioteca universitaria
del sud Italia, né che il triste epilogo sia stato messo in atto in una grande
sala di lettura di una biblioteca comunale o nazionale. Figuriamoci, poi, se il
bibliotecario al sud lasciava un biglietto, e , pensate un po’ se fosse stato
mai possibile che nel biglietto ci fosse scritto che non ce la faceva più a
mettere in ordine e dare in prestito tanti libri scritti solamente per
provocare disastri, col che intendeva riferirsi a tutti i libri che sono stati
scritti da che mondo è mondo, quantunque, come è stato acclarato, nel sud di
quella nazione dell’amore e della tares
e dell’imu, mancasse in più di una procura della repubblica l’ufficio deposito
degli esemplari d’obbligo, tanto che ognuno poteva stampare e pubblicare quel
che voleva, non ce n’era registrazione legale, e quindi non poteva provocare
disastri. Questo mi ha fatto venire in mente, non il fratello di mio nonno, o
anche, visto che aveva tolto il cognome di famiglia a mio nonno, senza aver
scritto alcun biglietto né essersi appeso al grande lampadario che,
sicuramente, c’era nella casa di famiglia che aveva tolto a mio nonno e che
aveva fatto occupare dai suoi figli, prima, e dalle loro mogli, fratelli e
sorelle , dopo. A Thomas Bernhard, il fatto dell’impiccato al lampadario della
biblioteca fece venire in mente il fratello del nonno che era guardacaccia ad
Altentann e si era sparato un colpo di fucile in cima allo Zifanken perché non
era più in grado di sopportare l’infelicità umana, e anche lui aveva scritto un biglietto. Anche mia suocera aveva
scritto un biglietto, stando a quanto asserirono le figlie, che, per cercare,
per più giorni, nella cristalliera, nello stipo della cucina, nel mobile della
radio, nella macchina per cucire, dove cazzo avesse messo 300 mila lire, che, a
conti fatti, da loro, mancavano alla lotteria vinta, invece , come i peggiori
prestidigitatori dell’avanspettacolo, tirarono fuori un biglietto, così fecero,
della de cuius, a loro dire, e dissero che lì c’era scritto che sopra la
pietra, nel pantano, dove fu fatta morire, sopra, quello che c’era l’avevano
costruito due figlie, una ammogliatasi subito dopo, appena dovette il poeta
sposare la figlia piccola ingravidata, e l’altra, nubile in assoluto, devota e
servitrice di famiglie sconosciute per lustri e lustri, e che ciò che era in
violazione dell’articolo relativo del codice civile, stando all’intenzione di
queste altre sorelle che avevano rinvenuto il biglietto, e per farlo, si
mettevano sempre nella posizione della mula, in direzione del poeta intento a
leggere quel libro di Kundera in cui nel
titolo c’è stranamente il sintagma
nominale “testamenti traditi”, cosicché mentre questi leggeva, la donna faceva
finta o la faceva per davvero di tirare l’erba con le mani, e intanto mostrava
l’arco ogivale delle ginocchia e il possente deretano di mula al poeta, che, è
questo che ricordo, non era in grado di sopportare, anche lui, l’infelicità
umana ma che un gran culo, da che mondo è mondo, quanti libri di Kundera ti
farà leggere(se non altro anche quello della lentezza,visto come l'ha tirata lenta la mula per più giorni prima di porre fine al posizionarsi mostrando il biglietto) senza che, per questo, per arrivare al gaudio, lui, il
poeta-lettore, vada ad impiccarsi al grande lampadario nel grande atrio della
casa di famiglia che era stata sottratta al nonno.