by
Gaudio Malaguzzi
Anche
qui, dove l’arancia è chiamata “Purtuǎllë”, i cani uccisi o crepati non vengono seppelliti,
come nel resto d’Italia e anche nella Repubblica di S.Marino e a Malta, e
perché no?, al Vaticano, ma restano a marcire come in Portogallo e a
rinsecchirsi all’aria. Come ad Alentejo – così narra Thomas Bernhard in “Fertilità”(1)
– se pure vengono trascinati via dalle strade, rimangono poi abbandonati sul
ciglio sinistro e destro delle strade, anche provinciali, ancorché fino a pochi
anni fa questa strada provinciale fosse strada statale così lunga e
percorribile da poter giungere anche a piedi, volendo, fino a Reggio Calabria.
C’era Mia Nonna dello Zen, che, saggia com’era,buttava i cani morti sotto gli
alberi d’arancio, sui quali il raccolto è sempre stato almeno il triplo che
sugli altri. Tant’è vero che il vero “purtuǎllë”, che ebbe a mangiare il poeta – quello del
Giardino Zen dell’Arancia – non fu mai minimamente eguagliato in sapore e agrumitàda
nessuna delle altre arance che, durante la sua biografia, il poeta dovette
mangiare.