In fuga dallo shummulo svizzero
by Gaudio Malaguzzi
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La sera del 30, sul tardi,
quasi verso il 31, un ragazzo e una ragazza, che come si seppe poi venivano dal
sud, presero una stanza qui, in questo motel, in cui sembra che sia stato
girato l’ultimo video di Poliça. Anzi, mi parve strana la coincidenza, la ragazza
sembrava quasi Poliça, o sua sorella, o, almeno, si poteva presupporre che
fosse sua cugina, se avessimo potuto sentirla cantare, o, quantomeno, vedere
come si prendeva cura delle camere. Comunque ordinarono, con estrema rapidità,
si vede che avevano fame e, da quel che vedevo, ne avevano preso di freddo là
fuori, tanto che si alzavano spesso dal tavolo per scaldarsi vicino alla stufa.
Erano sorpresi di trovare il baccalà a sera così inoltrata, tanto che chiesero
anche una bottiglia di Marzemino, e la cosa mi sorprese ancora, non che mi
aspettassi che chiedessero coca-cola, ma, al loro ingresso nella sala, non si
erano accorti di me, poi mi parve fossero sorpresi di vedermi, mi salutarono
con un cenno del capo, e non guardarono più dalla mia parte. Avevo appena
incominciato una lettera per Aurélia Steiner, che abitava nel sud e, per ovvie
ragioni, si faceva chiamare Aurelia Petrone, come mia nonna, e, pensando alla
linea dell’incavo tra le gambe della ragazza in jeans, avendone ancora l’immagine
davanti e dietro, scrissi ad Aurélia che qui dove mi trovavo l’inverno è molto
adatto per fornicare e, anzi, se si dovesse praticare lo shummulo, in questo
posto vicino all’Austria lo avremmo senz’altro dovuto rinominare “Großmühle”, non che per me fosse una
catastrofe e penso, questo scrissi, nemmeno per lei, comunque si potrebbe fare
in questo motel in cui sembra che sia stato girato il video di Poliça, e c’è
una certa atmosfera erotica, anche perché di là all’orizzonte ci sono solo
monti e boschi, e pensavo che quel ragazzo l’avrò visto da qualche parte, mi
sembrava che avesse una faccia conosciuta o che avevo già visto, e scrissi ad
Aurélia, sai quando i due sono entrati, lui davanti, lei dietro, e ti stavo
scrivendo, e fuori forse nevicava, e come dirtelo, ho avuto un’erezione, i due
giovani attirarono subito la mia attenzione, ero contento di vedere facce
nuove, e quella ragazza che sembrava un soggetto di quel fotografo, come si
chiama?, che metto sempre nel mio blog, aveva un’aria da swiss-shummulo, o,
meglio: forse dovremmo dire: Swiss-Großmühle, e ,fingendo di scrivere,
e ti sto scrivendo un sacco di sciocchezze, in questa stagione, oh, Gaudio
Benedetto da dove è saltata fuori questa ragazza per farci lo shummulo svizzero!?
Qui, di questi tempi, non si vedono molti forestieri, c’è sempre qualcuno che si avvicina alla frontiera per poter prendere il largo, ma, poi, come scrive spesso Thomas Bernhard, che ci vai a fare in Austria, almeno in quelle locande così umide che prima che ti si rizzi non si sa quanto Ghb ti devono aggiungere, di nascosto, nel bicchiere di vino. Per il Marzemino col baccalà in umido a quest’ora, che si può dire, non ho sottomano le ricette immorali di Vázquez Montalbán, però son sicuro che una ragazza, chissà se è davvero svizzera o è una veneta o una friulana, con quelle facce svizzere, che, mentre stanno mangiando il baccalà e bevendo Marzemino, se lo sentono dentro a colpi profondi, un po’ come te, Aurélia, e come qualsiasi personaggio di Marguerite Duras, anche Lol V.Stein, per esempio. Che, è questo che vogliono, dei colpi ben assestati nel profondo del loro nulla, nella vacuità della Svizzera, pensai, questo scrisse anche nella vita materiale la Duras, e sai che mi viene talmente duro che a questa ragazza del baccalà qui vicino al confine con l’Austria, se non scopro il vero nome, le darò il nome di quella ragazza svizzera che quel fotografo di cui ti ho detto ne ha immortalato l’aria, insieme, di studentessa e di fidanzata, intanto che ridevano i due e poi tacquero un po’, e la cameriera portò ancora un’altra razione di baccalà, e lei mi ricordava un po’ Aurélia Steiner del sud, la Petrone a cui sto scrivendo, che, avendo lo stesso cognome di mia nonna, un po’ mi è cugina, e non ha le gambe storte come quell’altra cugina che ufficialmente non è mia cugina ma è come se lo fosse, bastava guardarle il pelo biondo delle gambe e immaginarsi quello più scuro del culo per capire che era mia cugina, non c’erano dubbi. Il giovane mi sembrava un po’ depresso a tratti e un po’ si tirava su e perorava non so che azione da compiere, gli sentii spesso dire: il confine è qui, che ci vuole, quattro passi e me ne vado di là, ma son matti quelli?! E lei, piano, per non farsi sentire, guardava nella mia direzione, e sussurrava un nome: e lei? Lei, lei, lei, tu sei lei, che c’è in lei che non ci sia in te, ma sarò io o sarò un po’ lei, e come farai a dimenticarla? D’inverno in campagna, c’è tutto questo gas, sembra nebbia, invece è il metano che fanno le mucche, questi aprono le finestre delle stalle prima dal tramonto, e l’aria è fatta, non vola più un uccello. Oh, Gaudio Benedetto, pensavo, chissà come glielo metterà dentro, e come starà nel suo nulla tutta la notte, in questo freddo vicino all’Austria, e le farà lo shummulo svizzero, e pensa se questo stupido lo rinominasse come shummulo friulano, ma questo da che cosa sta scappando, mi dissi, all’improvviso, questo non si ferma nella notte, come potrebbe mai fare lo shummulo se sta scappando? Domani ti spedisco la lettera, Aurélia, è una buona lettera, non trovi? Anche per quella ragazza, che avrà l’età di quanti sono i gradi sotto zero, questa notte. La mattina quando andai a imbucare la lettera per Aurelia Petrone, all’ufficio postale vidi da dietro la linea inconfondibile della ragazza dello shummulo presupposto, stava per fare un telegramma che, da quello che intesi, era indirizzata ai suoi per avere il denaro necessario per ripartire per casa, che il suo ragazzo se l’era filata in Austria, durante la notte, e, come venni poi a sapere, era ricercato per omicidio.
Qui, di questi tempi, non si vedono molti forestieri, c’è sempre qualcuno che si avvicina alla frontiera per poter prendere il largo, ma, poi, come scrive spesso Thomas Bernhard, che ci vai a fare in Austria, almeno in quelle locande così umide che prima che ti si rizzi non si sa quanto Ghb ti devono aggiungere, di nascosto, nel bicchiere di vino. Per il Marzemino col baccalà in umido a quest’ora, che si può dire, non ho sottomano le ricette immorali di Vázquez Montalbán, però son sicuro che una ragazza, chissà se è davvero svizzera o è una veneta o una friulana, con quelle facce svizzere, che, mentre stanno mangiando il baccalà e bevendo Marzemino, se lo sentono dentro a colpi profondi, un po’ come te, Aurélia, e come qualsiasi personaggio di Marguerite Duras, anche Lol V.Stein, per esempio. Che, è questo che vogliono, dei colpi ben assestati nel profondo del loro nulla, nella vacuità della Svizzera, pensai, questo scrisse anche nella vita materiale la Duras, e sai che mi viene talmente duro che a questa ragazza del baccalà qui vicino al confine con l’Austria, se non scopro il vero nome, le darò il nome di quella ragazza svizzera che quel fotografo di cui ti ho detto ne ha immortalato l’aria, insieme, di studentessa e di fidanzata, intanto che ridevano i due e poi tacquero un po’, e la cameriera portò ancora un’altra razione di baccalà, e lei mi ricordava un po’ Aurélia Steiner del sud, la Petrone a cui sto scrivendo, che, avendo lo stesso cognome di mia nonna, un po’ mi è cugina, e non ha le gambe storte come quell’altra cugina che ufficialmente non è mia cugina ma è come se lo fosse, bastava guardarle il pelo biondo delle gambe e immaginarsi quello più scuro del culo per capire che era mia cugina, non c’erano dubbi. Il giovane mi sembrava un po’ depresso a tratti e un po’ si tirava su e perorava non so che azione da compiere, gli sentii spesso dire: il confine è qui, che ci vuole, quattro passi e me ne vado di là, ma son matti quelli?! E lei, piano, per non farsi sentire, guardava nella mia direzione, e sussurrava un nome: e lei? Lei, lei, lei, tu sei lei, che c’è in lei che non ci sia in te, ma sarò io o sarò un po’ lei, e come farai a dimenticarla? D’inverno in campagna, c’è tutto questo gas, sembra nebbia, invece è il metano che fanno le mucche, questi aprono le finestre delle stalle prima dal tramonto, e l’aria è fatta, non vola più un uccello. Oh, Gaudio Benedetto, pensavo, chissà come glielo metterà dentro, e come starà nel suo nulla tutta la notte, in questo freddo vicino all’Austria, e le farà lo shummulo svizzero, e pensa se questo stupido lo rinominasse come shummulo friulano, ma questo da che cosa sta scappando, mi dissi, all’improvviso, questo non si ferma nella notte, come potrebbe mai fare lo shummulo se sta scappando? Domani ti spedisco la lettera, Aurélia, è una buona lettera, non trovi? Anche per quella ragazza, che avrà l’età di quanti sono i gradi sotto zero, questa notte. La mattina quando andai a imbucare la lettera per Aurelia Petrone, all’ufficio postale vidi da dietro la linea inconfondibile della ragazza dello shummulo presupposto, stava per fare un telegramma che, da quello che intesi, era indirizzata ai suoi per avere il denaro necessario per ripartire per casa, che il suo ragazzo se l’era filata in Austria, durante la notte, e, come venni poi a sapere, era ricercato per omicidio.
Una fotografia di David Shama
per lo "Swiss-shummulo"
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