V.S.Gaudio▐ Lettera postuma a Nadia Campana: "Come facevo a saperlo?"

Come facevo a saperlo?
+Lettera postuma a Nadia Campana
e dedica di Everybody knows by Leonard Cohen

Certo che la gente sa. Io non sapevo niente.
Quando ti sei suicidata, questo è quello che dicono, io mica l’ho saputo subito. Eppure ero a Milano, non dico ogni giorno ma era a Milano che veniva versato il mio maggiore quantitativo di ritenute d’acconto, lavoravo per non so quanti giornali, metti “Topolino” e company per andare a Segrate in Mondadori, “Astra” e altri periodici del gruppo RCS Rizzoli Corriere della Sera per andare a Crescenzago, “Il Monello”, e anche l ‘”Intrepido” a volte, andando a Cinisello Balsamo, eccetera, eccetera. Non seppi niente.
L’ho  saputo un giorno che c’era qui ( nell’alto Jonio dove mi tenevano col nome cambiato, questo non lo sapevi, e la gente faceva finta di non saperlo, e prigioniero di quella confraternita che io chiamavo degli gliaroni ma che si può chiamare anche del principe nero, e non è una favola, la gente lo sa[pensa che proprio nell’anno della nostra primavera ebbi un contratto per pubblicare un libro di astrologia e caratterologia francese per il gruppo editoriale Fabbri Bompiani Etas Sonzogno, pensa, mia  ragazza perduta, fu proprio per Sonzogno che quel principe nero, criminale di guerra, s’era messo a fare il Salgari!]) un presupposto amico locale e mi venne di telefonare a Paolo Badini e questo, come mi sente dopo anni, mi dice senza porre in mezzo né attesa né retorica – sai com’era Paolo, no? – che Nadiella è morta, s’è ammazzata! Erano passati due anni dalla tua morte, e io è allora che lo seppi da Paolo Badini. E non ho pianto, se è questo che vuoi sapere. E ho detto all’amico che era lì che eri in una fotografia sulla spiaggia di Rimini d’inverno, il mare d’inverno, l’Adriatico che – dissi all’amico- è triste d’estate figurati d’inverno, io l’ho visto nei miei inverni lunghi tra nebbia e neve a Milano 
V.S.Gaudio, qui non è
a Milano Marittima,
è nell'orangerie di sua
Nonna dello Zen
 
© marisa g. aino 
anni '70  del xx secolo
Marittima e già da allora sentivo che c’era un’aria erotica, sì, d’accordo, Bataille già da ragazzo mi aveva insufflato non so che atmosfera nella mappa cognitiva e il mio oggetto “a” andava costituendosi dentro il fantasma come se fosse Hans Bellmer a disegnarlo, almeno fino a quando Salvador Dalì non mi perturbò l’anima con l’Angelus di Millet, e poi vennero gli angeli Stuart che stanno in Vaticano a farmi impennare l’oggetto “ a” al meridiano  quattro o  cinque lustri dopo. In questa fotografia dove stavi sulla spiaggia, e non so chi ti aveva fotografato, insomma eri lì ed eri davvero patagonica, tra l’innocenza di chi non sa ancora e il bagliore dell’istinto che, poi, passato il secolo, chiamai anche “bagliore didonico” o “ainico”. Forse avevi pure una sciarpa. Non lo so. Forse non lo sa nemmeno chi ti fece la fotografia. La fotografia me l’hai data nella primavera del ’79, con il libro di Giovanni Testori, quello della “Passio Laetitae et Felicitatis”, ti ricordi la nostra primavera, che primavera del cazzo fu quella, inenarrabile e ottusa, la primavera del comizio d’Ingrao, in mezzo c’era stato pure questo uomo politico in piazza Maggiore a Bologna, e c’era quella sera Silvia Zangheri, ti ricordi, no?, che mi toccava il ginocchio al “Burghy” e tu avevi le scarpe con colore diverso, avevi sbagliato la tintura del diavolo, e quando l’altra – che, lei sì che- era di Rimini- voleva in qualche modo farmi target della sua pulsione tattile, che cosa facemmo in piena intesa immediata e istintiva che mai rivelammo? Le facemmo credere che stavamo insieme, almeno per il comizio d’Ingrao che, come si seppe dopo, di nascosto faceva il poeta, poi si vedrà, tanto a quel tempo i comizi duravano un bel po’, e allora prendesti la mia mano – ho sempre avuto una bella mano, la mano psichica, quella del  poeta la sinistra, e la destra è un po’ più filosofica, e mi dicesti che le scarpe, sì, hai ragione, Vuesse, ho sbagliato la tintura del diavolo, e ridemmo tutti e tre, io, tu e Silvia, e il diavolo sogghignava.
Quando tornai a Torino, dal sud, nell’autunno del 1979, e una donna, in piazza S. Carlo, al concerto di musica classica, per scendere giù dalla sedia mi prese dal trapezio e mi fece il target della sua pulsione tattile e uretrale, il libro di Testori, con la tua foto dentro, era sparito dalla mia mansarda. E anche un libro, di cui non ricordo assolutamente il titolo esatto, non lo so, un’edizione Mediterranee sugli zingari.

Dopo l’anno in cui seppi della tua scomparsa uscì questa canzone di Leonard Cohen: “Everybody knows”, che, me ne rendo conto adesso, dopo 29 anni che non ci sei, è il ciclo esatto di Saturno e se ci fosse stato Sebald ci avrebbe fatto un altro anello, è in questa ballata che è passata la nostra primavera. Ma, credimi, io non lo sapevo, come il mio nome, che mi hanno cambiato, la gente lo sapeva, io no. Everybody knows. I not. L’amico che era da me quando Paolo mi disse che t’eri buttata giù dal ponte a Milano disse che se avessi potuto parlare con me non l’avresti fatto. Lui lo sapeva, ne era convinto. E son certo che se lo rivedo ancora adesso è questo che mi dirà: “Avesse potuto parlarti, non sarebbe stata trovata morta il 10 giugno del 1985”.Everybody knows. V.S. not.


Nadia Campana
 ▐ Palabretta Trastullina™ 
è a V.S. Gaudio