Gio Ferri
Presentazione della raccolta bilingue di
Roberto Sanesi “OTTO poesie”
- 1949-2000
con litografie di
Joe Tilson
Edizione limitata fuori commercio Giorgio
Upiglio, Milano / esemplare n.XVI di XX
Libreria Mondadori / San Marco 1346 / Venezia
Martedì 7 marzo 2006
Sono
particolarmente commosso ogni volta che ho l’occasione di scrivere o dire
dell’amico e maestro Roberto Sanesi. La nostra vita un poco frenetica, fatta di
viaggi e di impegni numerosi, ci faceva incontrare piuttosto raramente, in occasione
di qualche mostra, in qualche galleria, o all’uscita di Brera. Eppure la consonanza della nostra visione
della vita e della poesia non veniva mai meno, uniti anche dalla sua generosa
adesione alla fondazione e quindi alla gestione (tuttora in corso dopo oltre
vent’anni) della rivista TESTUALE critica della poesia contemporanea:
periodico semestrale che abbiamo fondato, con Gilberto Finzi e con Giuliano
Gramigna, incoraggiati da Sanesi stesso, proprio per supplire alla lacuna di
una critica testuale e analitica rivolta alla poesia più recente, magari
giovanile e anche inedita. E in questa circostanza si dimostrava
particolarmente utile per questa piccola ma non modesta palestra proprio la
passione professionale, estremamente filologica, interpretativa e creativa di
un traduttore della dismisura espressiva e del rigore di Roberto Sanesi. Sanesi
riteneva (e oggi, dopo di lui, ciò appare persino ovvio) che non si potesse
osare la traduzione dell’oggetto poetico, in sé teoricamente intraducibile,
senza prima mettere in atto una stretta analisi critica, storica, filologica,e
anche psicologica del testo originario.
Sanesi poteva
affermare e realizzare questo programma in quanto era – e rimane attraverso i
suoi testi – un saggista di raro prestigio per rara sapienza e vasto respiro e
infinita ricchezza analogica, ma soprattutto, era, è un poeta. A mio
avviso – al di là delle deprecabili trascuratezze di certa critica irrigorosa e
troppo spesso insipiente, indigente e commerciale – era ed è uno dei più
importanti e sensibili e innovativi poeti del secondo Novecento. Capace di
cogliere senza epigonismo alcuno le eredità delle avanguardie storiche e la
presenza coeva delle neoavanguardie, elaborandone la validità innovativa
attraverso una visione personalissima di classicità. Non voglio cavarmela con
la solita facile formuletta, ma credo che il suo lavoro fosse il perfetto
connubio fra tradizione e ricerca: non a caso, solo per fare un paio di esempi,
frequentava insieme, senza contraddizioni, esperienze come quelle di Thomas
Eliot e di Dylan Thomas. Traduceva e commentava Milton e Shakespeare, e si
faceva rapire, senza debolezze ma sempre con rigore critico, dai metafisici
inglesi.
[Qui dovremmo
dire anche della sua eccezionale esperienza grafico-figurativa, dalla visual
poetry alla pittura tout court.
Ma è un altro importante capitolo della sua immensa attività, che già
altre volte m’è capitato di considerare con fascinazione: va trattato a parte,
e non questa sera. Va solo ricordato qui che il dialogo fra tradizione e
pittura d’avanguardia non era minore nel connubio e nell’esperienza poetica e
critica di
parola. In realtà è impossibile distinguere nella sua opera totale la parola
dal segno inteso in senso più comprensivo. Ed è impossibile distinguere
la sua creativa acribia critica sia con riferimento alla poesia, sia con
riferimento alla critica d’arte e alla attività di organizzatore raffinato di
mostre… da Sutherland, ai surrealisti, ecc.].
Ma questa sera
siamo fortemente attratti da un’altra non certo secondaria fascinazione che ci
conduce ad interpretazioni non usuali della poesia, dico poesia di parola in
senso stretto, di Roberto Sanesi.
Questa sera
abbiamo qui un gioiello tipografico (cosale, tangibile, vale a dire godibile in
tutti i sensi, anche tattili oltre che visivi): Otto Poesie con
litografie e acqueforti di Joe Tilson. Ciò grazie alla ben nota maestria
tipografica di Giorgio Upiglio, di cui sembrerebbe superfluo tessere sperticati
elogi. Ma noi ci permettiamo ugualmente di esaltarlo: non a caso straordinario
è stato negli anni il suo sodalizio con Sanesi, poeta e grafico. E per quanto
mi riguarda – ma non sono il solo, ovviamente – grande è l’emozione nel
conoscere di persona (chi non lo conosce per la sua opera!?) Joe Tilson, uno
dei più straordinari artisti figurativi inglesi del Novecento.
Ma l’evento
più sorprendente sta, a mio avviso, nella capacità di Tilson di cogliere nella
poesia di Sanesi (e nella sua generale visione storico-estetica e filosofica tout
court) una caratteristica sottile e non sempre opportunamente rilevata
dalla critica corrente. E’ sorprendente come Tilson in fondo con pochi segni,
con poche tracce, sappia rivelare l’aspetto (che è uno degli aspetti, ma
non il minore) esoterico dell’opera poetica di Roberto. Proprio discutendone
con lui, con Roberto (in relazione anche alla passione per Milton e per i
Metafisici – ma pure Eliot non è estraneo in questa rara istoria) mi capitò di
trovarlo consenziente e anche divertito quando osai porre la sua poesia nella
tradizione, modernamente interpretata, è ovvio, che va dal neoplatonismo
al neobarocco (intendendosi il barocco come uno stato d’animo non
classicista, piuttosto che un puro accidente storico-epocale). Riconobbe che
non era estraneo in lui il sogno (nella trasparenza dell’ombra, titolo
di un suo saggio famoso) che lo rapiva in una sorta – così lo chiamammo – di barocco
leggero. Quindi non nordico né romano: piuttosto, per l’appunto,
esotericamente neoplatonico. Discutevamo di questo su di un esempio concreto, l’Elegia
citata dalla sua raccolta La differenza del 1988:
Isola
nera e triste, misera terra, voce / rotta dal ritmo placido del remo, qualcuno
/ sulla minuscola barca mi mormora, vento / perduto in mezzo ai loti, respiro,
non più / che una farfalla di vento fra le alberature, forse/ un’altra
annunciazione…
Chiunque abbia modo di conoscerlo
non può non pensare al sogno neoplatonico di Poliphilo nella Ypne-roto-machìa
di Francesco Colonna (un testo, o poema, o visione fantasmatica del 1499).
Testo raro e tanto caro a Tilson, come lui stesso mi conferma.
Ebbene cosa
trovo nelle litografie e acqueforti di Tilson in questo libro prezioso che
ammiriamo qui: trovo la stele della spirale labirintica che mi rammenta le
lapidi degli Astragali con segni cabalistici e citazioni virgiliane più volte
inserite nel poema di Francesco Colonna; trovo il simbolo prolifico e
misterioso del melograno tanto ripreso nelle opere del tardo rinascimento e del
maniersmo; trovo il calco della mano che miracolosamente segna sull’acqua di un
lago… il ritmo placido del remo… la minuscola barca, il mormorio
del vento, il respiro di una farfalla, i loti e il loro dono
dell’oblio… Una nuova sorprendente indescrivibile annunciazione…
Le Otto
poesie di questo libro vanno dal 1949 al 2000: nella loro sintetica progressione
coprono quindi quasi l’intero arco della produzione poetica di Roberto Sanesi.
In breve, per accenni, un lunga storia.
Vogliamo
cogliere il filo rosso di quel barocco leggero di cui si è parlato, che
riconosceva lo stesso Roberto? Ecco allora:
1949:
… la fiducia assorta degli uccelli… le viscide astrazioni del silenzio…le
vene e i cristalli d’agosto…
1980:
… nell’imminenza / porosa di una nuvola… il grande taglio / nell’ombra…
l’orrido in fondo / precipite… fumosa clamide allora / della civetta…
1980:
… la simmetria insanabile / dello sguardo appoggiato alla colonna…
1980:
… l’intricata ferocia che ne viene / l’istante / del non finito che ancora
s’arrampica / a lusingare il profilo notturno…
1990:
… l’ingenito idillio…
1999:
… la notte mi perseguita / quando organizza in sogno anche la perdita / che
mi pareva ormai definitiva…
2000:…
gli occhi / del buio rimasti in incognito…
2000:…
perché portare a termine / quando nessuno, in giardino, / ha mai visto il
mio glicine concluso. / Se allora fosse del fiore il fallimento, / questa,
diremmo, è la bellezza del mondo, / la sua esperienza visibile.
Questa è anche
l’ambiguità sognante e la nuova annunciazione del giardino di Poliphilo di
Francesco Colonna. E questo è il barocco come stile delle forme che volano
(Curtius e D’Ors), in una angosciosa armonia
(che è la condizione del sogno), l’inquietudine sommessa, il trionfo delle
eleganti metafore e allegorie, il cultismo… E infine ancora una volta l’amore
di Sanesi per la lirica autenticamente barocca da Donne, a Herbert… a
Shakespeare, a Milton di cui è superfluo per tutti sottolineare qui ancora una
volta l’eccezionale impresa critica, traduttiva e creativa di Roberto Sanesi.
Riporto
a solo titolo d’esempio (le altre poesie verranno lette fra poco):
Idillio
Di risa brevi, di suoni / riconducibili
a nulla. / E dunque l’ingenito idillio, / restituzione / solo per un istante
fra le labbra / del pensiero che ancora non osavi, il dove / dove
ritorna e accresce, (la barba lunga il grigio / del ghiaccio), e qui li vedi
tutti, gli invitati, mentre / ridono sulla porta, il fragile paesaggio / che
hanno attorno agli occhi, dolente, / incursione di mani che sprofondano /
bianche di giorni, di vecchi sovraccarichi / che si rifanno il letto, / che
spostano le briciole in un angolo / di quelle risa.
Idyll
Brief
laughter, sounds / traceable to nothing. / And
then the inborn idyll, / restitution / just for a moment between your
lips / of a thought that was still too
bold, the place / where it returns and grows (longa beard, grey / as ice), and
here you see them, the guests, / laughing in the doorway, the fragile landscape
/ of pain around their eyes, / an invasion of hands that reach down /
whitened by days, a backlog of crushing loads / making their beds again, /
brushing the crumbs into a corner / of those laughs.
▐ Questo
testo [
senza la poesia “Idillio” e con un cappello che qui manca] di Gio Ferri è stato pubblicato nel numero 18 di lunario nuovo, anno xxvii,
dicembre 2006, monografico dedicato a roberto sanesi. Leggi anche la doppiastimmung di v.s.gaudio, anch’essa
presente nel monografico della rivista diretta da mario grasso