Quando il poeta
tornò dall’Emilia Romagna, era giovanissimo e ancora poeta in erba come il
corrispondente “cornuto in erba” di Charles Fourier, dopo un po’ si mise a flirtare con Bernardetta La
Froscia, ovvero Bernarda La Froscia, detta Bernardetta in famiglia e, fuori
casa, Bernardina.
Bernardina La
Froscia, come dice il nome, tutti pensavano che fosse “lesbica”, difatti nel
dialetto del posto dove era ubicato il poeta, in mezzo agli arbëresh, e
Bernardina per sua stessa ammissione era arbëresh, “froscio” vuol dire
“ricchione”, “omosessuale” e quindi “froscia” è “ricchiona”, “lesbica”.
Il Bernardino di Bernardetta La Froscia™
Poi, la Bernarda,
anche al sud, tutti si davano di gomito, hai visto che Bernarda, quando passava
a fare lo struscio nella via del Lutri e nel corso del Re mandato in esilio e,
poi, sul lungomare: è passata la Bernarda. Bernarda, chi? Bernardina.
Bernardina? Nardina La Froscia! E Dio Santo che ci vuole a capire, una Bernarda
abbiamo ed è La Froscia!
Bernardina, quando
si mise a flirtare col poeta in erba, era una Bernarda in erba pure lei, però
che gnocca, u ciunn bbresh, anzi dicevano tutti: Hai visto che Bernarda e che
Bernardino?! Oppure: Hai visto che Bernardo ha la Bernardina? Riferendosi a
quello che, poi, il poeta, una volta adulto e poeta acclamato, designerà come
il “podice”.
“Ah – a pensarci
adesso – che podice il Bernardo di Bernardina!"
Oppure: “Ah, che
podice il Bernardino della Froscia!”
Una volta, questo
si seppe dopo lustri, il poeta in erba le fece una poesia:
se ti pieghi faccio in mezzo meglio così
che sulle scarpe, se non vengo meglio
ancora che tutto questo”.
Enzuccio sembrava Beckett. Anzi di più. Bernardina però non la prese bene: “Vabbè che sono La Froscia – gli disse subito dopo che gliel’aveva letta – ma meglio che non vieni…valà che è esagerato, e che cazzo!”.
Il poeta si fece
in quattro a spiegarle il senso e, finalmente, connessa la Barnardetta si
convinse e come dava lei la letizia, il gaz, lo chiamava lei, il gaudio, al
poeta in erba nessuna mai, tanto che si seppe dopo lustri che, all’epoca,
Enzuccio l’aveva soprannominata “Bernardetta la Superpugnetta”, una finezza di
archetipo-sostantivo che solo un poeta, per quanto in erba, può confezionare e
cucire.
E le fece un’altra
poesia:
sa cosa fare
altro che pomiciare
ma quel che è peggio
è quando lo prendi sul seggio”.
Bernardetta La Froscia era per il poeta in erba un oggetto narcisistico, Enzuccio la scelse secondo la sua pulsione fallico-uretrale, era incantato dal suo modo di andare in bicicletta, anche in quel caso, in quell’habitat, chi andava in bicicletta, ed era una giovinetta, veniva data per soggetto atto all’omoerotismo soggettivo, tanto che su dieci cicliste era scontato che otto fossero “frosce”, cioè “lesbiche” o quantomeno attente alla letizia, e al gaudio, del clitoride, secondo, sembra, una teoria di una psicoanalista che all’epoca in quei fondi del sud spopolava.
Comunque avvenne
che di tanto omoerotismo soggettivo,
che circolava tra la pulsione fallico-uretrale del poeta e la pulsione
narcisista della froscia, quel che rimase, dopo tanto lustro per lustri e dopo
che la giovinezza si arrese al ciclo di Saturno, fu un sellino, lungo la quiete
del primo pomeriggio sul lungomare, che, guardato dall’oblò dell’oggetto “a”
del poeta lontano e senza voce fra le voci, senza più quel cielo che
s’innalzava sopra la primavera densa e calda, caro istante nel giorno che tra
le pietre della spiaggia e le gocce calde della pioggia estiva, fu tutto quello
il tempo d’una porta che s’apre su Bernardetta la Superpugnetta e si richiude
sul sellino che sostiene il suo super Bernardino. ░ by Gaudio Malaguzzi