di Massimo Sannelli
Nel 2008 il Centro Studi Franco Fortini fece cinque domande ad una
quindicina di poeti. Io risposi, ma "le domande non hanno mai avuto una
risposta chiara", come canta un altro poeta. Le risposte sono risposte
finché stanno sotto le domande. Ma ora io cancello le domande e do una forma
diversa alle risposte. Non c'è più la risposta ma un aforisma, non sottomesso.
Sono contemporaneo della stanchezza del pianeta e della tracciabilità di
vite molto lunghe: le nostre. Ma non è questo che volevo dire.
La riduzione del poeta a giocatore non è umile. Il giocatore conosce e
ostenta le regole del gioco: anche la «forte componente metapoetica» o la
profondità etica del suo lavoro. Di questa profondità autocritica io non rido;
cerco di praticarla il più possibile. Sì, ma la nostra etica è una virtuosità
interna al collettivo italiano. E il nostro virtuosismo è una poetica interna
al collettivo italiano. Così non si va da nessuna parte.
Caro Centro Studi Franco Fortini, io sono molto deluso da quello che ho
amato, lo sai?
Prendo un appunto, da quella che fu una risposta. Ogni giorno la nostra
mente traduce, censura, tace. Quanto al mio «rapporto con la poesia
contemporanea in lingua straniera», considero una lingua straniera anche
l'italiano scritto: perché non è una lingua veramente – e spontaneamente –
parlata.
Prendo un altro appunto, ex risposta. «Il futuro è tolto ai nostri giorni»: ma questi sono sussurri tra Leopardi e un'assente di cui si può solo toccare la mano, solo per un istante e solo in sogno. Intendo come allegorie sia la donna sia la mano. La parte e l'intero, ecco.
Prendo un altro appunto, ex risposta. «Il futuro è tolto ai nostri giorni»: ma questi sono sussurri tra Leopardi e un'assente di cui si può solo toccare la mano, solo per un istante e solo in sogno. Intendo come allegorie sia la donna sia la mano. La parte e l'intero, ecco.
E il terzo appunto è questo, ex risposta. L'ardore intellettuale crea
formule, compresa quella di una "funzione Fortini". Queste formule
non guardano l'idea più semplice – il pubblico –, ma un'ombra o un embrione
disseccato, in una stanza cieca.
Ho preso abbastanza appunti per capire. Fortini è grande e morto, rispetto
ad istanze che il mondo ha ricreato. Caro Centro Studi Franco Fortini, cara
ombra di Franco, cara intelligencija di sinistra, sapete che cosa scrive
Francesca Fermanelli? "Siamo noi ad aver ucciso Pasolini. Noi che, ieri
sera, dopo la proiezione della prima dell'amato e criticato film di Abel
Ferrara ci siamo recati nei centri telefonici per acquistare, alcuni solo per
conoscere, la fantomatica new entry della Apple: l'iphone 6". La morte dei
nostri grandi profeti ambigui – uomini liberi e falliti e servi di partito –
non pesa più. A questo punto siamo assassini a piede libero, ognuno devoto alla
sua droga: cfr. l'etimologia di assassino. E io sono molto deluso, ecc.
Ma il "piede libero" è anche un problema metrico, oltre che
criminale. C'è sempre l'Ode I 37 di Orazio.
Ma per qualcuno la metrica è una questione vitale.
Ma questa frase non è per tutti.