Prendo sempre la mia strada…ma non mi lasciano mai andar
via ¨
C’era la luna e la terra scintillava per la
brina caduta, e non c’era un’anima in giro, prese a rincorrermi solo il vento
di sud-ovest, presi così la mia strada , un aquilone sopravento, con la coda
che ondeggia per un attimo e poi guardai laggiù oltre il mio aquilone, non c’era
nessuna fattoria bianca come neve, che spuntava tra i verdi alberi, né in
lontananza, né vicino, sentivo ancora le cornacchie, nessun altro canto, la
stagione non era dentro la sua
immobilità assoluta, questo è vero, quando è così che devi battere la strada, e
non sono trascorsi trent’anni, né sei un ragazzo già stanco della vita, e la
foresta non è ancora scomparsa, e la casa non è stata ancora buttata giù, e non
ho ancora combattuto due battaglie per il mio popolo, né innalzato il vessillo
dell’indipendenza e poi non avevo ancora impiegato la mia forza ribelle
per prendermi la bandiera del mio vecchio partito, allora è vero, è così, tutti
mi hanno girato le spalle, i miei capelli sono diventati bianchi, non sto tra
tabacco e whisky e per questo non hanno perso ancora il loro sapore, adesso che
vedo in strada se non cavalieri in armi, donne bellissime manco a parlarne,
volti gentili, che ti venga un colpo, provo ancora, adesso? Una giovane donna
che cammina come Sandra Alexis in via
Micca, no, provo questa lente nuova, non la vedo più Sandra Alexis, solo uno
spazio aperto, non vedo niente di particolare, quando c’è luce solo luce,
quando c’è vento solo vento, quando piove solo pioggia, nemmeno i pini che
stanno lì oltre la ferrovia, né le pietre in riva al mare, non ho più le arance
di Mia Nonna dello Zen, né per quel sentiero potrei ancora andare, nemmeno
nella fredda, chiara luce che all’alba là viene da sotto e non sono ancora
sulla collina, mi disgustavi, paese del mio imbroglio, ho provato ad andarmene,
a prendere la mia strada, di te mi vergognavo, ti disprezzavo come luogo della
mia nascita, io morivo di vergogna, e restavo zitto, a nessuno ho mai detto che
venivo da quella pesante bisaccia dell’orrore, lasciami andare, lasciami
prendere la mia strada, ti ho implorato e maledetto, sei sradicato dalla mia
anima, non ho mai voluto che ci fossero tracce del mio Esserci che portassero
da te, allora ancora adesso prendo la mia strada ma non mi fanno andar via, sto
dentro la mia memoria e mi copro gli occhi per non vedere, e poi non ho
dimenticato niente, tu che camminavi per quella piazza della verdura dove stava sulla porta della sua bottega il
brigante rinato e dove l’unico suono era il diamante che tagliava il vetro, per
tutto questo tempo avevo una faccia da ragazzo e per anni un’anima rigida e
innamorata, in un mondo che mi odiava, nessuno di quegli uomini mi era
familiare, e le loro donne in verità avevano un corpo che era lo specchio del
loro animus, e allora vi dico che fu così che restai dentro la mia fanciullezza
con lo sguardo del poeta e l’orrore che gli spacca l’anima, faccio la mia
passeggiata di mezzogiorno come se prendessi la mia strada, e poi torno
indietro, chiunque io sia passeggero che transito devo sapere che non ho avuto
padre, né so ancora chi fosse mia madre, così come quando io sono nato dove
sono nato e chi mi ha portato quaggiù, qualcuno di voi mi ha trovato gentile,
forse, per dieci minuti, e subito dopo mi ha aggredito e ha preso la mia
bisaccia e causato la mia rovina, così me ne vado per la mia strada, e adesso
che viene la primavera taglierò ancora l’erba in queste praterie che non sono
state mai percorse né da bufali né da buoi, e nemmeno Mia Nonna dello Zen c’era
mai stata qui nel pantano.o Blue
Amorosi