░ Ellie G. Solutiōnis Versŭs. Breve divagazione ziffiana sulla poesia versus versamento |
A volte ci è
capitato di incontrare un sedicente poeta, ancorché non fosse addirittura
“scrittore”, come si usa ormai a tutto
spiano in questo XXI secolo in cui di sicuro c’è che, avendo appurato che non
esisteva alcun ufficio per gli esemplari
d’obbligo presso le procure della Repubblica per come se ne prescriveva
l’esistenza già per quelle del Regno
vista la Legge del 1939[i], si pensò bene di annullare questa legge cosicché le richieste di qualche folle mente, come
quella di chi scrive, non avessero modo più di essere abilitate. Allora,
incontrando quel sedicente poeta, godendo del problematico privilegio
dell’accesso diretto alla propria mente e quindi alla propria poesia, quasi
sempre ci è successo di essere folgorati dalla inconsistenza, anche
morfologica, dell’altro poeta: il problema delle menti altrui è una confusione,
una confluenza di interrogativi diversi, ma si tratta principalmente di questo:
io ho una mente; quando ci si imbatte in un sedicente poeta postmoderno e
postventesimosecolo , il problema è costituzionale: se questo è un poeta, io
spesso sono convinto di essere Ellie Goulding, tanto che finirà che, essendo
del Capricorno come mia moglie e Françoise Hardy, e vista la mia propensione
per gli oggetti fallico-uretrali, la cantante anglobionda anglicizzerà il mio
oggetto “a” financo negli anfratti del Françou più segreto e inaccessibile!
1. Questo
è un poeta: Dio, se la poesia è caduta in basso! Ma guardalo, è convinto di
essere un poeta, a furia di pagarsi una plaquette dietro l’altra non riesce a
vedersi nel verso giusto: ed è convinto di essere diverso dagli altri che come
lui si fanno almeno dieci plaquette in un lustro, e quando si incontrano al
Festival o al Premio o alla serata di lettura, anche sul treno o
nell’agriturismo, ognuno si dice: io sono un poeta: chi sono questi che mi
fanno il verso, sono io diverso dagli altri che fanno il verso.
2. Se
soltanto io sono un poeta, sono allora un essere unico in maniera davvero
unica, tanto che se non bastano i soldi che ho messo da parte me ne faccio dare
altri dai miei sostenitori o ascendenti in modo che non ci siano dubbi che solo
io pago gli editori a pagamento cosicché nessuna tipografia possa mai chiudere
i battenti perché non peschi più alcun pesce.
3. Quando
lo vedo il poeta, questo poeta, che è l’unico a possedere una mente da poeta e
che sa pubblicare on demand, mi chiedo se sia mai stato affidato alle scoperte
di psicologi, fisiologi e biologi o se semplicemente per avere questa mente a
quale Ur-Lodge poetico-finanziaria appartenga,
e se, prima di schiattare, ce ne vorrà rendere partecipi.
4. I
poeti, questi bei tipi che vanno anche ai Festival e alle Fiere, della piccola
e della grande editoria, a pagamento diretto e a pagamento indiretto,
all’ipotesi che la loro mente e il loro cervello siano tra loro in un rapporto
significativo, e non certo perché la mente sia mia, ma per la natura stessa
delle menti e dei cervelli e dei suonatori di chitarra col vitalizio Siae,
aggiungono l’ipotesi che fra gli altri in possesso di una mente poetica non
siano da comprendere anche gli altri animali, per il semplice fatto che ,
finora, non si è mai visto un animale ricevere un pacco di propri libri di
poesie in contrassegno, né mai qualsivoglia Confraternita, Fondazione, Associazione
Culturale, Pro Loco, Dipartimento Culturale , e così via, abbia finanziato
animali incapaci di scrivere poesie.
5. Paul
Ziff scrive che l’uomo è forse l’unica bestia in grado di fare congetture, ma
si può avere una mente senza per questo essere particolarmente speculativi[ii]. L’importante è scrivere
poesie. Dire che cavalli, cani, vacche, gatti, sorci, pecore, hanno tutti una
mente non significa, tuttavia, che possano pubblicare un libro di poesia. I
topi grassi servono a farci capire che la pressante ricerca di cibo
dell’iperfagico obeso può essere dovuta a una lesione dell’ipotalamo; la
distruzione dei centri della sazietà causa l’iperfagia e l’obesità, un po’ come
sta avvenendo in questo secolo così avventuroso: la distruzione dei centri di
deposito degli esemplari d’obbligo(presso prefetture e procure della repubblica
relative al magazzino di stampa, che è la base del tragitto finanziario dei
poeti) potrebbe aver causato l’iperfagia poetica e l’obesità editoriale, tanto
che resta controversa l’esistenza della cosiddetta legge del diritto d’autore,
essendo ormai evidente che se l’editore è pagato dall’autore la legge dovrebbe
essere annullata e commutata in legge del diritto d’editore, così, se i poeti
vogliono la fattura, qualche ritenuta d’acconto la dovranno pur versare ‘sti
stampatori del poetico elargitore. A
meno che non debba essere proprio il poeta , o scrittore che sia tout court, a
dover emettere fattura.
6. Io,
a un certo punto, sono arrivato a pensare che la psicofisiologia fosse quella
branca relativamente nuova della scienza che si occupa di individuare le
relazioni specifiche fra mente e cervello del sedicente poeta. Il suo compito,
si sa, consiste nello scoprire e nel formulare funzioni di traduzione
bivalenti, che correlino le descrizioni, le espressioni referenziali, ecc.
della psicologia con quelle della fisiologia, in modo da colmare il vuoto
concettuale creatosi fra due diverse
forme di concettualizzazione, due diversi modi di fare poesia, due diverse
costituzioni dell’esserci del poeta, metti che l’altra è donna ed è anche un pezzo di figa, allora che
fai? Per la funzione di traduzione, le
suggerisci di tradurre Emily Dickinson che, vedrai, l’editore lo troviamo, non
ti paga un cazzo, ma, questo è sicuro, almeno apparentemente, forse non ti
chiede niente per farti fare la traduzione, forse, poi, bisognerà dare qualcosa al cultore della materia, no a lui no,
all’ordinario che lo manda al posto suo a controllare e a verificare
l’esattezza univoca della traduzione che manco nelle grammatiche delle scuole
medie inferiori; d’altronde, che dice Ziff? Una relazione di identità è una
funzione di traduzione monovalente. E poi , quando ti butti di sotto, vedrai
che se le curiamo io, quell’altro e l’addetto della Confraternita le poesie che
non hai mai scritto vedrai che un piccolo editore a pagamento per i tuoi cari lo troviamo!
7. Esiste
una funzione di traduzione anche per questi poeti in cui mi imbatto, sono
tradotti come minimo in sette, otto lingue magari da un compagno Erasmus o uno
che ha ospitato il poeta che metti è andato nelle Americhe, dice lui, a far
conferenze, a sue spese, e questo che lo ha ospitato gli ha chiesto in cambio
un piccolo lotto nel suo paese, nel paese del poeta, e se questo dopo osasse
negarglielo sarebbero cazzi amari; la funzione di traduzione che serve a
correlare i nostri discorsi sulle mele con quelli sui raggruppamenti e le
configurazioni molecolari è, tuttavia, molto più semplice, senz’altro ,a conti fatti, costa di meno .
8. Io
continuo a guardare il poeta e non riesco a trovare funzioni di traduzione
appropriate non solo in psicofisiologia ma nemmeno in morfologia: mi viene da
ridere, lo guardo e sogghigno: se questo è un poeta, mi dico, ammazza che
poetino! Per questo schema, da cui hanno origine gli spiriti incorporei e la decadenza dei concetti ma anche
l’ideologia non sta per niente bene, sono propenso a credere alla vita
ultraterrena, alla telepatia, alla sofferenza di spettrali agonie tra le fiamme
senza fuoco dell’inferno, anche quando qui attorno alcuni promotori della traduzione bivalente
del poetico cash alimentano fuochi e
focarazzi nel mio orizzonte ad appena trenta, quaranta metri da dove mi hanno
depositato come esemplare d’obbligo del poeta
senza ruota, fuori dall’ingranaggio.
Dal
momento che i poeti, al pari degli spiriti incorporei, non costituiscono la
materia prima della fisiologia, e nemmeno dell’antropometria, prima che si
possa gradualmente rinunciare anche ai fantasmi, è bene che i nostri concetti intellettuali,
il pensare, il progettare, lo sperimentare vengano espressamente revocati, gli
stati corporei dei poeti esistono, in ogni caso, perché aggiungervi gli altri?
E poi chi pagherebbe?░ V.S. Gaudio