29.
Il Vento della Madre
Così, essendo figura dell’esagramma
20.Kuan,[1]
Rosa, in quanto “Vento della Madre”, non solo fu custode dell’aranceto, ma,
essendo la figlia minore, recuperò, nel suo destino, l’immagine del Lago,
trigramma di base del Sereno.
Perciò, come insegna l’I King, essendo
Tui, il Sereno, la sua immagine risolutiva, Rosa fu bocca e lingua di mia
nonna.
Facendosi portatrice del verbo della
madre, compì il senso dello Zen dell’Arancia: il lago doveva essere prosciugato
e quella terra farsi dura e salata. Tui è connesso all’autunno, la rovina e la
rottura, il cascar giù e lo spaccarsi dei frutti maturi, il rinsecchimento
degli alberi. Solo in questo modo ci si libera e ci si distacca da sé, e lo Zen
dell’Arancia viene raggiunto.
[da V.S. Gaudio, Lo Zen di Mia Nonna,[2]
© 1999]
&Pubblicata in:V.S.Gaudio,
Mia Nonna dello Zen,contenuto in: Alessandro Gaudio, Il limite
di Schönberg,
Prova d’autore di Nives Levan, Catania 2013: pagg.138-144.
[1] Nella Tavola 3, contenuta in V.S. Gaudio, Lo Zen
di Mia Nonna, che è quella in cui la disposizione territoriale dello Zen di
mia nonna si correla con l’antico calendario cinese, Rosa è a sud-ovest, come
il libeccio, equinozio d’autunno, spazio delle rugiade bianche. La
Tavola 2, nello stesso testo, mostra lo Zen dei quattro frutti: Rosa, tra
Gelso, che è a Sud, e Ciliegia, che è a Ovest, compone l’immagine della terra
con l’immagine del vento, con le qualità della dedizione e delle penetrazione.
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□ Il poeta nel
Giardino dello Zen dell’Arancia
e nel
mare di Ushuaia│photostimmung by blue amorosi □
[2] De Lo Zen… esiste anche una versione nel
dialetto del delta del Saraceno: Uzzén i Nonnamjë, che fu fatta su
richiesta di Cesare Ruffato per Marsilio Elleffe, a cui, poi, gli si era,
tuncu-tuncu, ristretto il budget. La versione dialettale è dotata di un
compendio fonomorfologico del dialetto usato (con considerazioni sulla doppia
valenza dell’accento e la crasi fonologica) a c. di Alessandro Gaudio e Marisa
Aìno. Entrambe le versioni hanno come occhiello: «Al di là delle filosofie e
delle dottrine, le storie Zen assurde e umoristiche di un’esistenza-dojo piena
di arance chiamata “vigna”, che fanno della vita la contraddizione del suo
significato».