Ti që më ndjek,
je i sìgurt për të kuptuar e time gjuhë?
(Tu che mi segui,
sei sicuro di intendere la mia lingua?)
Aurélia
Steiner de Durrës
Verso sera , qui, ci sono sempre colpi di
luce all’orizzonte, anche se il tempo è stato coperto tutto il giorno; anche se
è piovuto, le nuvole, in un istante, si allontanano e lasciano passare la luce
del sole.
A questa latitudine, perpendicolare al
Meridiano dei 78 minuti, visto da una prospettiva d’insieme, dal lato del
senso, il mondo è ben deludente; visto nel dettaglio, colto di sorpresa, befas, è alla sprovvista,
improvvisamente è sempre di un’evidenza perfetta, come se il fotogramma, di
colpo, reso immobile, facesse culminare al Meridiano l’immediatezza drammatica
e segreta dell’Altro.
C’è questa lunga sera sabbiosa, e non ci
sono i venti del nord in questa insenatura nell’ampia sala da pranzo
dell’albergo Adriatik una giovane
seduta a gambe divaricate con la sinistra tiene aperte le labbra della vulva,
mentre con la destra si passa la punta dell’archetto sul clitoride in un lieve
tremolo.
Non è su uno sgabello nella sua camera da
letto, non è a Manila.
Non è una violoncellista ventiquattrenne.
Non è S. che, ne La suite vénitienne, si traveste e si fa bionda
per seguire l’altro, per farsene specchio senza che lui lo sappia[1].
[1] Vedi:Jean
Baudrillard, La suite vénitienne, in:
J.B., La trasparenza del male, trad.it. Sugarco edizioni, Milano
1991.
v.s. gaudio □ Aurélia M Gurgur │Aurélia Steiner de Durrës