Il poeta, la zingara
e il Labirinto degli Specchi ⁞
[quell’amore della sua giovinezza, da zingara
quieta e senza malizia,
quella che quando lo aspettava sui binari della
stazione Nebozízek
teneva una gamba spostata in avanti e di fianco
come stanno le danzatrici nella posizione di
base
e come stanno gli angeli Stuart, e come questi
ogni volta che lo carezzava era lustro e
imbrattato,
tutto enzuvato, con la macchia di Lacan tirata
a lucido,
tanto che è così che basterà solo l’occhio(del
visionatore)
perché da quel fantasma si produca il
dispiegamento
infinito delle immagini dell’angoscia e del
desiderio,
che da quell’oggetto a si riflettono, colano dal meridiano,
che è il mezzo cielo che passa tra il godimento
e A,
perché il corpo della bellezza della giovinezza
del poeta
Antonio Canova
⁞
Angeli
Stuart (part.)
|
gli si affiancò sui binari e restò con lui,
parlava con lui al disopra
della spalla, si reggeva sempre alla sua
schiena e mai restava indietro
o lo oltrepassava, era uscito il poeta dal
Nebozízek, che è a metà strada
della funicolare del Parco Petřín, e al bivio
dice, addio[1],
“io devo andare”,
ma lei disse che doveva andare nella stessa
direzione che aveva preso il poeta,
così camminava il poeta verso la chiesa di San
Lorenzo e alla fine dice, allora addio,
io devo andare, e lei disse che andava anche
lei in quella stessa direzione,
e così volutamente arrivò il poeta fino a
Růžovy sad e le porse la mano
dicendo che doveva rincasare, e lei disse
aspetta, ti leggo la mano,
so leggere la mano, c’è scartoccia, disse,
“libro”, ‘nda strângèlla tuja,
nella tua mano, fai stàfice, stai, aspetta, fai
stàfice, scartoccia,
t’âmmarcùni e ‘ncupi triëparu ciottéllu[5],
càlin-puēta ca grasija e sgranija
‘a purpitusa[6],
e così camminarono e salirono verso il Labirinto degli Specchi,
qui disse il poeta l’occhio di per sé è già uno
specchio e disse
che ormai era lì che l’eternità poteva passare
al meridiano,
e mentre stava per dirle addio, io voglio a
salire a piedi i 299 gradini
della scala a chiocciola della Torre
dell’Osservatorio, apparve uno zingaro
con la macchina fotografica e lei allora si
alzò la veste e toccò col deretano
nudo il poeta guardando l’obbiettivo, poi lo
zingaro col palmo rialzato
richiamò l’attenzione del poeta e lui guardò la
macchina un po’ a bocca aperta
e sentì lo scatto della macchina che non aveva
nelle sue viscere la pellicola,
così comprese che al mondo non dipende proprio
nulla da come le cose finiscono,
ma tutto è soltanto desiderio, angoscia,
oggetto a e Altro, e che il suo viso
volava avanti con l’aquilone al meridiano di
Bologna
per farsi fotografare in quell’inverno in cui
non c’erano popovické
da 10 gradi da bere né pellicola nella macchina
fotografica
per farsi fantasma perenne della minèca che
tanto amò
quell’oggetto a, che, in quanto mancanza, apriva, come aveva detto
la zingara al poeta, la porta al godimento, al
bonheur.
│photo © alessandro gaudio│
|
fromê
v.s.gaudio
La Stimmung-ammašcânte con Bohumil Hrabal
sulla morte della letteratura
© 2009
[1] Da notare che a Praga
il poeta, quando viene abbordato dalla giovane zingara, sempre in ambito
ferroviario, non è sui binari del passaggio a livello, come avviene nel delta
del Saraceno, ma è alla stazione intermedia della funicolare, la Lanová Dráha, che attraversa il Petrínské
sady nella sua porzione inferiore, e , fatto ancor più interessante, il
movimento ha la direzione ovest quando
nel delta del Saraceno la direzione era verso est, ma sia qui che a Praha,
guardando verso sud, il poeta e la zingara vedono un muro, a Praha c’è la
Hladová zed’, il “muro della fame”, nel delta, su quei binari, c’è il muro che
separa la ferrovia da una via cittadina; messa così la disposizione prossemica,
a Praha il poeta andrebbe alla Torre dell’Osservatorio verso ovest cioè, se ci
si attiene alla sua mappa cosmografica, verso il suo Discendente, che è
all’inizio dell’ Acquario, che comincia a gradi 300, che corrispondono quasi
esattamente ai 299 gradini della scala a chiocciola, che, una volta che si è
sulla terrazza panoramica, ormai si è sul gradino 300. Nel delta del Saraceno,
invece, si sta andando verso l’Ascendente, che è all’inizio del Leone, quindi a
120 gradi, che raddoppiano l’altezza della torre ottagonale dell’Osservatorio
di Praha. Non entra in questa determinazione numerica il CAP 12060 di “Grinzane
Cavour”, il paesino di un ridondante e, per certi versi, mauriziano premio
letterario il cui presidente, nei giorni in cui il poeta sta scrivendo, è
tratto in arresto per molestie sessuali nei confronti di un suo inserviente
clandestino dell’isola Mauritius[dove, per intenderci, i tahmili fanno la
“marcia sul fuoco”]e malversazione, nonostante gli abitanti del luogo siano
chiamati, oltre che “grinzanesi”, gallesi,
e gallese è il formalizzatore della lingua nascosta dei quadarari, che,
comunque, non fa una grinza, anche se adesso, a pensarci bene, qualche grinza
la farebbe, non ebbe il poeta a porgere in una breve notizia biografica:
“Contrario a ogni confraternita, non ha mai partecipato a qualsivoglia
premio”[cfr. in: Ragioni e canoni del corpo, Versi inediti di poeti
contemporanei, antologia a cura di L.Troisio, Terziaria Asefi, Milano 2001]?
Non ebbe il poeta a dar inizio alla sua
attività di giornalista, così come viene contemplata dal codice 8000 delle
attività fiscalizzate, con un articolo sulla marcia sul fuoco dei Tahmili
dell’isola Mauritius(cfr. V.S.Gaudio, La
marcia sul fuoco, “Astra” n.4 , Editoriale del Corriere della Sera, Milano,
aprile 1978)?
Si
noti anche come il poeta, pur puntualizzando come destinazione il “Labirinto
degli Specchi”, lì non entra, ma è proprio lì che lo zingaro non avrebbe potuto
fotografarlo con la zingara, essendo proibito fotografare in quel luogo, ma si
può proibire di fotografare tra gli specchi deformanti chi fotografa con una
macchina senza pellicola?
[2] “fottere, figa, seni”.
[3] “chiavi e fotti a
destra e a manca”.
[4] “fessa e culo”.
[5] “ti sposi e fai tre
figli”.
[6] “bel poeta che beve
vino e mangia la castagna”.