La Rossa di Sanremo e la Russa in latex alla Crocetta
by gaudio malaguzzi
Mentre uno sta vivendo la propria
giornata sabauda, un po’ come nella passeggiata di mezzogiorno, gli vengono dei
pensieri morbosi, , tipo quella volta che volli chiedere alla mia amica
pittrice che era nata a Sanremo: una donna che è nata a Sanremo è come una
cantante senza microfono? Lei che, pur essendo nata nella città del Festival
della canzone, non era del tipo di quelle della quinta Legge: che si prendono
troppo sul serio, e che quando le prendono altri s’incazzano di brutto, anche
se non cantano. Comunque, una notte, mentre attraverso la Crocetta, vedo all’angolo
di una strada una bella troia tutta in lattice nero, che è triste, questo mi
disse, perché avrebbe voluto essere al Teatro Regio e, invece, devo stare qui a
passeggiare su e giù in attesa che qualche pellegrino abbia voglia di ingropparmi.
Lo spettacolo – le risposi- accendendole la sigaretta- è , ad ogni modo,
incantevole, e se mi fossi chiamato Ivan e tu Natasha che cosa sarebbe
successo? Io ho un’anima, mi rispose quella che poteva essere Natasha ma in
verità era il più grosso pezzo di gnocca in lattice nero che avessi mai visto
passeggiare di notte alla Crocetta, e se vuoi parlarmi un po’ di poesie e
canzonette potresti poi dormire su una brandina in salotto. Natasha, le dissi,
guardati intorno…Che vedi in questa notte del cazzo nella città a cui si paga
la tassa per il carrozzone-Rai da ogni parte d’Italia, fosse anche il casolare
diroccato di Mia Nonna dello Zen in agro di Trebisacce? …Uno stato di disordine
assoluto. Non è vero, mi rispose: l’unica cosa imperfetta, non solo in natura
ma anche nella cultura della città altamente urbanizzata, è la razza umana,
anche se non va a Sanremo. Perché dici questo?- le dissi perplesso: A volte,
capita che uno o una possa finire sul palco a cantarcela e non è detto che sia
del tutto imperfetto, né che sol per questo abbia inciampato nella verità.
La maturità di una persona, che sta in
lattice nero alla Crocetta in piena notte, e che incontra all’improvviso un
poeta che non abbina solo il sintagma alla frugalità e al sacrificio, non si
misura dall’indice del pondus che ha, ma dal modo in cui reagisce
svegliandosi a Sanremo sul palco dell’Ariston
così attillata in latex da sembrare
l’anticipo della Cybersix di Trillo e Meglia. Che cosa fa? Prende il microfono e
canta? Canta in playback? Le portano un palo e fa la Lap-Dance o la fa senza
palo come, poi, qualche lustro dopo, avrebbe fatto Vanessa Ferlito in “Grindhouse”[i]?
Chiede al poeta che ha fatto innalzare il suo unicorno al meridiano dell’oggetto
“a”: “E questo?”. Impone a tutti i visionatori di mostrare la ricevuta del
versamento del canone Rai, altrimenti col cavolo che vi faccio tirare su il (-φ) e che Jacques Lacan vada perciò a farsi fottere, lui il
(-φ) e l’oggetto “a”? No. Quella che
avrebbe potuto essere Natasha sussurrò al poeta:”La cosa da ricordare è che in
ogni periodo della vita c’è il gaudio mentre quando non guardiamo la Tv(o la
Rai che sia) è difficile che non accendiamo la luce”.
Cybersix ⁞ © Carlos Meglia |
Ritornando dalla mia amica di Sanremo,
allora una volta le feci: In breve, la cosa migliore è di comportarsi in modo
consono alla propria età. Tu a sedici anni o a diciassette, anche a diciotto
anni(anche se non si può dire che tu potessi avere le tette della Venier, visto
che sei una ectomorfa piatta di petto e convessa di culo), insomma c’era il
Festival di Sanremo e tu passeggiavi per via Gaudio, sentivi ogni sera il
bisogno di cantarci una bella canzonetta, che so? Portami tanti fior, Volare, e
quando venne Bobby Solo con la lacrima sul viso volevi ancora cantarcela anche
senza microfono o avevi cominciato a rimorchiare alla grande in via Gaudio e
allora “sai quanto cazzo me ne frega di cantarvela visto che me la suonano
anche senza plettro”?
La mia amica è questo che rispose, era
tosta e aveva i capelli rossi: E’ risaputo che tu faccia degli strani incontri
nella notte alla Crocetta, ed è risaputo anche che sei uno di quelli che si
innamorano di una voce al telefono, e anche dell’aspetto di una persona da
dietro; è risaputo che sei miope; posto che quella notte quella che secondo
quanto hai visto, e magari avevi pure le lenti appannate per ovvi motivi, era
per te una donna chiamabile Natasha, che anche qui a Torino ha poche
risoluzioni di rima: Natasha è una di
quelle che vive con la massima “è meglio avere un uccello in mano che uno in
testa”, io, alla sua età, anche se passeggiavo lungo la via Gaudio, e non
avevo, per ovvi motivi morfologici, le tette della Venier e nemmeno quelle di
Jayne Mansfied, non prefiguravo che un
giorno a Torino avrei conosciuto il somatizzatore dell’Estensione di Einstein
della Legge di Parkinson[ii]:
“Ogni cazzata si espande fino a occupare tutto il Gaudio disponibile”.
Che potrebbe avere questo
Corollario,dissi sorridendo alla mia amica rossa di Sanremo: “Per grande che
sia lo spazio del Gaudio, se due cose (mettiamo Natasha in latex alla Crocetta;
e tu sul palco a Sanremo) devono essere fatte allo stesso momento avranno
bisogno entrambe dello stesso (-φ)”[iii].
Che dimostra viepiù, chiosò la Rossa,
come il poeta abbia dormito sulla brandina in salotto da Natasha, dopo
che, guardando il Festival della canzonetta, l’uccello, tenuto in mano dalla
signorina in latex nero, sia finalmente volato via.
[ii]
L’Estensione vera è questa: “Ogni lavoro si espande fino a occupare tutto lo
spazio disponibile”:
Two © 1980.
Murphy’s Law Book
[iii]
Il Corollario vero è: “Per grande che sia lo spazio di lavoro, se due cose
devono essere fatte allo stesso momento avranno bisogno entrambe dello stesso
tavolo”: Murphy’s Law Book Two © 1980.