▬ . Se la risposta è no, allora vuol dire che, se sono
l’unico a essere un poeta lineare, checché ne dicano quelli della parola
innamorata e i discendenti della Famiglia Raboni lungo la scia del misticismo
quotidiano metropolitano e altamente urbanizzato, devo essere unico anche per
qualche altro aspetto. Certo che lo sono: sono diverso dagli altri poeti in
quanto soltanto io ho precisamente il cervello che ho; abbiamo senza dubbio
buone ragioni per credere che nessuno abbia mai un conto precisamente identico
a quello di un altro, ed è stato verificato che alcuni editori pagano le
ritenute d’acconto direttamente all’esattoria di Malta anziché a quella di
Milano e altri ottengono la borsa per il corso di dottorato della propria
prole. Dirò allora che solo io sono poeta lineare e solo Apolloni fa le singlossie perché solo io ho il cervello
e il conto che ho? Se volessi sostenerlo, come potrei? Perché infatti dovrebbe
essere tanto importante avere proprio il cervello che ho io? E che devo dire di
mio padre, chi era? Di mia madre, quale delle due, quella titolare dello stato
di famiglia costituito nell’Ufficio dove hanno cambiato il nome di provenienza
al poeta lineare? O quell’altra, quella effettiva? Se non hanno il cervello
della poesia lineare, perché mai non ce l’hanno, e , se io ce l’ho, perché mia
madre effettiva ha pubblicato pure lei poesie lineari? E’ una questione
fallica? E perciò genetica? E perché, per via di quel fallo di mia madre, io da
quella genetica non ho ereditato i benefici dell’industria editoriale?