La poesia lineare discende dalla menzogna metonimica. ▬ O dalla parola innamorata?

Ma che diremmo se non esistesse nessun fattore rilevante?  Proviamo ad immaginare che esiste un altro poeta, tale che lui e io fossimo non soltanto gemelli identici o affiliati alla parola innamorata o alla menzogna metonimica dei poeti discendenti dalla Famiglia Raboni, Paolazzi e Bologna & Dams che dicono loro, ma uguali in ogni aspetto fisiologico e stilistico determinabile, che fossimo insomma due esseri chimerici; immaginiamo anche che ci comportiamo in modo praticamente identico, che dimostriamo le stesse capacità, che manifestiamo le stesse abilità, che abbiamo lo stesso conto in  banca, che paghiamo puntualmente la somma pattuita alla prima bozza, che alla seconde bozze aggiungiamo un piccolo bonus per la signora o la ragazza che “lavora” in redazione, che, poi, compriamo lo stesso numero di copie, tanto che, poi, lo stesso editore, anche se è un altro, sarà costretto a produrre un’altra edizione, e così facciamo l’assegno alle bozze, poi alle seconde bozze un bonus per la ragazza o la moglie, alla cianografica di copertina stacchiamo l’assegno per le copie comprate conteggiando le spese postali, partecipiamo allo stesso premio e lo vinciamo e diamo la metà allo stampatore a pagamento, e all’amico che ha fatto la recensione quest’anno lo facciamo venire in villeggiatura per almeno quindici giorni con la fidanzata o la compagna, non s’è sposato, perché nonostante abbia l’abilitazione scientifica nazionale la confraternita baronale della sistemistica scolastica ancora non gli paga nemmeno le spese del pullman che prende ogni giorno per andare all’esamificio che ne fa abuso e sfruttamento. E così via. Possiamo pensare che tutto ciò possa verificarsi. Consideriamo poi l’ipotesi che solo io sia un poeta lineare. Potrebbe esserci, fra me e l’altro, quest’unica differenza rilevante, e cioè che io sono  un poeta lineare e lui no?