▬. La
singlossia, questo è sicuro, si vede; al momento, non chiediamoci se costa di
più riprodurla in stampa: insomma, è questo che ha capito Ignazio: nella poesia
lineare, gli eventi mentali non possono
essere identificati con gli eventi cerebrali; nella singlossia, questa
duplicità ontologica è eliminata, la singlossia è come una mela, ha
naturalmente una costituzione molecolare; insomma il problema è questo: una
poesia lineare è un macro-oggetto che ha una microstruttura complessa ; una singlossia
aggira questa teoria atomica, ho in mano una mela, una singlossia; questa
singlossia non è una sola e identica cosa con un particolare gruppo di
molecole. Non è possibile: non è vero che io getti in aria la mia singlossia e
ne afferri una nuova ogni volta; eppure, la costituzione molecolare della mia
singlossia fluttua da un lancio all’altro: il raggruppamento di molecole che
costituisce la singlossia quando la getto in aria, o la faccio vedere e leggere
al convegno di poesia visiva, la prima volta non è identico a quello che la
costituisce al lancio successivo, o quando la pubblico, seppur a pagamento e
quindi in teoria come cazzo voglio o come cazzo mi fa fare la somma stanziata.
A meno che non si debba chiamare in causa la proprietà transitiva dell’identità,
ma in singlossia non ci sono casi di identità, non fosse altro perché oltre che
essere didascalica ha anche un’immagine, per quanto non abbia l’iconicità del podice di Druuna, il
personaggio di Paolo Eleuteri Serpieri, che tanto perturba l’oggetto “a” del poeta lineare.