Tre bottiglie e
un coglione ▌ by Gaudio
Malaguzzi
Un giorno , mi venne
dietro la legge di Hanlon: Non attribuite mai alla sottigliezza quello che è
sufficientemente spiegato dalla stupidità; non c’era da fare molta strada, anzi
bastò salire al primo piano ed eccomi al cospetto del coglione più espressivo e
coerente che mi sta devastando la biografia,
nel senso di Whitehead, da 8 lustri, 1 anno e 1 mese, che non è poco, è davvero
una vita.
Il coglione cosa fece
questa volta? Il gioco delle tre bottiglie, che, se ci penso adesso che son
sobrio, mi sbellico dalla risate. Una volta si voleva far passare questo
coglione per un alcolizzato, che, si sa, è uno che beve più del suo medico,
solo che era la medica che dava alla moglie del coglione la famosa pillola da
sciogliergli nel caffè, che, per la famosa definizione di Matz[i], si scioglieva e non
produceva un articolo, lo faceva diventare tutto rosso; tu pensavi che era per
la vergogna, che, se fosse stata tale, doveva diventare verde, invece rosso
com’era pensavi: adesso ci faccio un bell’articolo su questo coglione, la troia
della moglie e la pillola della dottoressa, e me lo faccio pubblicare dal corriere medico, dal mio ex direttore di
astra, che, oltretutto, se la cavava
abbastanza bene con le medicine perché aveva il suocero ch’era stato in un’azienda farmaceutica, che
non è male come risultato quando tiri giù la levetta giusta del dispositivo di alleanza.
Il gioco delle tre
bottiglie, è una cosa semplice, altrimenti perché lo farebbe un coglione?
Allora: c’è questo coglione che fa finta che sta ancora dormendo e tira fuori
la prima bottiglia. E tu dici: e che cazzo ci vuole, dove sta la sottigliezza?
Calma, aspetta un po’. Prende la bottiglia e dice: sapete chi me l’ha data
questa bottiglia, di Nebbiolo, del 69?
Tu gli dai la risposta che vuole: quelli che di solito, se lo fanno dal Foutre du Clergé de France, che è del 1790 ma è più postmoderno del Furguwune Silano di V.S.Gaudio[ii], gli danno il numero 41. Lo stupido non capisce, è naturale, e
tira avanti: quello, quello, come si chiamava? Come si chiamava quello? Gli fai
eco. E quello: quello, quello che voleva farsi passare come fidanzato di… Tu
fai: di?
Di….fa lui. Tu dici:
ah, quello che era stato il fidanzato di tua figlia…ah, e quindi cos’è questo
Nebbiolo? La vendemmia dei loro 69 o dei loro 41? Il fesso, tu pensi, adesso ci
resta di stucco, gli prende un crampo, l’epiglottide gli si impiglia, si fa
come minimo tutto rosso e non ha preso nessuna pillola perché intanto la
dottoressa è morta e il teatrino del tacchino rosso ha chiuso i battenti da un
bel pezzo, niente di tutto questo: dice serafico: è la bottiglia che mi dette
insomma quello di cui non ricordo il nome ma che, come ben sai tu, ha lo stesso
nome di quello che impacchettava i libri alla Zanichelli dopo averli lavorati a
Torino, e che nel 1999 ti ha fatto quella bella stronzata del pesce tipografico
alla storta nell’Enciclopedia delle Scienze Anomale. Bene: e adesso che ci
facciamo con questa bottiglia? L’etichetta è carina, se vuoi ad occhio ti dico
quanto più o meno fa in euro se vuoi andarla a rivendere a Torino a qualche
bottiglieria di via Garibaldi, oppure la dai a tua figlia che la ridà a quello
che era il suo fidanzato, e gli fai dire: stronzo di merda, ‘sta bottiglia del
cazzo, bevitela tu e quella zoccola di tua madre, cornuto e coglione un po’
oriundo e un po’ ombrone!
◄ Non era questa la
bottiglia mostrata, a mo’ di feticcio,
dal coglione, ma l’anno è quello giusto:
la casa vinicola
produttrice del Nebbiolo, dallo stupido commesso esibita, in realtà faceva rima proprio con “coglione”!...|
Non mi dà nemmeno
il tempo di trovare il punto di
connessione con il modello degli elefanti scacciati, di cui riferisce Paul
Watzlawick, che il coglione va a prendere la seconda bottiglia. Et voilà: perché
sei andato a prendere un’altra bottiglia, non ne abbiamo abbastanza della
prima? Lo guardo e capisco: è convinto di essere dentro la storia dell’uomo che
batteva le mani ogni dieci secondi. Interrogato sul perché di questo strano
comportamento, rispose, quell’uomo: “Per scacciare gli elefanti”[iii]. E noi in coro:
“Elefanti? Ma qui mica siamo a Catania o a Chambéry, non ci sono elefanti!” E
lui: invece di dire:”Appunto” come quell’uomo,dice: “Ma gli elefanti non bevono
il brandy che fanno in Ucraina”. Cazzo, questo è davvero stupido: che bisogno
c’è di andare fino in Ucraina con l’elefante di Catania per farsi un goccio di
brandy quando basta tirargli la proboscide e quello ti sputa fino a Trieste
dove, anche al porto, tra uno Stock e l’altro, puoi continuare a suonartela
fino all’alba della settima luna la ballata degli elefanti che non bevono
brandy in Ucraina, figuriamoci se si fanno tirare l’uccello da una badante di
quel paese così altruista!
Simone Dauffe per "Uh Magazine" |
Se a un elefante,
attraverso una lastra di metallo stesa sul pavimento, si fa sentire una scossa
elettrica in un piede, preceduta immediatamente da un segnale acustico o dallo
zufolio nell’orecchio perché Simone Dauffe ti sta pensando di brutto[iv], l’animale, e anche tu se
sei un animale normale, stabilirà rapidamente tra le due percezioni
un’apparente connessione causale. Ciò significa che ogni qualvolta l’elefante,
anche se non lavora al circo Orfei, udrà il segnale, alzerà il piede per
evitare la scossa. Una volta stabilita questa associazione tra segnale e scossa, quest’ultima non sarà più
necessaria, anche se sei un cavallo, o un fortunato cavallo: anche il solo
segnale o la passata della cicogna provocherà l’alzata nel cavallo fortunato e
lo spruzzo dalla proboscide nell’elefante che si è scolato la bottiglia di
brandy dell’Ucraina. Ognuno di questi gesti rafforzerà nell’animale la
convinzione di aver così evitato con successo il doloroso pericolo. Ma il
nostro coglione, invece, come d’altronde quelle due bestie, ciò che non sa e che
in questo modo neppure può scoprire è
che già da tempo il pericolo di sputare
dalla proboscide tutto quel liquido ucraino non sussiste più. E quindi
l’elefante, poverino, che aspira all’infelicità può tranquillamente fare
affidamento sull’efficacia di questo metodo. Il cavallo fortunato, invece, che
non è di Catania ma è stato sempre nel territorio della Savoia, pure quando
andava in farmacia, sempre con quella borsa attaccata alla cavezza, la
bottiglia se la fa portare dall’Ucraina da una cicogna grassa e nera, tracanna
tutto e poi consegna i numeri, e il coglione se li gioca al lotto, ma non
essendo un cavallo fortunato non gli esce
mai il numero mancante, tanto che si convince che la soluzione più
logica è il persistere del problema. E quindi statene certi: la prossima volta
ritira fuori la stessa bottiglia. Questa volta, dirà, che s’è sposata la
figlia. Della badante.
Non è passato manco un
quarto d’ora che, dal nulla, appare la terza bottiglia. Che, non ci crederete,
voi pensate che fosse vodka, invece, che cos’è?
Cosa dovrà essere: vino, brandy,…grappa,no?
Oh, gaudio, un altro
po’ e vengo. Dice: questa grappa è per quando si sposa mio figlio. Ah, però,
che previdenza: è un po’ come quella storia della vecchia zitella che abita in
riva al fiume o al di qua del bosco, e ogni giorno vede il nipote che si fa
fare un pompino da una strega che a chiamarla Ecate, Ecate s’incazza; la
vecchia zitella non sa se chiamare i carabinieri, la finanza , la guardia
forestale, i vigili urbani, la polizia stradale o la polizia provinciale, a un
certo punto pensa che è un problema di chimica e quindi dice che deve chiamare
il Ris, ma il Ris è a Parma, vabbè, faccio una e-mail e vedrai che quelli son
così veloci e diligenti che vengono subito, prima del poeta; quelli arrivano
per davvero, ma intanto il nipote non sta più con la strega normanna e allora
il coglione vuole stappare la bottiglia che è convinto che adesso il figlio
finalmente si sposa, ha fatto già le pubblicazioni, ma con chi cazzo si sposa
adesso che Ecate non vuole più saperne di bere a canna?
Riapro gli occhi e il
coglione è ancora là con la bottiglia di grappa in mano: “Allora – gli dico-
l’avete visto dalla finestra? Non sta più là sotto, è in riva al mare, prendete
il cannocchiale. E’ laggiù, vedete, sta facendo il bagno con una sirena in
abito bianco, poi, quando finisce la funzione, passa la nave da crociera e
vanno a Malta, dove fuggì quel generale della finanza della P2 Lo Prete per via
del petrolio[v] e perciò è lì che vanno anche i mercanti fiscalizzati dal
ragioniere con lo stesso nome, la stessa connessione con la finanza e con il
petrolio, fosse anche quello della Val d’Agri. Che strano: c’era una volta la
moglie di un tale con questo cognome che stava con uno che aveva la cartoleria
e vendeva i libri per la scuola: il fatto è che la scuola la teneva uno del suo
stesso paese dell’ammašcatura, il marito di quella che stava col cartolaio gli
facevano fare il bidello in quella scuola, e il cartolaio era del stesso paese
dell’ammašcatura di quello della scuola. Insomma anche qui tre coglioni, una
scuola,lo stesso paese, e una nave
scuola. Non ti resta- dico al coglione- che lanciare la bottiglia di grappa
contro la chiglia della nave, se la becchi, Ecate non glielo succhia più, e lui
vivrà felice e contento, ordinariamente sposato, con quella sirena, che, datemi
retta, basta dire in giro che l’ha rimorchiata al largo dell’Egitto, e a Torino
gliela fanno tenere all’agenzia delle entrate purché sia in regola con il
canone telelettrico. E non tirate fuori la scusa che se sta sempre in acqua
come cazzo fa a vedere la Rai che se accende la luce…Piuttosto, quella
bottiglia di grappa, pure quella, datela da bere al torinese!
A questo punto ci si
può chiedere: cosa farebbe il coglione se le tre bottiglie scomparissero
finalmente dal suo stipo? Forse ricomincerebbe a bere e prenderebbe volentieri
ancora quella famosa pillola per arrossire, o forse tirerebbe fuori altre tre
bottiglie, una di chi non ricorda il nome ma di sicuro l’ha rimosso perché
gliel’aveva data uno di passaggio che si presentava come l’ennesimo fidanzato
della figlia anche se non stava a Torino; la seconda della collaboratrice
domestica che, dopo aver sposato il figlio, adesso ha sposato il nipote, che
gli ha mandato in regalo una bottiglia di Chardonnay ucraino; la terza, che non
è più una grappa che anche se è monovitigno sa sempre di tappo e per questo il
figlio non ce la fa a stapparla, una confezione gigante di gazzosa di Dipignano
del 41, che, lo sapete, no?, la soluzione è nel numero, e il 41 è quello che è,
poi fatto a gazzosa, non si può dirgli niente al coglione che, ricorda ancora
il poeta impietrito dal puzzo e dal soffocamento, spara gas a
chi gli sta dietro e poi, una volta presa la bottiglia, chiede all’ospite,
cerimoniale come sa esserlo qualsiasi gazzusaro commesso viaggiatore : “Ce ne
beviamo un goccio?”