F., mio aoristo, oh fremito tremi, menamelo ancora
Su,
la vita tardi è passata, laggiù finita inespressa e di nuovo sei comparsa,
questo s’aspettava che le cantassi, con quanto da dire, avanti, ancora ridìlla,
e testa, oh mani, il naso e la bocca, le tue mani, tenetemi, accarezzatemi,
disgiungete le mie mani, lungo tutta la piazza fino alla fine del giorno, i
passi, i tuoi passi fin quando si fermano, allora nessun luogo lungo tutta la
piazza fin tanto che io arrivo da via Zeffirino Re a lungo nessun suono, poi i
tuoi passi , le gambe, riprendono unico suono lungo tutta la piazza fino alla
fine del giorno, allora là, allora là, allora sei di nuovo là, di nuovo
quell’autunno e quell’inverno per così tanto poco qualcosa lì, lì fuori, fuori
che cosa, qualcosa , la testa, le mani, le gambe finché infine giungendo più
nulla nuovamente lo serri, così talvolta, è questo che vuoi sentirti dire, da
qualche parte lì fuori proprio come se qualcosa che afferri, di fuori, è così
tenero ed è il mio oggetto “a” venuto da Brescia che nuovamente lo serra da
qualche parte lì in piazza, qualcosa, qualche volta, come un qualcosa, ti
ricordi?, la lunga trascorsa adolescenza tutta nel buio del cielo di Cesena,
scintillante scissura, fremito di tremore fino a quando quante volte irruppe a
lungo sigillato così prima che a lungo quiete a lungo niente una scissura, oh
fremito tremi, menamelo ancora F., fremi così sulla superficie di fuori si
spanda vasto unica macchia nel cielo d’inverno che c’è a Cesena, testa, sfera,
oh mani, un fievole fremito, finché di nuovo in quiete l’occhio risigìlli
subitanea e liscia scintillante scissura, meno chiacchiere, fanciulla, ὡς quando ha l’accento (=ὤς ) è avverbio dimostrativo e
significa così, andiamoglielo a dire a quella strega che ci fa greco ed è
stata mandata qui per così tanto poco marzo allora non ci sarò più a scuola né
in piazza Bufalini, per così tanto poco ho imparato prima di tutti tutta la
grammatica greca anche quella dell’anno che verrà e io non verrò allora là con
questa vecchia megera che viene da Mantova e, ti ricordi F., voi tutte le
ragazze, mi avevate fatto capoclasse e lei mi impose di dimettermi per così
tanto poco, laggiù la vita del fanciullo finita inespressa per la vecchia
strega di Mantova che era venuta a farci il greco e io venivo dalla Magna
Grecia, e, oh, testa, oh mani, le tue, tenetemi, disgiungetemi, dai, mio
aoristo, fammi venire meglio sul tuo culo avrei voluto che sui piedi né floscio
sul dorso che sull’uno e sugli altri, chiedi al pensiero quante volte hai
pensato al tuo ragazzo così triste per inciderlo in cielo sulla soglia fin
tanto lo rinserri al meridiano finché, a volte, ammettilo, ti viene il gaudio
in faccia!
! V.S. Gaudio