L’esercitante per la “Battaglia dei Gesuiti” e la doppia misura del piede♫
Quello che accade
all’ascoltatore, quando commuta il suo
fantasma che è essenzialmente visivo, è
quello che accade all’esserci , come Dasein, abituato alla sua nevrosi
ossessiva. Voi le sentite queste due che cantano e ciò che vedete è che vestono
in grigio, hanno due vestiti identici, che indossano a turno. Hanno le stesse
mutande grigie, che indossano a turno. Hanno le stesse calze, le stesse scarpe
grigie, forse anche lo stesso numero di piede. Probabilmente si sono svegliate
alla stessa ora, più o meno alle sette e un quarto, di questi tempi, e, quando
viene il solstizio estivo, verso le cinque e mezzo, ora solare. Alle otto e
alle sei già son pronte per cantare. Basta vederle camminare, appena fuori di
casa, come se fossero l’immagine
ignaziana, che non è una visione-
scrive Barthes- ma una veduta,
e in questa veduta il visionatore, o l’ascoltatore, inquadra
sapori, odori, suoni o sensazioni[i]. Le donne, quando cantano
così, hanno rinunciato da tempo a servirsi non solo di mezzi pubblici ma anche
del taxi, non perché siano inesatti(i mezzi pubblici) ma piuttosto perché aderiscono(le donne), nel
cammino, alla puntualità del loro piede. Non leggono né libri né giornali, che,
va da sé, sono stati sempre depositi di inesattezze e non hanno la misura, il
metronomo, del piede. Mangiano sobriamente, o forse mangiano, in determinati
passaggi del bioritmo, con marcata bulimia, al limite dell’indifferenza. Non
sappiamo se siano astemie, ma di sicuro bevono Pinot-Chardonnay, per via della
sensazione che ha il visionatore, quando le ascolta, che il pelo di queste
cantanti sia biondo, il biondo che ha in sé il vento o la pioggia, o, meglio,
entrambi. Quello che piace, all’ascoltatore, di queste cantanti è che camminano
anche per un’ora, anche in spazi chiusi e detestano i sogni e la psicanalisi
dei sogni, l’ascesi ignaziana e la mistica fiamminga, forse anche i peperoni
ripieni come usava cucinarli la madre affidataria del poeta, che era sonnambula
e, per questo, non sognava spesso, però non cantava, né si allenava a
dimenticare i sogni, anzi, al mattino, quando aveva sognato quella notte perché
non aveva fatto la sonnambula, nella stanza chiusa e scura in cui c’è un
piccolo camino, ma fuoco poco o niente, informa di questa sua visione notturna
il piccolo poeta, che dovrà vedervi l’incontro fantasmatico del desiderio,
formato direttamente sul corpo materiale, e la scena, derivata dalle allegorie
di desolazione, anche per via della sua Herkunft
di Sant’Arcangelo, e dai misteri evangelici. Che cosa si dovrà occupare in questo teatro del nulla,
si chiedeva sempre il piccolo poeta, se è il suo corpo che è destinato ad
occuparlo?
Il fantasma, quando il
poeta si fece grande, non è una persona,questo pensò: gli si assegna sempre un posto o un ritaglio
di vestito, di stoffa, anche una mutanda, nella scena, specialmente quando capì
che il vestito che forniva la scena, il materiale, il tessuto, se vogliamo, del
fantasma, poteva essere proprio quello della madre effettiva ma che era venuta
in quella scena nelle vesti di un altro esercitante, o un’insegnante, poco
importa, tanto il poeta non riuscì mai a capire dove andasse a dormire, e a
sognare, a meno che non camminasse come le nostre cantanti attuali perché anche
lei aveva la bilancia e la marca nella misura del piede. Che sta in questa
lunghezza del cammino, o del tragitto,
per via dei passi, che si possono contare, anche se fa semplicemente il giro
dell’isolato in cui custodivano il piccolo poeta tra l’1, il 3 e il 5 di Corso
Vittorio Emanuele III: è un esercizio spirituale, che consiste nella limitazione
del mondo da un itinerario angusto, nel cui ambito sempre meno o niente può
accadere; guardando ad est, verso il passaggio a livello, potrà essere accaduto che quella donna abbia visto,
quella sera, transitare un treno verso Taranto o Reggio Calabria. Questo
esercizio in realtà nasconde un disegno più sottile: si farà del suo
itinerario, di quell’isolato, un luogo unico, centrale all’ordine del mondo e,
poi, lo si farà seccare per poterlo prima potare e, poi, quando quel suo passo
con quella gonna grigio scuro, come pendolo esatto del mondo, avrà esattamente
toccato il punto della caduta, abbattere, distruggere, cancellare.
Le cantanti, e
piuttosto la loro veduta, quando cantano, e bisogna per questo ascoltarle, è
più esatta del mondo, non è una questione di retorica, né di sofistica, né,
quantomeno, di topografia, perché l’immagine, la loro immagine, con quelle
mutande e le scarpe grigie, e il tessuto della gonna teso sulle gambe, come
nell’immagine del piccolo poeta, è legata all’ordine del discontinuo, che regola sempre un gesto inesatto,
incompatibile col mondo; e questo loro passo, con questo piede, fa riapparire
il fantasma della madre perduta e riapparsa in un’altra scena con un altro
ruolo, per questo quella scena, e quella casa, è stata lacerata e dispersa come
un vecchio giornale in un giorno di vento. La composizione del luogo e del
fantasma genera sempre una Stimmung, come questa Mashup delle cantanti[ii]: da una parte l’alone, il
bagliore ainico, e dall’altra la
declamazione del nome, un archetipo-sostantivo, perché il canto possa essere
incompleto come una catena parlata o l’apertura del sintagma non abbia nessuna
chiusura assertiva se non la mantica e il dramma dell’interlocuzione. Il piede,
come il canto, quel suo bioritmo, non è altro che lo strumento docile e
insignificante delle serie faccende dello spirito, del cuore o dell’anima, in
una parola è come il linguaggio per il (-φ) di Lacan, che il poeta in più casi chiamerebbe
(-γ) o, per via dell’elocuzione quotidiana in
Magna Grecia, (-κ). E’ come l’esercizio
spirituale, che non è naturale e per questo, anche insufflato, non ha toni
barbari, ma producendosi dall’immagine, che è più vicina all’inconscio e a
tutto quello che vi si agita, non ha niente a che fare con il misticismo, anche
quando tiene l’Heimlich tra l’udito,
il piede e l’alone dei misteri. La musica è sempre nell’ordine della
contabilità, che ha un vantaggio meccanico, quello di essere linguaggio di un
linguaggio, che si presta ad appoggiare quella circolarità infinita delle colpe
e del loro calcolo, passo dopo passo, piede dopo piede, nel canto miscelato o
raddoppiato, fra il visionatore che pecca e la somma numerabile delle sue
colpe, si crea un legame narcisistico di proprietà o di deprivazione, anche
perché la mancanza (della madre, del padre, della famiglia, del cognome di
famiglia) è un mezzo per accedere
all’identità del poeta, e in questo caso l’ordine computabile del peccato ha
sempre una matrice ignaziana, anche quando lo si rende il poeta all’anagrafe
come figlio di tal Saverio, anch’egli deprivato gesuiticamente (del nome
davanti), che è una maniera cosmica di declinare la colpa originale, l’inferno
e, man mano che si va da un secolo all’altro, la sempre nuova ideologia
capitalistica, che è il paradosso della Stimmung , intanto che lacera l’ego
della persona e il suo codice fiscale per l’enumerazione dei beni. La
contabilità, il carattere ossessivo degli Esercizi
che esplode nella rabbia di contabilità trasmessa all’esercitante, ebbe a
scrivere Barthes[iii]:
dal momento in cui appare, e in questo caso è dall’orecchio che pervade la
sensorialità dell’”esercitante”, anche se è doppia la messa in audio, l’oggetto
stesso, doppio, è rotto, diviso, computato. La contabilità è nel senso stesso
della “Battaglia dei Gesuiti”, come la si intende in argot[iv], che, nel campo
dell’immaginario, non è detto che sia sempre 5 vs 1, a volte non viene usata né la mano dell’esercitante né
quella della diaconessa, fosse stato un video questa messa in audio di questa Stimmung canora o musicale, la
contabilità inerente l’ossessiva, e infinita, Battaglia dell’esercitante
avrebbe avuto qualcosa della contabilità grafica, prevista da Loyola, o sarebbe
stata più attuale, se non postmoderna, per via dell’uso degli indicatori
globali di Abraham M.Moles[v] per l’esame di
un’immagine, e sarebbero bastate quattro settimane, che, poi, sarebbe un ciclo
lunare o, in chiave egiziana, un ciclo di Iside a illuminare la soggezione del
devoto agli indici costituzionali e morfologici, sempre nel sistema della moda
e dell’apparenza, delle due divinità che stanno esibendosi per la Battaglia
dell’esercitante? Ma, trasmutata così la Stimmung
canora, avrebbe perso quanto di tutto quel bagliore
ainico, prodotto dalla “veduta” cantata per l’orecchio
dell’esercitante?
♫ by V.S.Gaudio
[i] Cfr. Roland Barthes, Loyola, in: Idem, Sade, Fourier,
Loyola, Editions du Seuil, Paris 1971.
[iii] Cfr. Roland Βarthes, Loyola, loc.cit.:ibidem.
[iv] Cfr. Georges Delesalle, Dictionnaire Argot-Français & Français-Argot, Paul Ollendorff Editeur, Paris 1898.
[v] Abraham M.Moles, Teoria informazionale dello schema, in
VS.Quaderni di studi semiotici, n.2, Mauri, Milano 1972; cfr. anche l’uso
fattone da V.S.Gaudio in Oggetti
d’amore.Somatologia dell’immagine,
Scipioni Bootleg, Viterbo 1998.