Per via dei
prati privati e dei parchi è vietato
calpestare le aiuole, tanto che ancora una volta la situazione sembrava
offrirgli, al poeta urbano, una sola possibilità di scelta fra due alternative
che gli parevano entrambe inaccettabili: dai, sediamoci qua, disse Vuesse
quella volta a Milano, in quella città così oscura ma in quella primavera così
lieve di splendore nella controra, a Nadiella Campana e non ci colsero in
flagrante, stemmo lì seduti quanto tempo, il tempo giusto per sentire che non c’era
vento, Milano, d’altra parte, potrebbe essere una città più ventosa di Torino,
o di Cesena, se vogliamo, questo disse il poeta a Nadiella, e ti ricordi il
parco della Montagnola a Bologna? O
quella volta che sui colli ci sorprese la pioggia e ci riparammo, dove ci
riparammo a fare che cosa, a guardare la città lontana nella pioggia, e c'era
vento? E, in definitiva, l’erba dei prati, se è alta, ti ripara dal vento, e
puoi anche pisciare senza che il vento te la sferzi addosso. Anche in campagna
è la stessa cosa. Però, questo Nadiella non lo sapeva, mi è sempre piaciuto
falciare l’erba d’estate, qui lo facevo nel sentiero del bosco del torinese e
anche nel fossato, davanti casa ad ovest, sotto la strada statale, per
mantenere bassa l’erba sulla conduttura della fognatura. Di là, a lato della
strada, il canale e i rospi, e la solita serpe a giugno, come se amasse il sole
dei Gemelli, che, adesso, se ci pensi, è il sole che portò via Nadiella, prima
dal poeta e, sei anni dopo, dai prati e dai parchi della città dell’industria
della poesia e del Grande Fratello.