(…)
Le dico: Judäa, Judin, Judin Aurélia, Judäa Judin,
Judin Aurélia Steiner.
Mi
tengo all’entrata, Eingang, del come, wie, che non è,
e
del conno, Fotze, che se le accarezzo il culo, Arsch
fa
Feige, nella mia stupidità sostenuta, come se mi dicesse
“halt
die Fotze!”[vi],
resto lì, nella cura estrema di menarglielo
il
supplizio fino a che finisca.
Poi,
entro nel suo corpo.
Che
fa Körper ma io lo sento come Leib:
le
dico: Korpus, e lei dice: Dummkopf.
Il
movimento è lentissimo, inverso a quello
dell’entrata,
adesso sto nella lentezza
della
stupidità, così non parlo più,
sotto
pena di passare da stupido
ho
il permesso come poeta di raccontare
a
nome dell’umanità che c’è il sole nello gnomone
di
Aurélia Steiner, posso renderne conto senza riguardi,
tra
insufficienza spirituale e insufficienza intellettuale
sono
estremamente rozzo.
(…)
da: Aurélia
Roh Steiner ▒ La Stimmung sulla stupidità del poeta
[v] “Come ti chiami?”
[vi] “chiudi il becco!”