Il poeta del Toro ha un eros
robusto e possessivo, pratico e ostinato. Ha la dolcezza di chi, meditando sul
corpo altrui, pensa a come appropriarsene. D’altra parte, la sindrome del
possesso è un po’ il suo “tallone di Achille” che, rendendolo molto geloso, ne
lima le potenzialità sessuoaffettive. La sua vita erotica è trascinata, più che
dalla gaiezza di chi rapina, dalla felicità di sommare e di ammucchiare. Il suo
piacere è la ripetizione, l’interminabile
novità che scopre nella sua amata( o nel suo amato) è pegno della fedeltà del Cavaliere ormai servo: è il tema dell’anello,
motivo obbligatorio della Cortezia. E’
da questo apparente “asservimento erotico” che la fedeltà del Toro diventa la
trappola della gelosia per la sua Dama o il suo Cavaliere. La pulsione erotica è
di tipo adesiva: “A mio vantaggio
voglio trattenerti per ristorare il mio cuore”. Con l’età, il suo immaginario
si spoglia e i fantasmi sessuali perdono consistenza. Ama la profondità: più
che “spingere”, virtù erotica del poeta Ariete, ama “occupare”, ma non come il
poeta Leone che ha come schemi verbali quelli dell’invadere e del risalire(da
Sibilla Aleramo a V.S. Gaudio passando per Alain Robbe-Grillet), più che “muovere”
ama “stare”, ma non come nel paradigma rigido
e costante del poeta Capricorno, che
attiva la sua pulsione di contatto
con fantasmi eminentemente orali(da
Ferdinand Céline a Stefano Lanuzza passando per Franco Cavallo).