_▐ Quella
mia amica del Toro che si metteva in ghingheri per il S.Vito di Luzzi all’Opera Sila…e il
poeta sibarita.
(...)sol perché volevo conquistarti e venni a comprare la bottarga di Pizzo e il S.Vito di Luzzi (...) |
Quella mia amica del Toro che mi raccontò che era troppo inquieta e che
lodavano troppo il suo spirito. E io a ridere: che cosa ne è rimasto? Che
illusioni, Vuesse, dentro lo specchietto delle allodole, delle città
orgogliose, amavo tanto Torino per questo e anche Alessandria e Verona, e delle città
ingannatrici, Venezia, le chiesi, e lei, a guardarmi con gli occhi spalancati e
poi a ridere come solo lei sapeva ridere, tra gola e muso, e il naso e l’estro
della voce rauca: Cosenza, così distaccata e allegra e invece è seria e grave,
per via della mia maliziosità, ero troppo civetta e, ti ricordi, Vuesse?,
quando me ne andai con un professore di agraria che suonava il violino. Che
espiazione: lasciai mio zio, e pensavo che quando si è snelle e ci si lascia
palpeggiare, anche in via Alimena, o forse quella volta alla rivendita dell’Opera
Sila, da quel poeta sibarita, ti ricordi, fottuto poeta sibarita, e allora si
hanno tutti gli uomini che si vogliono, e anche te, il cultore plebeo dell’approccio
tattile, e io che allora mi ero messa in ghingheri, mica per il concerto al
Rendano, sol perché volevo conquistarti e venni a comprare la bottarga di Pizzo
e il S.Vito di Luzzi a 6000 lire la bottiglia, che città ingannatrice e che
poeta sibarita, figlio di puttana in maschera, che sarà stata snella anche lei
e pure lei si faceva palpeggiare sulle navi del padre armatore, nei porti,
financo a Cuba, si narra, che, come me, portava buono e fece la fortuna degli
uomini che le toccavano il culo, quilla zoccola ‘i màmmitë la apprezzavano
molto! E poi quando ce ne uscimmo per via Alimena e mi accompagnasti fin sotto
casa e mi dicevi che avevo un buon udito e si capisce che sei perseverante,
tenace e circospetta. E io che avevo l’allure di Julie di Balzac, al gran
lasco, anche in corso Mazzini, ti dissi, mi piace camminare al gran lasco, e tu
che mi dicesti sornione, poeta lussurioso della Battaglia dei Gesuiti? Ma non lo so, che potrei aver detto? Che hai
sempre bisogno di un trampolino per metterti in moto, o forse ti avrò detto:
sul sellino della bicicletta? E lei: no: mi dicesti: una volta tracciato il
solco, se cammini così manchi apparentemente di mobilità perché sembra che
rallenti il passo, però la cosa, l’iconicità, o la pregnanza, la pregnanza,
dicesti, carica forza e profondità. E il trampolino? Feci io. Beh, quello, poi,
sarà servito, negli anni del secolo a venire, a quella tuffatrice di Bolzano
che è del Toro come me e non avrà mai letto Kierkegaard, come me, e il bello è
che siamo tutti e tre del Toro, come quello che ha lo stesso cognome tuo in
tedesco, Sigismondo Freud che ci ha spiegato tutto sulla pulsione anale anche
di quelle del Capricorno, come tua madre e tua moglie! E qui, chiosando, le
dissi: A. che ti piace di più, tra la fava e la banana, il cavolo e il fagotto,
che afferiscono tutti al tuo segno? Si fermò, mi prese per il gomito e cominciò
a ridere toccandomi il naso con il dito indice: io amo la tua natura insolente,
si vede che hai il gusto delle maiuscole e degli estremi, il poeta del
solleone, la tua forza irradiante e centrifuga, istrione come a màmmitë e
mansueto come a pàtritë, il tuo eccezionale concetto di te stesso mi fa
impazzire, ogni volta che ti penso o ti vedo non posso che scegliere la banana,
anche se tu una volta mi hai detto che ho un po’ della baggiana, che ha a che
fare con la fava, della Lucia di Piero Chiara, che, sempre secondo te, e anche
Chiara, teneva un culo e la stessa camminata della Julie di Balzac, ed era del
Toro, con Giove in casa Quinta, come me! Ma pure quella del
trampolino di Bolzano non è del Toro e non tiene pure lei la pregnanza profonda
e la pulsione anale del tuo omonimo tedesco?
Ma pure quella del trampolino di Bolzano non è del Toro? (...) |