Cartolina postale di Domenico Cara a
V.S. Gaudio
corso Vittorio Emanuele, 98
TREBISACCE
87075 (Cosenza)
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Milano, 14-3-1987
Carissimo Gaudio,
(...)
Poiché sto lavorando alla poesia del
Novecento calabrese, e dovrei dedicare
un capitolo alle donne della poesia,
sarei lieto avere materiali e notizie
dell'Aino* che conosci credo, e che
mi sembra abiti dalle tue parti.
Ti ascolto per dizionarietti e interventi socio-erotici,
ma non conosco quale via degli astri persegui
fra tante galassie poetiche!
(...)
* Aveva dimenticato il buon Mimmo che, per il mio matrimonio con tale Aino, al secolo: Marisa Aino, ci aveva fatto dono
di una serigrafia di Ibrahim Kodra...forse perché noi, poi, io e mia moglie Marisa Aino, l' avevamo regalato alla
cosiddetta mia cognata Francesca Aino in Redente!... Non a caso, nella stessa cartolina, nomina il cognome Carravetta, che, guarda un po' il caso e Jung più di Freud, la mia cognata Redente ha un cognato, per il marito, che reca lo stesso cognome di Peter Carravetta...Che,
a riguardarla dopo decenni la faccenda, per via di chi da questa ebbe a
discendere e a seguire corsi di quel torinese (la stessa a cui donammo il dono
di Cara, come la sorella e il poeta, poi, non ebbe a conformare e a conformarsi
al paradigma del “bosco del (cosiddetto) Torinese” così istituito dalla
magistrale consulta della Virgo Fidelis?) addetto alla presunta comunicazione,
anche filosofica, e che gli manca?, artefice indefesso di quel lustro di
esamificio alla emerita Università delle Calabrie, tutto un proliferare di
statini ad alta risoluzione di presupposti cervelli della comunicazione
scolarizzata dagli stessi portatori del virus cui veniva sinapticamente
commutato in “Semiotica” chissà che esame di quale altra materia agli antipodi, in quell’altra emerita ed eccelsa Università al di là dello stretto, fatto prima
che in Italia, e di sicuro al Dams di Bologna, venisse in qualche modo istituzionalizzata
la cosiddetta “Semiotica”, insomma un’alunna da questo torinese addestrata che
si dichiarò seduta stante esperta perentoria dell’arte, anche pittandola essa
stessa, ritrovandosi questo Ibrahim Kodra,tra una parete e l’altra, riempite di
madonne fatte dalla madre, secondo l’altro corso di quell’altra famosa scuola
professionale avviata nella città del Vaticano da quell’altra famiglia il cui
nome irruppe seduto stante, quando appunto V.S. Gaudio si maritò con Marisa
Aino, nel paese, che aveva loro dato i natali, come possessore, non certo del
campo di concentramento di Ferramonti, bensì di quel casale a ridosso della
stazione ferroviaria che era stato occupato da banditi siculi e separatisti e
signore tarantine del prossenetismo, insomma a quella provetta addestrata al
concepimento dell’arte da quella congrega così apparecchiata da quell’istruito
istitutore della comunicazione assoluta per tutte le Calabrie a partire dalla generazione
di quella donzella avvezza alla grande arte…per
essersi fatta studentessa di tale maestro in virtù della visione
quotidiana di quella patafisica serigrafia di Ibrahim Kodra, che poi era
albanese come la madre, il padre, la nonna, il fidanzato e lo zio!
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