Lo stile mistico di Carlo Villa.


Una lettera di Carlo Villa[riproduciamo questa perché C.Villa non è compreso nell’antologia degli autografi di cui alla grafopoetica di V.S.Gaudio]´indirizzata a Marisa Aino, che, in quegli anni aveva pubblicato L’idea, il desiderio, la menzogna, Torino 1982 e che coordinava, con V.S. Gaudio, le Collezioni di Uh; il poeta e romanziere romano sollecitava la partecipazione di Marisa Aino al premio Montale, di cui era segretario, un po’ come quella della Fondazione Nobel, che era tanto presa da Bob Dylan da farci uno “studio”, così hanno detto, e quindi gli hanno dato l’assegno; Marisa Aino non ricordo manco se inviò sue poesie a quel Premio(vedi Maria Luisa Spaziani e compagnia) ma di sicuro è che, anni dopo, il Villa voleva pubblicare nella collezione di Uh così titolata “Scrittura & Poesia”…


Il dispositivo mistico e sensoriale di Carlo Villa.
Maria Luisa Spaziani, che non aveva l’intensità, a differenza del segretario, la presidente del Premio, arrotondata della calligrafia di Marisa Aino, tutta tesa tra la grazia e la suggestione della lentezza, aveva pur sempre una calligrafia dalla forma calligrafica, come l’avevano Cimatti, Grillandi e Gilda Musa, tra la vanità e l’esibizione, ma con un tocco semplice che rende la vanità più franca e elastica. La direzione rettilinea della Spaziani, che è un gesto grafico anche di Gerbino, Lucio Zinna e Luigi Fontanella[i], carica l’ossessività di alcuni paradigmi rendendo quasi fermo se non inflessibile l’esibizione di determinati simboli. L’intensità quasi grassa della calligrafia di Carlo Villa mostra l’ostinazione e l’inerzia dei suoi paradigmi erotici, la sensualità quasi di rigore, è un gesto grafico che lo accomuna a Paolo Ruffilli, ma anche a Pietro Civitareale, ad Antonino Cremona e ad Angelo Scandurra. E come questo Villa ha una forma bizzarra tra eccentricità e nervosismo, che era evidente anche nella calligrafia di Bufalino come lo è in quella di Stefano Lanuzza. Lo stile “mistico” di Carlo Villa è sempre pronto ad esplodere tra una sorta di realismo sensoriale, con tutti i rischi narcisistici, e la viscosità delle immagini: il dispositivo di sessualità o, se vogliamo, l’immaginario, che riguarda l’oggetto “a” nei piaceri singolari, di chi ha questi gesti grafici, precipita di fronte a chi ha una dimensione grande, come quella della calligrafia di Marisa Aino, che tra romanticismo e ardimento, incanta la sensorialità inerte e ostinata del calligrafico che coltiva ossessioni e immagini dentro il sistema digerente delle strutture mistiche. !V.S.Gaudio

[i] Cfr. la mia grafopoetica nella introduzione a: IL POETA E IL GRAFOLOGO. Antologia degli “autografi”, a cura di Giovanni Occhipinti, Ragusa 1984.