Massimo Pamio e la concupiscenza calligrafica ◊

La poesia inviata da Massimo Pamio
a V.S. Gaudio per la Grafopoetica

Perché tu e non altra
sei stata il mio angelo custode
la nicchia in cui ho riparato, con me stesso,
tenerezze dubbi avversità
paure e la certezza
che mai saremo una sola persona
perché tu sei il mio vero 
                                ultimo nessuno

Massimo Pamio


Un'altra forma del “mondo” : viceversa la Pina?
Introduzione di V.S.Gaudio 
alla Grafopoetica
Tavola a pagina 8
Tavola a pagina 9
inserimento di Massimo Pamio
nella FORMA calligrafica
e pagina nella DIMENSIONE
grande e larga
E’ arrotondata, nel sottogruppo dell’Intensità, la calligrafia di Massimo Pamio, come lo era quella di Ester Monachino, la Maria Grazia Lenisa, e lenta, come quella di Inisero Cremaschi.
Introduzione di V.S. Gaudio
alla Grafopoetica
 Tavola a pagina 10
Massimo Pamio inserito
nella CONTINUITA' staccata
Comunque, è calligrafica quasi quanto quella di Domenico Cara e quindi, come il poeta calabro milanese, ha in sé una pulsione da dominante copulativa, così la chiamava Gilbert Durand: fa vibrare costantemente la struttura della drammatizzazione o della storicizzazione, anche del “quotidiano”, se vogliamo: lo schema verbale dell’unire oscilla avanti e indietro come se fosse il pendolo del tempo. La dimensione, che ragguaglia sulle modalità mistiche o antifrastiche, in cui la forma del contenuto ha sempre a che fare con una rimozione, mette in evidenza un punctum a trazione “orale” : la “carica flagrante” lo accomuna a Andrea Genovese, Antonio Spagnuolo, ancora Ester Monachino, fors’anche la Bettarini e, ve lo ricordate?, Giancarlo Pandini.
La continuità, infine, non è legata, come quella di Cara, Cimatti e Ruffato, e anche Sablone, Lucio Zinna, ma ha la componente staccata di Ballo e disuguale di Benito Sablone e Giovanni Occhipinti: pertanto il suo stile sembra che agiti, da un lato,  una metonimia sincretica spazio-temporale e, dall’altro, è come se si tenesse all’archetipo dell’alto/basso[i].
Al momento, non ho ancora visto dentro il volume ultimo di Massimo Pamio, Viceversa[ii], e mi chiedo se ci siano e quante, in che misura e quantità, quelle che Barthes chiamava le concupiscenze: “nel linguaggio moderno, qualsiasi forma di draga; draga=purificazione irrefrenabile dei piaceri, ricerche, deambulazioni, sottomissione scostante ai desideri; immagine stessa della perdita di tempo”[iii]; viceversa, come se tra colpa e indebolimento della carne, metti che ci sia il bel conflitto Concupiscenza(Draga) ˂Vs˃ Scrittura: oh, cavolo, è qualcosa di acuto e anche di ambiguo: la Draga è quasi una scrittura di vita: cancella, inscrive, traccia, occupa il tempo del Tempo con un’energia d’iscrizione, interamente perversa; e la Draga che può essere vissuta come una ricerca, un’allegoria, ciò che è la Scrittura, che so, potrebbe essere la Pina? A meno che non sia, costei, un’altra forma del “mondo”: e anche qui: l’attaccamento alle creature passeggere, Pascal, suggerisce Barthes o, come si diceva e si faceva nel XVIII sec., le concupiscenze?



[i] Cfr. V.S. Gaudio, Introduzione alla Grafopoetica, in : IL POETA E IL GRAFOLOGO, Antologia degli “autografi”  a cura di Giovanni Occhipinti, Edizioni di Cronorama, Ragusa 1984.
[ii] Massimo Pamio, Luceversa, che è del 2009(Edizioni Noubs, Chieti), e ha dentro tra il teatro dello sguardo , l’elogio dell’ombra e il bagnasciuga degli sguardi, una chiave invisibile e preghiere del vedente, e, nel verbario dell’amor domestico, forse è lì che troveremo la Pina,forse per via dell’orecchio e giust’appunto(ah,Lacan, cosa entra nell’orecchio di Pina?) qualche verso di Caproni?
 
Viceversa, Maurizio Bettini, in una lettera parla di poesie di occhiali, Omero e, viceversa, niente sull’altra forma del mondo, che, ne siamo sicuri, luceversa, è la Pina quella che con la dimensione ci ragguaglia sullo stato delle strutture Mistiche nel poeta.
[iii] Roland Barthes, Concupiscenze, in: PAZIENZA R.B. Incontro del 12 gennaio 1980, La préparation du roman, vol. II. Notes de cours et de séminaires au Collège de France 1978-1980, Editions du Seuil 2003.